giovedì 7 dicembre 2017

GOLE DI FRASASSI, UOMO E NATURA INSIEME NELLA BELLEZZA


Grotte di Frasassi. "I giganti", stalagmiti alte oltre 20 metri all'interno dell'"Abisso Ancona" l'ambiente ipogeo più grande d'Europa


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Colonne plasmate dal tempo goccia dopo goccia si stagliano ipnotiche in spazi dalle distanze sfuggenti. Un tempio, opera di un grande architetto, che sembra nascere dalla roccia all'interno di una cavità. Il fascino austero di uno dei monumenti romanici più importanti della Regione. 
Siamo a circa 60 km da Ancona nel territorio del Comune di Genga, entroterra marchigiano. Il fiume Sentino scorre sotto di noi in uno stretto passaggio tra due alti bastioni di roccia avvolti dalla vegetazione del Parco Regionale Gola della Rossa e Frasassi, nell'area dei Colli Esini. Luoghi traboccanti di bellezza che regalano scorci unici.

Grotte di Frasassi, stalagmiti e stalagtiti brillano nella penombra di riflessi eterei

Un viaggio che inizia tra stalagmiti e stalagtiti che brillano di una luce pallida, eterea nelle maestose aule edificate dalla natura. Le Grotte di Frasassi dove il tempo assume forma fisica, tangibile. Quella di sculture d'acqua. In questi ambienti che sembrano provenire da una visione onirica, l'uomo si muove timoroso e finalmente consapevole della propria caduca insignificanza. Una delle aree speleologiche più importanti d'Europa che iniziò circa 1.400.000 anni fa a subire un processo d'erosione che portò la formazione di anfratti, insenature e cavità protette da pareti a strapiombo.
Scoperte nel 1971 e visitabili dal 1974 le grotte di Frasassi offrono differenti percorsi pur non essendo totalmente aperte al pubblico. Il percorso turistico si snoda per 1600 metri nel cuore della montagna. Dall'imponenza dell'Abisso Ancona, l'ambiente ipogeo più grande d'Europa che potrebbe contenere il Duomo di Milano, ai "Giganti", stalagmiti alte oltre 20 metri. E poi concrezioni dalle forme cangianti che stimolano la fantasia in un ambiente dove la luce disegna continuamente nuove favole.


Il tempio ottagonale di Giuseppe Valadier all'interno della grotta di Frasassi, a poca distanza dalle omonime grotte.
Sono molteplici i tesori da scoprire. A 1 km dall'ingresso delle grotte, infatti, da un piccolo spiazzo si snoda un sentiero nascosto dagli alberi che si inerpica lungo il fianco di una delle pareti svettanti al di sopra della gola. Una salita appena ripida conduce ad una grotta naturale i cui confini sfuggono all'occhio del visitatore, perdendosi nel buio del monte.
Ad attirare l'attenzione però è il tempio ottagonale di travertino al centro della cavità, fatto erigere nel 1828 dal papa Leone XII, nativo di Genga su progetto del celebre architetto Giuseppe Valadier. Accanto, il santuario della Madonna di Frasassi, "infrasaxa", all'interno della grotta. Ovunque ci si volti lo sguardo si riempie di meraviglia. Natura e arte, uomo e tempo uniti dalla bellezza.Ridiscendendo non si può non soffermarsi ad ammirare la chiesa romanica del XI secolo di S. Vittore delle Chiuse. Edificio di grande fascino e misteriosità.
In questo magnifico lembo di Marche non ci si stanca mai di lasciarsi trasportare dall'infinito, travolti dall'incanto.


La chiesa romanica di S. Vittore delle Chiuse (XI sec.), a poca distanza dall'ingresso delle grotte di Frasassi.

giovedì 23 novembre 2017

FABRIANO, CULTURA E BELLEZZA NON SONO SOLO DI CARTA


La centrale piazza del Comune, sulla destra il Palazzo del Podestà (1255) e la fontana dello Sturinalto (1285). A sinistra il palazzo Comunale (XIV secolo)


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Immersa nella natura maestosa dell'Appennino Umbro - Marchigiano, attorniata da boschi verdeggianti e plasmata dai secoli che le hanno donato identità e fascino, Fabriano è la porta della Provincia di Ancona per coloro che provengono da ovest; Perugia, Terni o la Capitale.
Universalmente celebre per la plurisecolare industria cartaria e la rivoluzionaria invenzione della filigrana, la cittadina adagiata su una vallata a pochi chilometri dalle famose grotte di Frasassi, nel distretto rurale di qualità dei Colli Esini, può tuttavia vantare molteplici gioielli culturali da presentare al visitatore.
Un borgo delizioso il cui cuore è costituito dalla Piazza del Comune dominata dal profilo gotico del Palazzo del Podestà, austero e scenografico nella sua pietra grigia. Nelle vicininaze troviamo il Palazzo comunale del XIV secolo, il loggiato di S. Francesco con le sue 19 arcate e l'imponente torre del palazzo Vescovile, su cui troneggia l'antico orologio. Attorno a tale fulcro altri siti di grande interesse come il Duomo di S. Venanzio e il teatro Gentile, che prende il nome da uno dei più importanti figli di questo angolo di Marche. Senza dimenticare la pinacoteca civica Molajoni che offre uno sguardo esaustivo sui fermenti artistici della Fabriano medievale.

Oratorio del Gonfalone, particolare dell'altare e del soffitto a cassettoni intarsiato d'oro e argento


Poco distante, infine, il fiore all'occhiello della città: il Museo della carta e della filigrana che dal convento adiacente alla chiesa di S.Domenico ci narra l'evoluzione delle tecniche con cui l'uomo ha lavorato la carta nel corso del tempo. Arrivati a questo punto, però, siamo ancora ben lontani dall'aver visto tutto ciò che merita d'essere contemplato.
Il complesso monumentale di S. Benedetto, infatti, costituisce un vero scrigno di tesori: l'Oratorio del Gonfalone, realizzato a partire dal 1610, abbaglia con i suoi dipinti d'artisti locali e soprattutto con lo stupefacente soffitto in legno a cassettoni, arricchito da intarsi d'oro e argento. Oltrepassato un chiostro silenzioso, poi, si sale al museo del Pianoforte storico e del suono, dove si ha l'opportunità di vivere i secoli della musica ascoltando mirabili esecuzioni realizzate live durante le visite da pianisti concertisti. Un sogno d'arte irrinunciabile.
Da non perdere neppure la cripta del Beato Giovanni dal bastone, leggendario guaritore fabrianese: un luogo di devozione e arte, dove gli affreschi che adornano le pareti nella loro interezza raffigurano le gesta e la vita del sant'uomo.
Sembra davvero che le fonti di belleza siano inesauribili. E Fabriano è solo un Comune di quella Regione straordinaria chiamata Marche. Una terra che come tutte le cose belle della vita richiede tempo e attenzione. Per non perdersi nulla.  


Particolare della cripta dedicata al Beato Giovanni dal bastone, costruita nel 1586

mercoledì 25 ottobre 2017

L'IMPONENTE MANIERO ABBRACCIA ROCCA SINIBALDA


Rocca Sinibalda (RI) e il suo castello, avvolti dal verde della Valle del Salto

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Svettante su un paesaggio verdeggiante e ameno in cui le infinite sfumature della natura disegnano capolavori sempre nuovi ed emozionanti, il castello Cesarini di Rocca Sinibalda, incantevole borgo del Reatino adagiato sui boschi color smeraldo della Valle del Turano, domina il borgo e il territorio tutt'attorno.
Magnifica e troneggiante, la struttura risale al 1084 ma fu ricostruita come fortezza a partire dal '500 per volere del Cardinale Alessandro Cesarini, che commissionò l'opera al genio del celebre architetto senese Baldassarre Peruzzi.
Riaperto dopo un lungo e complesso restauro, il castello è oggi visitabile in tutta la sua unicità. Caratterizzato da due solidi torrioni fiancheggianti il maschio a sperone aggettante, il maniero visibile a chilometri di distanza quasi in simbiosi con la natura rigogliosa della vallata, cela tesori artistici imperdibili.

Lo splendido paesaggio naturale dai bastioni del castello Cesarini di Rocca Sinibalda (RI)

La fortezza Cesarini avvolge il borgo delizioso di Rocca Sinibalda fondendosi con esso in un'unica creazione meravigliosa tra uomo e ambiente. Passeggiare lungo gli stretti viottoli nel nucleo centrale del borgo, tra le basse case appoggiate le une alle altre, fa sentire al viaggiatore profumi ed emozioni perdute nella modernità. Riscoprire il silenzio e la lentezza, dare alle cose il giusto tempo arricchisce e dà un senso ulteriore alla visita.  Un territorio ricco di bellezza per una visita che non si limiti alle specialità enogastronomiche della zona, pur eccelse, ma si spinga più in profondità per ammirare l'anima culturale e paesaggistica di uno degli angoli più affascinanti del Lazio.

Il cortile interno del Castello Cesarini di Rocca Sinibalda

martedì 10 ottobre 2017

ABRUZZO, MARE E MONTAGNA NELLO STESSO SGUARDO


Punta Aderci, il trabocco simbolo della riserva naturale a pochi chilometri da Vasto (CH)

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Il sole declina dietro le falesie di Punta Aderci illuminando al crepuscolo, con i propri ultimi raggi, il Trabocco che emerge dal mare a pochi metri dalla riva ciottolosa della riserva naturale. Pochi chilometri più a sud c'è Vasto, caratteristico paese della costa meridionale abruzzese in un'area ricca di splendore, racchiusa tra lo scorrere dei fiumi Trigno e Sinello. 
La parabola del grande astro però non è ancora conclusa e c'è tempo prima che cada la notte per scorgere la luce sui monti più ad ovest della costa dei Trabocchi, nell'interno della provincia di Chieti a poca distanza dal mare.

Tramonto su Punta Aderci e il suo Trabocco

Le gole di S.Martino, appena al di sopra dell'omonimo paese alle falde della Majella, distano neppure un'ora d'auto dalle onde della riviera. Maestosi bastioni che piovono verticali e pallidi sull'angusto accesso alla vallata. Una sottile nervatura levigata dal vento nel ventre della montagna, attraverso la quale un solo viaggiatore per volta può passare. Alcuni metri lungo il tortuoso sentiero avvolto dalla roccia che sembra incombere sul visitatore, prima che tutto si apra. 
Davanti agli occhi allora si svelano le antiche vestigia del Monastero di S. Martino in Valle, abbazia benedettina le cui orgini risalgono all'829 e la cui decadente e romantica bellezza viene esaltata dalla solennità del panorama selvaggio.
La grandezza del paesaggio in quest'angolo d'Abruzzo vive nella straordinaria varietà di scorci e luoghi che si esprime in uno spazio sorprendentemente ridotto. Tutto a portata di sguardo.


I resti del monastero benedettino di S.Martino in valle, nelle gole di S. Martino

lunedì 18 settembre 2017

L'OMBRA DEI TRABOCCHI SI PROIETTA NEL GOLFO DELLA DEA


Fossacesia (CH), uno dei numerosi Trabocchi che punteggiano l'omonimo tratto di costa abruzzese tra Ortona e Vasto.

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Pittoresche strutture di legno, come antichi esseri perduti nel mare, affondano le proprie membra nell'acqua. I Trabocchi nell'omonima costa abruzzese, 43 km di bellezza tra Ortona e Vasto in provincia di Chieti, raccontano della fatica di uomini in una pesca che oggi appare arcaica, ma che conserva intatta la propria poesia. Ergendosi come monumenti, simboli di una terra che vive tra le vette della Majella e gli splendidi litorali tra Pescara e il Molise, i Trabocchi sono veri punti di riferimento geografici per il visitatore, tra calette ciottolose strappate ai frastagliati promontori e le colline verdeggianti dell'entroterra che salgono rapidamente verso i monti del Sangro Aventino.

Il chiostro dell'abbazia benedettina di Fossacesia (VIII sec.), edificata su un preesistente tempio dedicato a Venere Conciliatrice


Il tutto immerso nei secoli d'arte e cultura addensati nell'architettura di borghi arroccati su aspri costoni o adagiati su placidi pendii punteggiati di vigneti e uliveti. A vigilare sul mare di Fossacesia, una delle perle dell'area, troviamo la delicata fierezza dell'abbazia benedettina di S. Giovanni in Venere, una delle più importanti della Regione, edificata non più tardi dell'VIII secolo su un preesistente tempio pagano dedicato a Venere Conciliatrice.
La Dea ancor oggi dà il nome al luogo e alla baia sottostante, pura poesia di colori e profumi, suoni e immagini. Tesoro paesaggistico che regala emozioni in cui perdersi danzando tra vette e onde, cultura e natura, la Costa dei Trabocchi e l'entroterra del Sangro Aventino attendono chi sappia meravigliarsi di fronte alle infinite sensazioni che la bellezza sa concedere all'uomo.

Trabocchi e bambini vicino Fossacesia (CH)

venerdì 1 settembre 2017

IL BORGO PIÙ PICCOLO TRONEGGIA NELLA GRANDEZZA DELLA NATURA


Il borgo di Marcetelli (RI), il più piccolo del Lazio dalla bellezza infinita



Percorsi impervi conducono al fascino di borghi il cui isolamento esalta la bellezza selvaggia di paesaggi ameni ed unici.
Marcetelli, il più piccolo Comune del Lazio con i suoi 90 abitanti, rimane invisibile agli occhi del visitatore fino all'ultima delle innumerevoli curve che lo collegano al lago del Salto, perla del reatino al confine con l'Abruzzo. Una strada provinciale tortuosa avvolta da boschi verdeggianti, dai quali emerge a sprazzi solo per concedere un attimo di sconvolgente meraviglia, prima di arrivare.
Il viaggio che porta a Marcetelli può risultare, quindi, un po' faticoso nella parte finale. Ma una volta giunti, lo splendore che riempie lo sguardo premia d'ogni sforzo. Molteplici gradazioni di verde risplendono alla luce del sole, componendo poesie d'immagini. Un manto uniforme e denso di vegetazione fin dove l'occhio può vedere, che ricopre pendii e vette in questo angolo incantevole di centro Italia, il Salto Cicolano.
Storia e paesaggio si fondono nel silenzio di valli frastagliate lontane dal turismo di massa. Una sfortuna, questa, perché la maggiore notorietà favorirebbe la conoscenza di tali luoghi magnifici. Oppure un pregio che consente di conservare al meglio i gioielli culturali e naturali da chi, talvolta, dimostra di non saperli apprezzare. Più probabilmente entrambe, almeno fino a quando il viaggiatore medio non avrà maturato sensibilità e rispetto sufficienti per accogliere quanto l'ambiente ha da offrire e insegnare.  


Il lago del Salto, collegato al piccolo comune di Marcetelli da una strada tortuosa ma affascinante

mercoledì 16 agosto 2017

TREBULA MUTUESCA VIVE ALL'OMBRA DI MONTELEONE SABINO


Chiesa romanica di Santa Vittoria, sec IV - XII. A poca distanza l'abitato di Monteleone Sabino



Millenni di storia avvolti da paesaggi ameni e infiniti. Le dolci colline reatine, come del resto ogni angolo del Lazio e della Penisola, propongono tesori inaspettati e preziosi.
In questo lembo di centro Italia incastonato tra quattro regioni, da sempre la montagna si sposa con la collina e la campagna, creando bellezza che rasserena l'animo e contribuisce alla creazione artistica e all'elevazione spirituale e culturale.
Il territorio di Monteleone Sabino, come molti altri borghi della zona arroccati su picchi aspri o adagiati su placidi pendii, respira nel silenzio della natura e del proprio glorioso passato. A pochi passi dall'attuale abitato medievale si possono infatti ammirare i resti di Trebula Mutuesca, città sabina conquistata da Roma nel 290 a.c. Dapprima semplice vicus, villaggio rurale, divenne poi municipium nel I secolo a.c. ingrandendosi. Simbolo del luogo l'imponente e ben conservato anfiteatro, oggi visitabile anche accedendovi attraverso un passaggio posto dietro l'attiguo campo sportivo, una galleria che conduce alla parte sotterranea della struttura. 

Le gallerie che corrono al di sotto dell'anfiteatro di Trebula Mutuesca, un percorso suggestivo a cui si può accedere anche da un passaggio posto alle spalle dell'attiguo campo sportivo del paese.


A circa un chilometro dagli scavi, allontanandosi dal paesino medievale, si viene accolti dalla meravigliosa architettura romanica della chiesa di S. Vittoria. Una gemma che si staglia sullo sfondo degli uliveti simbolo della sabina che punteggiano le colline e le inondano di colori al tramonto. La chiesa con annesso campanile è attualmente chiusa in attesa che ne venga verificata la stabilità dopo il sisma del 2016. A prima vista il suo splendore sembra, fortunatamente, intatto.
Un territorio emozionante, forse impervio in alcuni tratti ma, proprio in virtù di questo, in grado di regalare al visitatore scorci di impareggiabile delicatezza e al contempo di grande impatto visivo. Monteleone Sabino costituisce in questo mosaico di storia e natura un prezioso tassello da conoscere. 


Particolare dell'anfiteatro romano di Trebula Mutuesca, città sabina conquistata da Roma nel 290 a.c.

venerdì 4 agosto 2017

LA VOCE DEL DIO MANTH RISUONA NELLA CALDARA DI MANZIANA


Una delle fonti della Caldara di Manziana, le ultime vestigia dell'antico vulcano Sabatino


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Gorgoglii sommessi provenienti da isolate fonti d'un grigio pallido e lucido, nel mezzo d'un pianoro di desertica bellezza circondato in lontananza dal verde rigoglioso del bosco fitto e impenetrabile che fu consacrato, come l'intero territorio circostante, al Dio etrusco degli inferi Manth. Oggi il nome di Manziana, piccolo borgo nei pressi del lago di Bracciano a nord di Roma, deriva proprio dal legame che gli antichi pensavano vi fosse tra il mondo dei morti e le numerose fonti vulcaniche presenti nell'area.
Ai margini dell'abitato, nella depressione denominata Caldara, si possono così udire gli ultimi bisbigli dell'antico vulcano Sabatino, in attività da 600 mila fino a 40 mila anni fa, che occupava tutta l'area compresa tra i monti della Tolfa e il monte Soratte.


Bassi cespugli attorniano le fonti vulcaniche dell'arida caldara. In lontananza, si intravede il bosco

Oggi monumento naturale con i suoi 90 ettari di estensione ed il suo splendido sentiero turistico attrezzato di 1.450 metri, la suggestiva Caldara di Manziana incanta il visitatore con la poesia del paesaggio e i contrasti cromatici: l'asprezza e l'apparente aridità della parte centrale infatti, caratterizzata dalle sorgenti d'acqua mineralizzata a 20° di temperatura con emissioni di idrogeno solforato ed anidride carbonica, si sposa con la fitta vegetazione ai margini della depressione vulcanica, ricca di specificità naturalistiche e botaniche come le betulle, alberi piuttosto inconsueti a così basse altitudini, o l'Agrostis canina Monteluccii, rarissima graminacea italica. 
Tonalità lucenti e profumi intensi che esprimono appieno tutta l'energia che per millenni quel luogo sprigionò e che oggi possono essere percepite e colte dal turista attento e sensibile al fascino dei tesori che la Natura custodisce, anche a due passi dalla città.


La vegetazione diviene fitta e rigogliosa ai margini della caldara aspra. Le betulle, rare ad altitudini così basse, svettano al di sopra dei cespugli di felce

venerdì 7 luglio 2017

L'EREMO DALLE MILLE ANIME SVELA I PROPRI SEGRETI


In vetta al Soratte l'eremo di S.Silvestro accoglie il visitatore

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Giunto sulla vetta del monte Soratte, maestoso e solitario massiccio calcareo al confine tra la valle alluvionale del Tevere e la Tuscia tufacea, il visitatore affannato dalla salita lungo i sentieri verdeggianti e panoramici, viene accolto da un silente e glorioso guardiano, testimone dei secoli in quello splendido angolo di campagna laziale, a nord di Roma.
Il delizioso eremo di S.Silvestro è adagiato sul pianoro della cima quasi a godere, privilegiato, dell'impareggiabile vista tutt'attorno. Un piccolo tempio dalla storia millenaria, trasformatosi nel corso del tempo seguendo le vicissitudini culturali e religiose di uomini e civiltà.


Particolare degli affreschi conservati all'interno dell'eremo

Dal Dio Sorano, il cui tempio fu edificato nel II secolo a.c., ai Falisci e Capenati, popolazioni preromane anch'esse legate all'area sacra, fino a San Silvestro che lì si rifugiò fuggendo dalle persecuzioni precedenti alla conversione di Costantino. Numerose furono le trasformazioni e le distruzioni fino alla ricostruzione di Carlomanno, che nel VIII sec. d.C. edificò la cripta ed il prespiterio rialzato. Non mancarono i monaci il cui insediamento è collocato tra il secolo XII e il primo Rinascimento.
Un magnete che trattiene in sè le Ere e la loro bellezza, l'Eremo di S.Silvestro arricchisce di leggenda e maestosità, assieme agli altri edifici sacri bellissimi e solinghi che punteggiano il Soratte in diversi luoghi, l'antica montagna che fu isola, quando il mare arrivava a lambirne le pendici.
Un tesoro che ne fa brillare molti altri, in un territorio che merita d'essere conosciuto e apprezzato maggiormente da un turismo che sappia amare la delicatezza e il valore della cultura.    


L'eremo visto dall'altare

venerdì 23 giugno 2017

NAZZANO E LA SUA OASI, IL TEVERE AMMIRATO DAL CASTELLO


Scorcio del Lago di Nazzano, meglio noto come Riserva naturale Tevere-Farfa. Il tramonto tinge di Rosa la zona umida



Il fiume che diviene lago e si fa ammirare dalle torri fortificate e ben conservate d'un castello che aspetta di tornare agli antichi fasti, superando l'attuale fase di decadenza e riacquistando la nobiltà d'un tempo. 
Nazzano è un piccolo comune a nord di Roma in cui il fascino della storia, sommato alla bellezza del paesaggio, rende il territorio ricchissimo di attrattiva. Come sempre accade in Italia ogni borgo nasconde e riserva al visitatore tesori culturali immensi, tanto splendidi quanto, troppo spesso, ignoti ai più.
Un castello medievale che torreggia fiero da un colle, a strapiombo sulla valle del Tevere, sul quale vive ancora oggi un insediamento di cui si ha notizia sin dal 1011. Molti i potenti che si sono avvicendati nel governo dell'area nel corso dei secoli, dalla vicina abbazia di Farfa ai monaci benedettini del monastero di S.Paolo a Roma.
Senza dimenticare i Savelli che edificarono il maniero, oggi chiuso in quanto crollato e pericolante in molte sue parti interne, sebbene lo splendore esterno sia stato risparmiato dall'usura del tempo. L'edificio conserva una commovente imponenza. Esso esprime infatti grazia più che forza, eleganza e armonia più che fierezza bellicosa. Sembra quasi chiedere di poter trasmettere ancora il proprio bagaglio di storie, di insegnare poesia all'oggi inaridito che non sa più concepire l'incanto.

Tutta l'imponenza del castello Savelli di Nazzano, delizioso comune a nord di Roma

Ai piedi della rocca un'altra perla, il lago di Nazzano meglio noto come Riserva naturale Tevere-Farfa. Quel braccio sinuoso circondato dal verde palustre che si tinge d'ogni tonalità di rosso e rosa al calar del sole, altro non è che il fiume di Roma rigonfio d'acque lì trattenute da una diga realizzata più a valle, verso la Capitale. Sorta nel 1979 come prima area protetta del Lazio, la riserva tutela una vasta zona umida la cui vegetazione si è adattata alle condizioni ambientali nel corso di quest'ultimo quarto di secolo. Oggi questa zona protetta rappresenta uno dei siti più interessanti dell'Italia centrale per il birdwatching e l'osservazione del mondo palustre.
Il lago nato da un fiume è oggi tutelato nella sua magnificienza. Quegli scorci sopravvivono intatti ai deserti che sovente la modernità crea chiamandoli sviluppo. Tutti possono così ammirare la forza dolce della natura e trasmetterne bellezza e valori alle future generazioni. Chissà che un simile destino di vita, nuova e altra, possa contraddistinguere anche il castello di Nazzano, la rocca che è sopravvissuta ai secoli e chiede solo un'altra possibilità. 


Veduta notturna del castello Savelli a Nazzano

mercoledì 7 giugno 2017

L'ANTICA ISOLA DOMINA LA VALLE DEL TEVERE



Eremo di S. Antonio, sul versante occidentale del monte Soratte
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Guardiano silente del Tevere nel suo viaggio verso Roma, il monte Soratte dall'inconfondibile profilo e dall'immenso fascino, con i suoi colori resi densi dalla folta vegetazione che ricopre rigogliosa aspri e scoscesi pendii, dal 1997 è una delle riserve naturali della Regione Lazio per un'estensione di 410 ettari.
Una perla paesaggistica e culturale e anche un unicum geologico: tra i tufi della Tuscia ad ovest e i dolci colli alluvionali ad est, l'antico massiccio è costituido da calcari. Un dente di dura roccia lungo 5 km e alto 691 metri che nel Pliocene era un'isola, quando il mare oggi distante 60 km più ad occidente ne lambiva le pendici sommergendo tutt'intorno.
Il Soratte, a ben vedere, continua ad essere un'isola ancor oggi, di bellezza e poesia assediate dall'urbanizzazione che punteggia il territorio fino ai confini dell'area protetta. Uno scrigno di fauna, flora, cultura e storia. Dalle grotte ai caratteristici Meri, aperture carsiche nel terreno; dagli eremi arroccati sui costoni strapiombanti da cui si gode una vista impareggiabile, fino alle gallerie scavate durante il secondo conflitto mondiale e oggi visitabili.


Collegiata di S. Lorenzo nel centro storico di S.Oreste. Chiesa progettata da Jacopo Barozzi, il Vignola

 
Chi vive all'ombra del grande guardiano sono gli abitanti di S.Oreste, piccolo e delizioso Comune arrampicato sul contrafforte meridionale del massiccio. Ricco di storia e spunti di visita il borgo si presenta con un aspetto cinquecentesco che conserva un'anima medievale. La prima notizia del luogo risale al Chronicon di Benedetto del Soratte che cita la "Curtis Sancti Heristi". Il nome del borgo deriverebbe da Edisto, soldato romano cristiano martirizzato nel 68 d.c. durante le persecuzioni neroniane. Successive trasformazioni hanno mutato Sant'Edistus in Sant'Oreste.
Secoli di cultura convivono quindi alle pendici del monte Soratte, dagli Etruschi ai Romani passando per Falisci e Capenati, antichi popoli autoctoni, fino al Cardinal Farnese e a Jacopo Barozzi da Vignola, celebre architetto che progettò diversi edifici del piccolo Comune. Fino alle vicende della seconda guerra mondiale con le famose gallerie nelle viscere della montagna.
Non dovrebbe sorprendere più, ormai, lo splendore che caratterizza ogni angolo d'Italia. Tesori d'immenso valore disseminati ovunque dalla Natura e dall'ingegno umano lungo la Penisola, desiderosi solo di essere conosciuti da cittadini talvolta inconsapevoli di un'eredità che è vera identità. Concreto e nobile sentimento d'appartenenza. 


Il profilo del Monte Soratte dall'altopiano ad est, verso la valle del Tevere

lunedì 22 maggio 2017

L'AQUILA TUDERTE SORVEGLIA LA PROPRIA TERRA D'INCANTO

L'aquila tuderte in bronzo sulla facciata del Palazzo dei Priori di Todi, il simbolo della cittadina. Opera di Giovanni di Gigliaccio del 1339


Il simbolo d'un borgo antichissimo che domina le verdi colline umbre, disteso dolcemente su un paesaggio nobile di bellezza e fascino. L'aquila in bronzo che spicca sulla facciata rinascimentale del Palazzo dei Priori di Todi è testimone d'un passato glorioso che affonda le proprie radici nei secoli e, allo stesso tempo, di ricchezze storico culturali e paesaggistiche in un territorio che merita d'essere conosciuto, per comprendere quanto sia importante la conservazione degli antichi splendori come baluardo di meraviglia di fronte all'oblio dilagante dell'ignoranza.
La cittadina è una perla la cui identità millenaria risale agli etruschi. Il nome Todi infatti, deriva da tutere, parola che nella lingua dell'affasciante popolo antico significa confine.Conquistata dai romani raggiunse il suo massimo sviluppo durante il Medioevo, periodo che ne caratterizza l'aspetto tuttora. Divenne feudo della Chiesa e subì modifiche solo nel Rinascimento. 
Dalla centrale Piazza del Popolo, il cuore della città dove si fronteggiano i tre palazzi del potere temporale e l'imponente Duomo, a S. Fortunato edificata a partire dal 1292, fino a S. Maria della Consolazione, capolavoro del Rinascimento umbro. Senza dimenticare i pittoreschi Nicchioni, quattro architetture romane d'età probabilmente augustea, volte un tempo a sostenere una via sopraelevata oggi scomparsa.
Perdersi negli stretti vicoli del centro ammirando profili e decorazioni, edifici e scorci indimenticabili è un piacere unico per il visitatore, che ha così la possibilità di assaporare il respiro dei secoli attraverso la magnificenza delle opere d'arte e d'ingegno, perfettamente inserite in un contesto impareggiabile di natura e paesaggio.
   


Il Duomo di Todi, costruito a partire dal XII secolo forse su un preesistente edificio romano


venerdì 5 maggio 2017

L'OASI AMMIRATA DAL CASTELLO


L'oasi Wwf del lago di Alviano al tramonto dal colle del borgo omonimo

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Una lingua argentata immersa nel tramonto. Il lago di Alviano visto al calar del sole dal colle su cui è arroccato l'omonimo borgo, dominato dall'imponente maniero d'origine medievale, sembra un essere creato da un sogno. Ma la sua immensa bellezza è reale, come quella del castello che lo scruta dall'alto. Luoghi meravigliosi nel cuore d'italia, al confine tra Lazio e Umbria.
L'area palustre, nata artificiale come bacino idroelettrico lungo il cammino del fiume Tevere verso Roma, è un luogo in cui si respira il silenzio nell'abbraccio della Natura. Un rifugio per lo spirito che si nutre di bellezza. Il lago di Alviano oggi è un'oasi Wwf di inestimabile valore paesaggistico e naturalistico, un luogo da visitare per abbandonarsi alla contemplazione delle meraviglie che quel territorio offre.


L'area palustre del Lago di Alviano, oasi Wwf

Come il piccolo borgo a pochi minuti di distanza dal sito protetto: Alviano. il nucleo antico è raccolto attorno al maestoso castello edificato nel 995 dal conte germanico Offredo e poi, nel 1490, ricostruito dal valoroso condottiero e architetto Bartolomeo d'Alviano, appunto. L'illustre concittadino, così, diede alla propria terra natia una struttura funzionale alle esigenze di vita di quei secoli. Un gioiello che sprigiona nobiltà e romanticismo ancor oggi.
Con l'oasi Wwf e il grande castello, Alviano merita d'essere conosciuta. Un lembo d'Umbria non lontano dalla Tuscia Laziale, connubio ideale di tradizioni e millenni, storia e natura insieme per insegnare al visitatore che il fascino della cultura è il fondamento d'ogni civiltà.


Il castello di Alviano fiammeggiante al tramonto

giovedì 20 aprile 2017

LA PRIMAVERA SUI MONTI PRENESTINI


Esplosione di bellezza sulle pendici dei monti Prenestini, alle spalle di Castel Madama

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Inizia la stagione della rinascita tra fioriture accese di colori e profumi. Assaporare tale bellezza respirando la freschezza della natura tra i pendii verdeggianti dei monti Prenestini, alle spalle di Castel Madama tra i monti Lucretili e i Simbruini, significa scoprire un angolo del Lazio, alle porte di Roma verso est, ricco di fascino e valori paesaggistici.
Talvolta sembra quasi necessario e ovvio che ci si debba allontanare molto per trovare luoghi meritevoli d'essere visti. Quasi che la meraviglia della scoperta sia direttamente proporzionale ai chilometri che si percorrono per raggiungere mete agognate.
Accorgersi invece che a due passi da casa si nascondono da sempre lembi di splendore insospettabili fino a pochi istanti prima, fa quasi sorridere. Non c'è bisogno di prendere aerei per trovare scorci evocativi e sentire profumi ammalianti: di tesori culturali e naturalistici l'Italia esonda. Basta volerli scovare.


La vita nella natura

sabato 8 aprile 2017

IL PICCOLO PARADISO DI PASOLINI GUARDA LA PATRIA "FIDELIS"


La torre di Chia (VT), cara a Pier Paolo Pasolini, immersa nei boschi
 

Il castello di Chia, con la sua antica torre merlata che spicca sui vasti boschi a nord dei monti Cimini e il magico abitato di Vitorchiano a poca distanza, verso Viterbo. Un lembo di Tuscia laziale, immerso nella Natura e nella leggenda, racconta la propria storia al visitatore affascinato.
La torre di Chia, nei pressi dell'omonimo borgo non lontano da Bomarzo e dai suoi magici mostri, si erge al di sopra delle querce che dominano le colline circostanti, alle cui pendici scorrono torrenti che scavano la roccia da millenni. Tra imponenti massi che sembrano giungere da galassie lontane e resti di mulini abbandonati che narrano delle radici agricole della zona, l'escursionista si imbatte in questa struttura pentagonale alta 42 metri e circondata da una cinta muraria.
Queste antiche vestigia, dopo secoli di vicissitudini, furono acquistate dal celebre intellettuale Pier Paolo Pasolini che ne fece la propria residenza: "Il paesaggio più bello del mondo", come lo scrittore e regista definì quegli scorci onirici, divenne set per alcune scene del "Vangelo secondo Matteo", uno dei suoi film più famosi.


Antico abitato di Chia (VT)

Non lontano da Chia in direzione di Viterbo si apre alla vista Vitorchiano, borgo con la classica struttura etrusca "a testa di vipera" ovvero accessibile solo da uno dei tre lati, essendo gli altri a picco su rupi tufacee. Luogo leggendario in cui nacque l'eroe Marzio, il giovane pastore che corse a Roma per avvertire di un imminente attacco etrusco. Durante il viaggio una spina gli si conficcò nel piede ma egli pur di non perdere tempo non se la tolse. Giunto a Roma e avvertito il Senato cadde morto. I romani, come premio per il sacrificio del ragazzo, conferirono alla città di Vitorchiano il titolo di fidelis. 
Sin dall'antichità e per tutto il medioevo, leggende a parte, il borgo "a testa di vipera" fu a fianco di Roma in molte lotte e guerre. Per questo fu privilegiato e insignito di molti onori. Il celebre acronimo S.P.Q.R. si può leggere ancora oggi in molti punti di Vitorchiano e presso il palazzo dei Conservatori a Roma si trovano due tavole marmoree del XV secolo che confermano lo status della cittadina: su una di queste infatti campeggia la scritta "Vitorchiano fedele del popolo romano".
Chia e Vitorchiano costituiscono tasselli preziosi del meraviglioso mosaico di colori e miti, cultura e paesaggi disegnati dal tempo e dall'opera dell'uomo sapiente, specie rara di questi tempi, ai piedi dei monti Cimini. 



Vitorchiano (VT) Porta Romana e la sua torre merlata alla guelfa. Accesso al borgo antico

     

giovedì 23 marzo 2017

IL SACRO SPECO, SULLE ORME DI S. BENEDETTO


Veduta del Sacro Speco a Subiaco (RM)

Alle pendici di dorsali verdeggianti, tra faggete rigogliose e bastioni carsici a picco sull'alta valle dell'Aniene, sorge un luogo d'impareggiabile magnetismo e fascino. 
Il Sacro Speco, monastero benedettino sorto nel '200 attorno alla grotta dove meditò il santo di Norcia, si scorge inerpicandosi da Subiaco lungo i primi pendii dei monti Simbruini, che danno il nome al più grande parco del Lazio: Un'area selvaggia e splendida, ricca di storia e valore paesaggistico.
Edificio austero ed evocativo, il monastero è cresciuto avvinghiato alla montagna, quasi come sua estrema propaggine. Corpo vivo di cultura e spiritualità, il Sacro Speco è una meraviglia da scoprire.


Particolare della volta nella chiesa superiore

Le antiche chiese, scavate nella nuda roccia sono arricchite di affreschi incantevoli che ricoprono interamente pareti e volte. Storie e simboli millenari raccontati in immagini e colori, profili e sguardi nitidi come se i protagonisti fissero creature senzienti. Esseri coscienti che emergono dalla materia per carpire l'animo del visitatore, quasi ipnotizzato da tanta bellezza.
Un capolavoro dell'arte italiana, pittorica e architettonica, tra volte a crociera e costoloni, affreschi di scuola senese ed umbro marchigiana. Perle che narrano della vita di S. Benedetto e della sua glorificazione. Lembo di eternità che sembra fermare lo scorrere del tempo con la forza del genio artistico, infiammato dalla devozione e dalla potenza silenziosa della natura tutt'attorno.

Tutte le foto


Trionfo della morte, affresco chiesa inferiore

venerdì 3 marzo 2017

FIABE D'ARTE E NATURA ALL'OMBRA DEI MONTI CIMINI



Villa Lante con i suoi giardini fiabeschi, Bagnaia (VT)



Gli imponenti profili dei monti Cimini, abbrunati dal mantello di fitti boschi rigogliosi e affascinanti, si stagliano all'orizzonte mentre ci si avvicina a Bagnaia, piccolo borgo della Tuscia Laziale alle porte di Viterbo, nel nord della regione.
Ci si lascia alle spalle l'antica torre dell'orologio, porta d'ingresso del piccolo agglomerato di case appollaiate su un costone roccioso come un grande nido d'uccelli, e si sale in direzione di Villa Lante, la fiabesca creatura manierista attribuita al genio di Jacopo Barozzi da Vignola e avvolta dal suo straordinario giardino all'italiana.


Affreschi nel Casino Gambara

Bassi cespugli che vanno a comporre arabeschi onirici, scolpiti in fantastiche forme degne del ricordo di Dedalo, nel profumo fresco e rinfrancante della natura tutt'attorno. È un piacere perdersi tra gli alberi secolari, lecci querce e platani, contemplando le grandi statue colorate di muschi con i loro volti evocativi che ricordano la vicina Bomarzo e i suoi celebri mostri. Le fontane che si sviluppano in altezza scavando d'acqua e ombre la collina che domina il borgo sottostante, guardando la valle e i monti vicini.
Villa Lante, con le sue bellezze artistiche e decorazioni raffinate, è un tesoro da scoprire e ammirare, gettando uno sguardo a tutta la travolgente bellezza che inonda gli occhi di chi si avventuri con curiosità e sensibilità in quelle terre di sogno.

Tutte le foto di Villa Lante



Fontana dei Giganti

lunedì 13 febbraio 2017

L'ARTE MODERNA A VALLE GIULIA


Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, cortile interno


Ampi saloni, imponenti e aulici nel loro chiarore accecante, fanno da fascinoso contesto ai capolavori dell'Ottocento e del Novecento. A Valle Giulia, nel sereno silenzio di un'area dedicata alla cultura e alla natura, tra Villa Borghese e le accademie troneggianti all'apice delle famose scalinate da cui si scatenò la temperie del '68, un posto d'onore è riservato alla Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea.

Giove guarda Andy Warhol


Un'opera d'arte che ne racchiude altre, straordinarie. L'unico museo nazionale dedicato al diciannovesimo  e ventesimo secolo, gioiello edificato nel 1911 in occasione dell'esposizione internazionale di Roma da Cesare Bazzani, che ospita circa 4.400 opere pittura e scultura e 13 mila disegni e stampe dispiegati in 5 sale.
Da Warhol a Modigliani, da Klimt a Monet e Fontana, un polo culturale d'immensa importanza a pochi passi, inoltre, dal famoso e non meno celebrato museo etrusco. Due vertici e punti di confine per una delle patrie culturali di Roma, ad altissima densità di riflessione e approfondimento storico, archeologico e intellettuale. Un luogo irrinunciabile da conoscere.

Galleria fotografica


Gustav Klimt, Le tre età