giovedì 21 ottobre 2010

PERICOLO RECINZIONI


L'apertura, circa un metro di diametro, che ha giustificato
la chiusura al pubblico di quasi un ettaro di Villa Ada,
nell'area "ex scuderie Reali"



Si ergono reti metalliche a Villa Ada, lo storico parco pubblico romano. Dopo quella sorta nell'area adiacente all'ambasciata egiziana, infatti, un nuovo vasto lembo di verde, sempre nell'area delle "ex scuderie reali", sta per essere interdetto al passaggio dei visitatori. La motivazione alla base di entrambi i provvedimenti, emessi nell'arco di breve tempo, è la medesima: pericolo smottamenti.
Non è una novità che l'ex villa Savoia sia soggetta a tali fenomeni, sorgendo esattamente sopra le catacombe di Priscilla, fra le più estese di Roma, le cui gallerie si dipanano per chilometri e possono causare cedimenti del terreno sovrastante. Un simile zelo nel preservare la pubblica incolumità, però, in una zona, peraltro, da tempo al centro di progetti di valorizzazione e riqualificazione urbana, è senza precedenti. Questa sì, una novità.
La mente torna al celebre progetto relativo al "Museo del giocattolo", che dovrebbe sorgere proprio dove ora spuntano le recinzioni. "A metà 2007" scriveva nell'aprile 2008 Giuseppe Mele su fainotizia.it "il Consiglio Comunale romano approvò in una delle tante deroghe al PRG la cementificazione di Villa Ada per migliaia di mq per realizzare bar, ristoranti, sala polivalente per conferenze e spettacoli, attività commerciali, un centro di cultura ludica e parcheggi, incluso il mitico Museo del Giocattolo, che da solo costerebbe 2 milioni di euro ma che col resto tocca i 15 milioni. Il Comune, tra l'altro, per mettersi avanti aveva comprato già nel 2005, dall'imprenditore perugino Emilio Servadio, una collezione di circa 11 mila bambole, trenini e pupazzi provenienti dal Lagetoismuseet di Stoccolma per circa 5 milioni. Il puzzle si ricompone" concludeva Mele "sempre allo stesso modo e si ritorna, tra cementificazioni e museo del giocattolo, alla voglia di far guadagnare ai gestori soldi facili".
Alcuni mesi prima dell'articolo pubblicato da Mele, inoltre, Maria Pia Pettograsso aveva scritto al blog di Beppe Grillo un commento in cui esprimeva, a nome di alcune importanti associazioni come Italia Nostra, Villa Ada Greens e Wwf, preoccupazione per le mire speculative sul parco: "Nuove costruzioni, aumenti di migliaia di metri cubi ex novo per la realizzazione di cafeterie, ristoranti, una sala polivalente per conferenze, proiezioni e spettacoli, un 'centro di cultura ludica' destinato anche ad aste pubbliche, attività commerciali per la vendita di gadget e pubblicazioni relative al Museo Europeo del Gioco e del Giocattolo (MeGG), un parcheggio per centinaia di macchine e il passagio continuo di navette per i visitatori rischiano di compromettere per sempre un grande complesso storico ambientale, patrimonio unico della Capitale". A pochi anni di distanza dalle coincidenti disamine di Mele e della Pettograsso, infine, è nata la questione delle recinzioni, di cui si è occupato anche il Corriere della Sera, su denuncia di Legambiente. Nell'articolo in questione, però, si parla di tutto, dalle biomasse alle botticelle, meno che del progetto MeGG e delle relative prospettive per l'area.
Bisogna fare chiarezza, quindi, e capire in cosa consista questo Museo del Giocattolo. Cosa si vuole fare e come. Se valorizzazione significa recuperare degli edifici di grande valore storico e artistico da decenni in stato di totale abbandono e degrado, per donarli alla città e ai cittadini a cui appartengono, credo ragionevolmente siano tutti d'accordo. La questione cambia se il progetto è quello di utilizzare risorse pubbliche per allestire la solita corte dei miracoli, tra speculazione e affarismo. Non sarebbe un bell'inizio per la neonata Roma Capitale.

La seconda recinzione sorta nell'area delle ex Scuderie Reali

domenica 10 ottobre 2010

DI UN ALTRO PIANETA

PalaEur gremito in occasione di Italia-Brasile,
semifinale del campionato mondiale di Volley
(slide)



La nazionale italiana di volley perde nettamente per 3-1 la semifinale del mondiale di casa contro gli inarrivabili fenomeni Brasiliani, poi riconfermatisi campioni per la terza volta consecutiva in una finale dominata con facilità disarmante, senza concedere alla malcapitata Cuba neppure un set. Gli Azzurri chiudono al quarto posto la competizione iridata, avendo lasciando il bronzo alla Serbia nel match per il terzo posto.
Niente da fare, quindi, per il pubblico dell'ex PalaEur di Roma, che per l'occasione aveva fatto registrare uno strepitoso sold out con oltre 12 mila appassionati sugli spalti. In una riedizione del "non succede, ma se succede" di romanista memoria, i tifosi italiani avevano sperato fino all'ultimo di sovvertire i pronostici che vedevano i propri beniamini partire sfavoriti contro i fuoriclasse sudamericani pluricampioni e dominatori degli ultimi 10 anni, ma così non è stato. E alla fine, amaramente, si è avuta una riedizione, ma del noto slogan sbattuto sadicamente da Josè Mourinho in faccia a chiunque non potesse vantare neppure una vittoria: "Zero tituli".
I giocatori italiani, tuttavia, una grande vittoria l'hanno ottenuta: hanno costretto i media nazionali, attentissimi anche per la più infima delle gare di calcio ma latitanti su qualsiasi altro sport, ad accendere i riflettori su un campionato mondiale bellamente ignorato per quasi tutto il periodo di svolgimento, tranne qualche gara confinata sui canali meno celebri della tv pubblica. Torneo, per giunta, giocato in casa e relativo a una delle discipline più praticate anche nel nostro Paese. Ebbene, dopo oltre due settimane, solo il giorno prima delle semifinali, ovvero a due giorni dalla conclusione della manifestazione e con gli Azzurri ancora in lotta per il titolo, a Viale Mazzini hanno deciso per la trasmissione in diretta addirittura su Rai 3. Troppo onore.
Resta ad ogni modo il grande successo di pubblico, non solo nella Capitale ma in ogni altra città in cui si sia giocato, e la buona immagine data grazie ad un'organizzazione che si è dimostrata ottimale. Una grande notizia quest'ultima, davvero, per un Paese che non dà sempre prove positive relativamente a efficienza e buona gestione. Buon viatico, oltre che buon esempio, per il futuro. Speriamo.