martedì 18 ottobre 2011

UTILI IDIOTI






Un vero capolavoro. Movimento screditato assieme alle idee faticosamente portate avanti e opinione pubblica atterrita e legittimamente furibonda, pronta ad accogliere tra scroscianti applausi eventuali giri di vite in materia di manifestazioni e ordine pubblico, mentre gli spettri dei partiti ritrovano improvvisa e insperata vigoria per far ulteriormente quadrato attorno a poltrone e privilegi di casta, facendo dimenticare, fin quando sarà possibile, la propria penosa mediocrità.
Quella di Roma sarebbe stata la manifestazione più imponente e numerosa del mondo, alla testa di un'onda globale che, nelle stesse ore in cui nella Città Eterna la variopinta teppaglia, nera e non, devastava scriteriatamente qualsiasi cosa fosse a tiro, scendeva in piazza in tutto il mondo contro la dittatura del debito e della finanza, il salvataggio dei truffatori con i soldi dei truffati e la morte della sovranità degli Stati, sacrificata sull'altare della sopravvivenza di un sistema di sviluppo economico agonizzante e insostenibile per il pianeta e per i popoli che vi abitano.
Proviamo solo a immaginare l'impatto visivo di una Piazza S.Giovanni gremita alla luce del tramonto, piena di gente arrivata all'ombra della basilica non per fedeltà a una tessera o al potente di turno, non per tifare qualche pseudo-fazione in lotta, né, semplicemente, per interessi di bottega o clientele politiche. Ma per cambiare le cose. Una fotografia rivoluzionaria che avrebbe segnato un'epoca, per l'Italia e probabilmente per l'Europa intera. Perché non si trattava di un luogo quasiasi, ma della città sede dei trattati che diedero vita alla Comunità Europea, capitale del Paese al contempo perno e incognita del famoso Efsf, il fondo che dovrebbe salvare ciò che rimane dell'euro e le banche "per il nostro bene". Mezzo milione di persone in piazza in un contesto come questo non sarebbero passate inosservate. Avrebbero dovuto prenderne atto tutti.
Invece no. Poche centinaia di misteriosi personaggi in divisa nera d'ordinanza, preparati, organizzati, compatti, hanno dato l'assalto alla manifestazione, fungendo da detonatore all'immenso serbatoio di rabbia nascosto nell'anima di molti altri partecipanti. Bastava una scintilla per far esplodere tutto e a quel punto non ci sarebbe stato quasi più bisogno di loro. Del fantomatico blocco nero. E così è andata. A Piazza S. Giovanni, quando nel tardo pomeriggio e a manifestazione ormai compromessa arrivano le camionette delle forze dell'ordine, non ci sono più solo i 500 "black block" che poche ore prima avevano acceso la miccia, ma circa 2 mila persone. L'incendio vero e proprio, scatenato dall'effetto "Magnete", come è stato definito, innescato dal primo nucleo di fantasmi neri. Arrivano dal nulla, scatenano la rabbia altrui e spariscono. Per poi rimaterializzarsi pochi giorni dopo, magari sotto forma di intervista rilasciata a qualche "odiato" giornalista, a cui viene teatralmente rivelato ogni particolare su tattiche e tecniche di guerriglia, ruoli, organizzazione e movimenti sul campo. Per poi concludere con qualche frase minacciosa, perfetta per alimentare paura e risentimento nel cuore della gente.
Non si hanno purtroppo informazioni esaustive sul Blocco Nero e ormai solo pochi ottusi riescono a riesumare le teorie ammuffite sugli infiltrati di Polizia e Carabinieri che, peraltro, a Roma hanno contato 110 feriti, molti dei quali con fratture a braccia e gambe dovute alle pietre lanciate dai teppisti. Per quanto non stiano simpatici a molti, poi non sono le forze dell'ordine l'origine dei problemi del mondo. Non sono i Poliziotti, infatti, a volere la ricapitalizzazione delle banche speculatrici con i soldi pubblici, né i Carabinieri a essere favorevoli alla distruzione del welfare in nome delle politiche di austerità imposte dai Draghi e dai Geithner.
È una rabbia nuova quella che si sta facendo strada tra il fumo nero delle auto e bruciate e le città devastate. Senza etichette politiche di sorta né riferimenti ideologici, spesso senza obiettivi precisi, al di là di un'idea vaga e fuorviante di potere o Stato. Per questo motivo velleitaria e controproducente, come abbiamo visto. L'informazione, la cultura e la consapevolezza servono proprio a questo, ad avere le idee chiare sui temi da trattare per trovare le soluzioni giuste. A conoscere per essere coscienti. È l'unico antidoto al virus dell'ingenuità e dell'inganno.

giovedì 13 ottobre 2011

LA FINE E L'INIZIO

Cronaca di un collasso annunciato. Le fragili fondamenta economiche non riescono a sopportare il peso del traballante edificio europeo, ma soprattutto la posticcia unità monetaria non riesce a mascherare l’assenza di un’autentica unità politica, il solo cemento che possa rendere stabile qualsiasi entità statuale. E ora, ogni tentativo di salvare l’euro è solo vano e crudele accanimento terapeutico.
Potremmo dire, citando la recente e ormai celebre intervista rilasciata dal controverso trader Alessio Rastani alla Bbc, che ormai “nessuno se la beve”. Niente è riuscito a dare una parvenza di credibilità alle strategie di uscita dalla crisi. Sono lì a dimostrarlo i moti di piazza in Grecia, il rischio fallimento che incombe sull’Italia, tacendo di Spagna, Irlanda e Portogallo. Un problema inoltre, non solo europeo. Globale è l’economia, infatti, e globale è il corto circuito che essa ha creato. E chi dovrebbe intervenire non ha voce in capitolo. “Questo non è il momento di credere che i governi sistemeranno le cose” afferma Rastani nel cuore del suo intervento. “Loro non governano il mondo. Goldman Sachs governa il mondo. E a Goldman Sachs non importa questo pacchetto di misure di salvataggio e neanche importa ai grandi fondi di investimento”. Ignobile impostore che vede complotti dappertutto trasformando un’onesta banca d’affari nel simbolo della finanza che soverchia e calpesta l’interesse generale? Forse, ma guardandoci attorno per un secondo questo scenario potrebbe non apparire del tutto inverosimile.
E quando Rastani sottolinea che “Ai traders non importa che vi sia una situazione politica stabile e un’economia sana ma importa solo fare soldi”, rivelando candidamente, in relazione all’attuale drammatica situazione mondiale, “di andare a letto sognando una nuova recessione perché si possono fare molti soldi sui crolli finanziari” e soprattutto che “tutti possono farlo, sapendo come muoversi”, all’indignazione che deriva dall’apprendere in maniera così brutale le modalità di funzionamento del sistema, non può che seguire una lucida e onesta disamina del mondo che ci circonda e degli avvenimenti di questi ultimi anni, dai subprime in poi. Il coming out di Rastani, perciò, appare tutt’altro che fantasioso.
Se pensiamo alla situazione dell’Euro, infatti, abbiamo chiaro in mente che nessuna somma di denaro sarà mai sufficiente a sollevare dal baratro del debito gli Stati in crisi, e l’ostinazione suicida di chi intende proseguire sulla strada dei prestiti riuscirà solo a creare macigni ancor più grandi il cui peso andrà a gravare sulle spalle dei cittadini. Ma l’obiettivo non è salvare il popolo greco, e forse, poi, quello italiano, ma le maggiori banche continentali che hanno speculato sui debiti delle nazioni in difficoltà e ora rischiano di finire a fondo con queste. E tale operazione, come detto più volte, apertamente, da tutti gli “addetti ai lavori” del mondo economico e finanziario mondiale, verrà effettuata con soldi pubblici, ovvero di quelle popolazioni che stanno subendo sulla propria pelle le conseguenze di ciò che riempie di felicità la gente come Rastani.
Euro, finanza, banche, non sono elementi separati ma tasselli di un medesimo mosaico; sono componenti essenziali di un modello di sviluppo economico, quello occidentale, ormai adottato ob torto collo ovunque nel mondo. Si tratta quindi di mettere in discussione un’idea, non singoli aspetti. Cancellare un solo tassello non basta a rendere invisibile il mosaico. I giovani americani che poco tempo fa hanno protestato a New York, di fronte a Wall Street, non contestavano solo la borsa Usa, ma il simbolo e Sancta sanctorum di un sistema che ha sacrificato la politica, e con essa il concetto stesso di democrazia, sull’altare dei profitti e della libera circolazione del denaro e degli scambi. E c’è da credere che questo sia solo l’inizio. A quanto pare stiamo per arrivare a un crocevia della storia, e conviene fare attenzione a non farsi spingere sulla strada sbagliata.

Articolo pubblicato anche sul sito: giornaledelribelle.com