lunedì 15 dicembre 2008

TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

Montasser Al Zaidi scaglia la scarpa contro Bush
( foto dal sito Yahoo.com)


"Mission accomplished" dichiarava George W. Bush il 1° maggio 2003 dal ponte della portaerei USS Abraham Lincoln, la guerra in Iraq era conclusa vittoriosamente per la autoproclamatasi "coalition of the willings". Cinque anni dopo, nel momento del congedo e a pochi giorni dall'insediamento del neo inquilino della Casa Bianca Barack Obama, il comandante in capo ormai deposto dagli elettori americani e dall'opinione pubblica mondiale, è protagonista di una scena grottesca proprio a Bagdad, in quell'Iraq liberato che avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello della sua politica estera.
Montasser al Zaidi, sciita di 28 anni, giornalista del canale tv al-Baghdadiya, che trasmette dal Cairo, ha scagliato una scarpa contro l'ex uomo più potente del mondo durante una conferenza stampa gridandogli "cane", uno degli insulti più gravi nel mondo arabo, dato che il cane è un animale impuro per i musulmani. Immagini che hanno fatto il giro del mondo in pochissimo tempo e che rappresentano il simbolo del fallimento neo-con.
La farsa che nasce dal dramma, dalla tragedia di un Paese dilaniato e terrorizzato, che nulla ha visto in questi anni delle promesse fattegli dall'occidente di redenzione salvifica e rinascita nel benessere e nelle libertà. La retorica post-bellica si è tradotta nel più classico dei governi corrotti, una specie di satrapia occidentalizzata. "Il rapporto interno degli esperti governativi di Washington, filtrato al NewYorkTimes," Scrive Vittorio Zucconi su La Repubblica del 15 dicembre "confermava quello che tutti sanno da tempo, che la ricostruzione dell`Iraq è stata una tragedia grottesca di incompetenza, ignoranza e corruzione". Un esecutivo posticcio e privo di rappresentanza, quindi, impossibilitato a sopravvivere senza la protezione del grande mentore, un occupante che non può andarsene senza veder naufragare, in un mare di sangue , quel titanic costruito dalla protervia e dall'arroganza.
"Il presidente" Prosegue Zucconi "della nazione che s`illudeva di essere accolta a colpi di fiori e caramelle come salvatrice, e di cavarsela con qualche milione di dollari di spese, deve muoversi in territorio ostile e sequestrare i telefonini ai pochi giornalisti portati al seguito, perché di nessuno è possibile fidarsi. Giustamente, come hanno mostrato gli oltre 50 morti nell`ultimo attacco a una riunione di capitribù e di boss locali, a Kirkuk, la settimana scorsa."
Ora toccherà a Obama impedire che la polveriera irachena deflagri incendiando tutto il Medio Oriente, proprio mentre l'Asia è gravemente destabilizzata, dall'India all'Afghanistan, fino al Pakistan e alle repubbliche ex sovietiche dell'area.
Ma gli errori dell'Occidente, in tutta la loro perniciosità, hanno provocato ferite difficilmente rimarginabili. Il fallimento delle dottrine demenziali della guerra preventiva e dell'esportazione della democrazia, come se questa fosse un pacco dono natalizio, deve far riflettere prima che sia troppo tardi. "Io sono lo spirito che vuole eternamente il male e opera eternamente il bene" dice Mefistofele nel Faust di Goethe e proprio questo sembra essere il paradosso dell'occidente che, secondo Massimo Fini, "nonostante si definisca in buona fede democratico e liberale, è fondamentalmente integralista e totalitario. Perchè non concepisce e non tollera l'altro da sè che, per ragioni che di volta in volta sono economiche o etiche o umanitarie, deve essere omologato al modello egemone che si considera, per dirla con il Candide di Voltaire, 'il migliore dei mondi possibili'.
Ebbene, tale mondo, nella persona di uno dei suoi simboli più forti, viene preso pubblicamente a scarpate. Dobbiamo ripensare a ciò che è accaduto in questi anni, in quanto non vorrei che la prossima calzatura fosse lanciata, tra qualche tempo, contro Barack Obama.



lunedì 24 novembre 2008

DELUSIONE OVALE

Il rammarico degli azzurri ( foto dal sito angololibero.it)


Si conclude in modo pessimo il novembre di test match della nazionale italiana di rugby, battuta anche nella terza e ultima gara in programma. E se il 30-20 subito contro gli wallabies australiani nella prima partita a Padova era maturato in un contesto estremamente positivo, fatto di tenuta fisica, gioco, mete e determinazione, già con l'Argentina la musica era cambiata. Confusione, errori e assoluta mancanza di una propensione offensiva l'avevano fatta da padroni, decretando la meritata debacle azzurra. "Gli australiani sono la terza Nazione rugbistica al mondo e la loro meta decisiva era viziata da un fallo evidente" si disse, non a torto peraltro, nell'immediato post-partita dell'Euganeo, mentre all'indomani del 14 - 22 patito a Torino dai Pumas la giustificazione fu che i sudamericani erano arrivati terzi al mondiale di Francia e stavano imponendosi anche in chiave Tri Nations. "E poi" si ribadiva sorridendo "se loro sono 4° nel ranking e noi 11° un motivo ci sarà".
A quel punto, per rendere almeno accettabile il bilancio del trittico novembrino, rimaneva solo l'ultimo appuntamento di Reggio Emilia contro i Pacific Islanders, una selezione multinazionale formata dall'unione di Samoa, Fiji e Tonga e creata nel 2004 per far sopravvivere il rugby isolano dopo le razzie di talenti perpetrate da australiani e All Blacks. Un'allegra armata, insomma, che non aveva mai vinto una partita in 4 anni, con 8 sconfitte su 8. La vittoria dell'italia ovale era data quasi per scontata, dovuta. Ebbene, E' finita 25 - 17 per i colossi del Sud Pacifico, dopo una partita oggettivamente dominata dagli avversari di capitan Sergio Parisse e compagni. Non ci sono scusanti stavolta. L'Italia, scesa a seguito della sconfitta di Torino dal 10° all'11° posto nella classifica internazionale proprio a beneficio delle Fiji, una costola dei Pacific Islanders, era chiamata a una risposta che sancisse la crescita della squadra e del movimento rugbistico nazionale. Ma così non è stato.
Giancarlo Dondi, confermato recentemente presidente della Federazione con oltre il 95% dei voti, è chiamato ora a proseguire sulla strada dello sviluppo per il movimento. Da pochi anni, infatti, sono state istituite l'Accademia Nazionale e quelle dei club per far crescere il rugby giovanile e allargare la base con una strategia a lungo termine, ma c'è la necessità di intervenire anche nel medio e breve periodo.
Il tasso tecnico del campionato italiano, spogliato dei migliori talenti emigrati in Francia e Inghilterra, è molto basso e anche le più titolate squadre del nostro Paese tornano dalle trasferte internazionali con passivi da brivido. La soluzione passa necessariamente attraverso la creazione di selezioni che riescano ad essere maggiormente competitive a livello europeo, ponendo al centro la crescita dei giocatori italiani. Poi c'è il nodo Flaminio, lo stadio del rugby i cui lavori di ammodernamento ed ampliamento, ormai necessari, tardano ad iniziare con il risultato che, anche quest'anno, si dovrà supplire all'inadeguatezza strutturale con soluzioni tampone ridicolmente italiane, come le "curve provvisorie" ricavate da impalcature in ferro. In questo quadro, coltivare il sogno della coppa del mondo di rugby in Italia, ha senso solo portando avanti un progetto concreto che abbia una tempistica precisa. Altrimenti, è solo un inganno per tutti quegli appassionati e tifosi che, affamati di rugby, continuano a gremire gli spalti per ogni partita dei ragazzi azzurri.


Tra le poche note positive dei test match autunnali c'è l'amore dei tifosi per il rugby e la nazionale. 30.000 persone a Padova, 28.000 a Torino e quasi 22.000 a Reggio Emilia ( nel video inni, spalti e haka )



mercoledì 8 ottobre 2008

L'ORCHESTRA DEL TITANIC HA FINITO DI SUONARE


Nulla sembra essere sufficiente per azionare il freno d'emergenza. L'ultramoderno e scintillante treno dell'economia finanziaria è più che mai lanciato verso il baratro. Dopo l'approvazione del piano anti-crisi da parte del Congresso, Wall Street è crollata e successivamente al vertice di Parigi tra i maggiori leader europei, che ha messo a nudo le divisioni croniche di un'Europa artificiale e burocratica, le Borse di tutto il continente si sono inabissate, trascinando giù quelle di mezzo mondo. "Persi 1.400 miliardi di dollari dall'inizio della crisi" decretava il Fondo Monetario Internazionale ieri, precisando prontamente che da quella cifra erano esclusi i disastri delle Borse, mentre oggi, anche l'ultima spiaggia del taglio del tasso di sconto da parte della Fed e della Bce si è rivelata ininfluente, con grosse perdite registrate ovunque, dal Giappone a Milano.
"Il panico globale e la massiccia distruzione di ricchezza sono amplificati dallo spettacolo di impotenza di tutte le autorità mondiali, governi e banche centrali. Questa crisi assume dimensioni che nessuno riesce più a padroneggiare" scriveva ieri Federico Rampini su Repubblica, mentre la stampa inglese diffondeva la notizia che persino il Vaticano aveva convertito con largo anticipo, nel 2007, i propri investimenti azionari in oro, contanti e obbligazioni.
Benchè molti cerchino di rassicurare sulla tenuta del sistema, pare che nessuno ci creda davvero e i dati non lasciano ben sperare. "La Banca d'Inghilterra immette liquidità nel sistema per 200 miliardi di sterline e il governo britannico nazionalizza parzialmente 8 istituti di credito. Il premier Brown chiede un vertice mondiale", si legge sul sito web di Repubblica, senza contare il precedente della Nothern Rock, la prima banca inglese a cadere e ad essere nazionalizzata. E' proprio questa infatti, la parola magica e al contempo innominabile del momento.
Dopo i 700 miliardi di dollari pubblici, pari al 5% del Pil Usa, stanziati per risanare i bilanci delle banche e le acquisizioni da parte del Tesoro americano e della Fed di Fannie Mae e Freddie Mac, colossi dei mutui, sembra che l'unica via di scampo dalla catastrofe sia un maggiore ruolo dello Stato nel settore creditizio e su questo terreno ciò che resta dell'Europa sta procedendo speditamente, benchè grottescamente. Dall'Irlanda alla Grecia, dall'Austria alla Svezia passando per Danimarca e persino Germania, lo Stato assicura i depositi per evitare una corsa argentina agli sportelli. Tutto rigorosamente in ordine sparso, tra accuse reciproche e risse verbali.
L'Europa è un nulla politico, ma questo lo sapevamo perfettamente. Il punto è un altro, ovvero cosa fare per salvare il salvabile. "Nazionalizzare il settore creditizio perchè sia lo Stato a sostituirsi ai banchieri?" scrive ancora Rampini "Qualcuno ci ha già pensato, e non a Cuba ma a Londra. Segno che tutti i leader, eletti o tecnocrati, stanno brancolando. Non ci sono precedenti storici che li aiutino. L'11 settembre al confronto fu una "mini-crisi" [...] e il 1929 è lontano, accadde in un contesto troppo diverso".
E allora cosa fare per contrastare la paura, un elemento che, nell'era dell'economia virtuale slegata da qualsiasi oggettività, condiziona scambi e profitti? "[...]Anche grandi investitori come George Soros" scrive Massimo Gaggi sul Corriere della Sera "sostengono che l'idea che i mercati sappiano autoregolamentarsi e tendano naturalmente all'equilibrio è sbagliata. Un'illusione che solo il fondamentalismo mercatista ha potuto continuare ad alimentare anche davanti all'evidenza delle bolle speculative[...]". Un ritorno alla realtà, più che a un'economia reale, con Stati forti che non siano avulsi dal contesto economico e non "lascino fare" ad un sistema ormai in corto circuito. "Quando la musica si fermerà" disse nel luglio 2007 l'allora capo di Citygroup Chuck Prince "la situazione sarà complicata. Ma finchè l'orchestra suona noi continuiamo a ballare".
Ebbene, ora nessuno ha più voglia di divertirsi.

mercoledì 27 agosto 2008

IL RACCONTO DI UN'ESTATE

Il campanile della chiesa di Sgonico, paesino del Carso triestino a pochi kilometri dalla Slovenia. Sullo sfondo, il Golfo del capoluogo giuliano.


I

Ci fermiamo per l'ultima volta in territorio italiano sulla Udine-Tarvisio, manca poco al confine austriaco e all'inizio ufficiale del viaggio. "Ricordatevi di fare la vignetta e attenzione alla guida" ci ammonisce una graziosa impiegata dagli occhi chiari "perchè quelli lì non perdonano". Quelli lì sono gli agenti della Polizei, particolarmente meticolosi nel far rispettare le regole e la vignetta è l'abbonamento autostradale, dato che in Austria non esistono caselli. Dopo aver dato seguito al suggerimento e aver acquistato un ticket valido 10 giorni su tutta la rete al costo di 7 euro, rientriamo in auto non prima di soffermarci a sorridere amaramente al pensiero che, nel Belpaese, la sola tratta Roma-Orte, circa 60 km, viene oltre 3 euro. Per i cari nipotini di Francesco Giuseppe, quindi, niente file bibliche nè cifre esorbitanti. C'è quasi da sperare che la strada faccia schifo, ma non è così... E non sarà l'unico raffronto impietoso.
Le ore successive corrono veloci in direzione nord, dopo Villach proseguiamo per Salisburgo e in tre ore scarse, tra vette e valli alpine che paiono emergere da dipinti romantici, siamo alla reception dell'albergo a pochi passi dalla Kapitelplatz. Il centro della città è avvolto da una suggestiva aria di mistero e magia, sarà per la settimana della cultura che propone musica classica e opere teatrali anche in piazza, iniziative che attirano migliaia di persone, molte delle quali giovani. Dal Duomo alla Hohensalzburg, la fortezza dell'XI secolo che scruta dall'alto, fino alla Mozartplatz e alle innumerevoli chiese in cui convivono arte gotica, barocca e romanica dando vita a commistioni quasi ipnotiche, ogni scorcio di Salisburgo guida il viaggiatore nei meandri della storia.
Una mattinata di pioggia battente, il quinto giorno, ci accompagna fuori dalla città sulla via che porta a sud, in un contesto tanto diverso quanto geograficamente vicino. Il parco nazionale degli Hoe Tauern, infatti, è una meraviglia ad appena un'ora di strada da Salisburgo, ma quando imbocchiamo la Grossglockner Hochalpenstrasse, la strada panoramica che lambisce la vetta d'Austria, comprendiamo immediatamente che non siamo stati baciati dalla buona sorte. Il tempo è orribile e i monti sono coperti da dense nuvole. Inutile dire che fa un freddo cane. Arriviamo ai piedi del Grossglockner ed è visibile solo il Pasterze sotto di noi, una lingua di ghiaccio millenaria che corre per centinaia di metri verso valle e che, però, è martoriata dall'effetto serra che la sta progressivamente cancellando, come tutte le nevi eterne delle Alpi. Tocchiamo con mano la situazione drammatica il giorno successivo, quando, dopo una notte quasi insonne in un rifugio d'alta quota piuttosto spartano, scendiamo lungo un sentiero disseminato di cartelli che segnalano la posizione del ghiacciaio nel corso degli anni. Non c'è bisogno di scrutare foto ingiallite del secolo scorso, basta guardare quanto disti il segnale corrispondente al 2005 con la posizione attuale del Pasterze. Almeno 100 metri. In 3 anni. La Natura ha tempi decisamente più lunghi, questo scempio è opera nostra...
Il viaggio prosegue poi in direzione Klagenfurt lasciando il Tirolo Orientale per la Carinzia. I freni affrontano una dura prova scendendo dalla strada del Grossglockner e dopo avergli concesso un pò di tregua ad Heiligenblut, le pendenze si fanno tollerabili e tra pascoli e paesini da cartolina, riprendiamo l'autostrada nei pressi di Spittal An Der Drau, dritti a destinazione. Troviamo alloggio poco fuori Klagenfurt, in un albergo sorprendentemente economico in riva al Worther See, il lago caldo. La cittadina è piacevole da visitare, dal Landhaus alla chiesa di S.Pietro e Paolo, fino alla fontana del dragone, ma capiamo ben presto che le migliori attrattive sono attorno all'abitato. La fortezza medievale di Hochostewitz, Magdalensberg, collina ricca di resti risalenti a prima dei Celti e Maria Saal, piccolo borgo dell' VIII secolo. Il tutto inserito in una campagna da fiaba, ancor più suggestiva al tramonto, quando il sole tinge boschi e campanili di colori irreali.
E ora di ritornare in Italia, per far tappa prima della Slovenia e ci congediamo dalla Carinzia dopo aver salutato la receptionist dell'hotel, una bella ragazza austriaca che parla italiano con singolare accento veneto. "Ho fatto un corso di perfezionamento in un albergo a Jesolo" chiarisce sorridendo ogni mio dubbio sulla sua nazionalità.
I due giorni italiani li trascorriamo prosaicamente a Lignano Sabbiadoro, nel tipico paesaggio da italiche ferie d'Agosto, ovvero tra ombrelloni e spiaggia. Tuttavia non sembra di aver lasciato la mitteleuropa, tanti sono i turisti tedeschi e austriaci presenti, i quali paiono apprezzare parecchio sia il mare sia l'organizzazione delle strutture. Una nota d'orgoglio nostrano dopo tanti appunti doverosamente presi...

II

Siamo al giro di boa e la mattina di ferragosto partiamo alla volta della Slovenia, mini-Stato grande quanto la Lombardia e indipendente da appena 18 anni. La Venezia-Trieste è un budello intasato da Tir e camper e, mappa alla mano, decidiamo di passare quel che resta del confine dalla parte di Gorizia, meno frequentata dai vacanzieri diretti per lo più verso le spiagge croate. Come in Austria, neppure in Slovenia ci sono i caselli, ma la differenza sta nei costi: non più abbonamenti di pochi giorni da 7 euro, ma una sberla obbligatoria di 6 mesi da 35. "Lo fanno per fare cassa" veniamo a sapere in autogrill da un signore italiano che ha appena saccheggiato un tabaccaio, sfuttando il diverso regime fiscale vigente nel Paese sulle sigarette. Così ripartiamo dopo aver speso 40 euro per un pieno, circa 20 in meno rispetto a 15 km prima, con la stessa spiacevole sensazione che avevamo provato entrando in Austria. Ormai è quasi tradizione.
Raggiungiamo Lubiana in un amen, il tempo di sistemarsi in albergo e siamo già in perlustrazione nel centro storico. L'impressione che emerge è quella di una città molto più europea che balcanica, pensiero che ci aveva sfiorati anche durante il tragitto da Nova Gorica, in un paesaggio non dissimile da quello austriaco. Mentre camminiamo la Ljubljanica scorre sotto di noi, tra il Tromostovje, il ponte triplo, e la chiesa francescana. Attorno, edifici del 700 e cafè all'aperto con vista sul fiume. Sopra di noi svetta il Grad, il castello della città, posto su una collina abitata sin dall'età del ferro. Dalla Chiesa di S.Jakob a quella di Cirillo e Metodio la Capitale slovena offre moltissimi spunti culturali, ma non solo. Una delle attrattive più prosaicamente caratteristiche del Paese, infatti, è quella dei casinò, diffusi in maniera capillare su tutto il territorio. Dopo quasi due giorni trascorsi ad apprezzare l'aspetto aulico di Lubiana, quindi, non rimane che scendere di quota, tra roulette e croupiers, per la nostra ultima, atipica, nottata.
Il mattino seguente facciamo rotta verso il nord del Paese incontrando Bled, graziosa cittadina in riva all'omonimo lago creato dai ghiacci in epoche remote e al centro del quale si trova la Blejski otok, un isolotto raggiungibile solo con imbarcazioni a remi, sul quale svetta un eremo immerso nel verde. Il tempo corre veloce ormai e si fa appena in tempo ad assaporare luoghi e momenti. Da Bled, prima di volgere verso la costa, non possiamo non soffermarci ad ammirare il simbolo della Slovenia, il Triglav, svettante con i suoi tre corni rocciosi.
Ed è già tempo di avvicinarci al mare. In poco più di due ore siamo a Koper, l'italiana Capodistria dall'interessante centro storico ma dal mare pessimo, caratteristica che toccheremo con mano anche più a sud sul brevissimo tratto sloveno di costa adriatica. Nel tentativo infatti di cercare lidi migliori, letteralmente, ci dirigiamo verso Portorose, distante pochissimi chilometri. Realizziamo, una volta giunti, di trovarci in una specie di sala giochi a cielo aperto, con alberghi costosissimi, specie se comparati alla qualità del mare e casinò ovunque. E' chiaro che lì la gente va solo per sperperare soldi, posseduta da quel mostro compulsivo e incontrollabile che è il gioco d'azzardo. Non fa per noi, abbiamo sfidato il demone già abbastanza. Perciò, tornati nel nostro economicamente accessibile rifugio, decidiamo di informarci presso una cameriera, evitando tatticamente la receptionist che tesserebbe le lodi dello squallido lungomare-porto posto di fronte all'albergo, su dove siano le spiagge più belle della Slovenia. "In Croazia" la risposta caustica della sorridente ragazza indaffarata a preparare la colazione per alcuni clienti. Detto fatto, dopo un'ora scarsa siamo a Umag, il primo paese oltre il confine. Dopo aver provato l'ebbrezza di una sensazione ormai dimenticata, il controllo passaporti, siamo lì a gorderci il sole dinanzi a un mare fantastico. Ombrellone e due lettini a 21 Kune e colossale cena di pesce per due a 200. al cambio con l'euro fanno, rispettivamente, 3 e 28. Viva la moneta unica!

III

Siamo all'epilogo dell'avventura e la fatica di 15 giorni on the road inizia a farsi sentire. Così, mentre ci congediamo anche dalla Slovenia dopo essere rientrati in tarda serata satolli e soddisfatti da Umago, iniziamo a percepire quella lieve malinconia che si accompagna ad ogni viaggio di ritorno. Ma non è ancora finita. Il Friuli Venezia Giulia, infatti, è ricchissimo di luoghi e occasioni. Dalla già citata Lignano Sabbiadoro alle ordinate colline dell'udinese, fino alle cime carniche e al celebre Carso, con le sue innumerevoli grotte immerse in un paesaggio unico. "E perchè no?" pensiamo scrutando cartine e itinerari regionali. Dopo escursioni in montagna, gite al mare e in collina, manca proprio un tour in quell'area compresa tra Gorizia, Trieste e l' estremo occidente della Slovenia. A 24 ore dal nostro rientro, quindi, ci troviamo nei pressi di Opicina, paesino alle porte del capoluogo giuliano. La strada si immerge in una vasta area verdeggiante con sassi puntuti emergenti ovunque dal terreno, forse "la" caratteristica del Carso. L'ingresso della Grotta Gigante e lì vicino. Il tempo di fare il biglietto e ci inoltriamo nelle viscere della terra con altri turisti e la guida. La temperatura scende di colpo a 10 gradi e le flebili luci artificiali mostrano enormi stalagmiti levigate dalla forza dell'acqua, che precipita da quasi 100 metri di altezza. Le distanze divengono ingannevoli e tutto sembra essere avvolto da un silenzioso mantello invisibile. Chi ha scoperto questo miracolo della Natura deve aver vissuto un'esperienza quasi metafisica. Dopo circa un'ora di visita emergiamo di nuovo alla luce e al caldo che, ora, è ancor più fastidioso. Ci vuole un pò di ristoro, allora, e il pensiero è fulmineo: Carso + mangiare = Osmitza. Tradizione che risale a Maria Teresa d'Austria, essa è una normale casa privata aperta al pubblico in determinati periodi dell'anno e a turnazione, come punto di ristoro. Istituzione tipica del luogo, l'Osmitza è segnalata da un semplice ramo spezzato posto su un muro accanto a una freccia di legno. Una specie di codice. Ne troviamo una a Sgonico, poco distante dalla Grotta Gigante e ci sostentiamo con vino Terrano, aspro e straordinario vitigno tipico della zona carsica , affettati misti e pesche affogate nella Malvasia d'Istria mentre sediamo in uno splendido giardino immerso in caldi colori. Paradisiaco.
Il modo migliore di concludere una vacanza indimenticabile, l'avventura di un'estate.

lunedì 23 giugno 2008

AI RIGORI NON E' SEMPRE (DI) NATALE...

Cesc Fabregas ha appena trasformato il penalty decisivo.
L'Italia è fuori da Euro 2008 ( notedisport. wordpress.com)



Il day after di un'eliminazione dal dischetto, come quella dell'Italia di Donadoni ai quarti dell'Europeo contro la Spagna, è sempre difficile, ma dobbiamo impegnarci ad analizzare a freddo le cose.
Il bilancio è magro e non lascia spazio a interpretazioni: 4 gare disputate che hanno portato una sconfitta netta con i tulipani, due pareggi, quello con le furie rosse nei 90 minuti e il primo, alquanto rocambolesco, con la Romania e solo una vittoria con una Francia in disarmo. La cifra che sottolinea l'aspetto più significativo dell'avventura austro-svizzera, però, è quella delle reti: 3 gol fatti, ovvero un autogol, un rigore e un colpo di testa di un difensore centrale. Mai un gol su azione manovrata nè un gol degli attaccanti. Non ci è mancato, paradossalmente, tanto Fabio Cannavaro quanto il bomber del Bayern Luca Toni, mister 40 e passa gol in un anno, che non è riuscito mai a imporsi. Un pò per colpa del modulo che lo lasciava spesso solo e lontano dalla porta, un pò per colpa di una stagione serrata e sfiancante. Ad ogni modo, la sostanza non muta: Andava sostituito. Dopo tanti esperimenti e improvvisazioni tattiche a centrocampo e in difesa, infatti, nel momento in cui era chiaro l'affanno del giocatore, Donadoni avrebbe potuto, e forse dovuto provare Marco Borriello, il quasi capocannoniere della serie A dietro Alex Del Piero, altra scommessa persa, purtroppo, del ct.
Gioco sconclusionato e privo di idee quello dei Campioni del Mondo, una squadra che ha dato l'impressione di affidarsi unicamente a casuali spunti individuali. Donadoni è una persona perbene e appaiono squallidi gli attacchi personali che nell'immediato post-eliminazione lo vedono oggetto, ma ha certamente sbagliato alcune scelte, anche nella gara contro gli spagnoli, come l'impiego a oltranza di Toni e il rigore decisivo affidato al fragile Di Natale. Non è detto, però, che un ritorno di Lippi significhi automaticamente vittoria nel 2010. Valuteranno il da farsi, ad ogni modo, gli uomini preposti e valuteremo noi le decisioni che verranno prese.
Non ci resta che riflettere, infine, con malinconica ironia sui calci di rigore che, come la vita, danno e tolgono. Ma non chiamatela lotteria, please. Vincere una sfida dagli undici metri non è come giocare al superenalotto. Non solo bisogna saper tirare bene, ma soprattutto avere freddezza e lucidità per esprimere al meglio le proprie qualità. Forse non era il caso, quindi, di mandare dal dischetto, nel momento decisivo, un quasi esordiente come la punta dell'Udinese.
Pazienza, questa volta è toccato a noi.

martedì 3 giugno 2008

CANNAVARO OUT, MA I CAMPIONI SIAMO NOI

Fabio Cannavaro dopo l'infortunio ( foto dal sito repubblica.it)


Neppure iniziato e già finito. Cala il sipario sull'Europeo del capitano azzurro Fabio Cannavaro, colpito, tanto duro quanto involontariamente, da Giorgio Chiellini durante il primo allenamento della Nazionale italiana nel ritiro austriaco di Baden, vicino Vienna.
Una tegola pesantissima per la squadra di Donadoni, in procinto di intraprendere l'avventura austro-svizzera per confermare quanto di buono fatto due anni fa ai mondiali tedeschi. Il girone in cui i Campioni del Mondo sono inseriti è da brividi e non sarà certo facile raggiungere la qualificazione ai quarti di finale, anche perchè, essendo i detentori dell'aurea coppa sollevata nella notte di Berlino, Buffon e compagni sono e resteranno gli avversari da battere. Olanda, Romania e, dulcis in fundo, la vera e propria nemesi azzurra, la Francia. Un girone che sembra emergere dal sogno perfetto del tifoso teutonico e che farà scontrare fra loro le più grandi rivali della Germania, mentre questa, molto probabilmente, passeggerà nel proprio raggruppamento con polacchi, austriaci e croati, ma tant'è.
Bando alle lamentazioni però, come insegna proprio il mondiale vinto dopo calciopoli. Gli italiani, infatti, danno il meglio di sè quando sono in difficoltà e anche se lo scandalo che travolse lo sport più amato del Belpaese non è paragonabile all'infortunio di un giocatore, pur fondamentale e carismatico come il capitano della nazionale, la perdita di Cannavaro può cementare ancor più il gruppo, fugando definitivamente ogni spettro di presunzione o narcisismo. Fattore decisivo, questo, in vista di sfide che, da subito, possono segnare in positivo o in negativo per gli azzurri l'esito finale del torneo. Da un evento infausto può nascere nuova forza, quindi.
Niente paura, perciò. La rosa a disposizione dello staff italiano, infatti, benchè priva di chi fu legittimamente soprannominato Il muro di Berlino, farebbe invidia a qualsiasi commissario tecnico. Possiamo vantare un centrocampo che, forse, è riduttivo definire tra i migliori al Mondo e un attacco che non è da meno. La difesa, infine, anche senza il capitano, annovera giocatori come Fabio Grosso e Marco Materazzi, gli eroi della Coppa del Mondo, senza dimenticare il veterano Panucci e gli affidabilissimi Zambrotta, Chiellini e Barzagli.
Prepariamoci, quindi, a vivere grandi sfide in un europeo d'altissimo livello, con una nazionale che ha tutte le possibilità di imporsi ancora, come a Berlino. In bocca al lupo a tutti e forza capitano.




martedì 6 maggio 2008

FIGLI DEL NULLA

fiori sul luogo in cui è stato picchiato a morte Nicola Tommasoli
( foto dal sito ilgiornalista.unisa.it)


Nicola non ce l'ha fatta e dopo quattro giorni di agonia si è spento in un letto d'ospedale. Era rimasto vittima di un violento pestaggio nel centro della sua città, Verona, al termine di una serata trascorsa con gli amici, il primo maggio. I suoi carnefici, 5 ragazzi provenienti da famiglie normalissime, sono vicini agli ambienti dell'estrema destra scaligera. Un episodio di barbarie insensata e agghiacciante, considerando che la follia è iniziata per una banalissima sigaretta negata.

Ci si stupisce, ancora una volta, della provenienza "borghese" degli assassini, come se rabbia e violenza belluina fossero piaghe confinate nelle periferie più degradate e povere, come se il deserto morale ed etico che affligge la nostra società non fosse un problema di tutti. I 5 del branco sono, sotto questo aspetto, i figli legittimi del nulla valoriale che ci circonda, vuoti involucri senza un fine un senso, orfani degli stessi concetti di giusto e sbagliato, di limite e dovere, di legge. Privati di tutto ciò che può elevare e con il solo propellente costituito dagli istinti più bassi e bestiali, molti vivono, oggi, nella sola dimensione dei sensi, come primitivi. La politica c'entra ben poco, quindi, con la morte di Nicola, così come lo sport è solo il pretesto per le violenze delle frange ultras più incontrollabili.

Il male ha radici molto più profonde che ci avvolgono tutti e rischiano di stritolarci. "Ai primordi gli uomini si creano dei codici di comportamento," scrive Massimo Fini, giornalista e pensatore laico "cui danno il nome di morale (o di religione), per poter stare insieme senza sbranarsi a vicenda e, alla fine, autodistruggersi. Quella che deve essere tenuta a bada [...] è la violenza fisica in modo che l'hobbesiano homo homini lupus non si risolva in un'ecatombe generale". Il trionfo dell'utilitarismo economico come unica stella polare del nostro tempo, ha sancito la distruzione delle fondamenta stesse del vivere civile e, con esse, dell'avvenire della società. Ancora Fini: "Se Dio non esiste [...] non esistono nemmeno i valori. Perchè non c'è alcun Assoluto che possa essere preso come punto di riferimento da cui far discendere una gerarchia fra ciò che è Bene e ciò che è Male".

Ci stiamo sbranando a vicenda, è bene che Dio torni a esistere.

mercoledì 23 aprile 2008

INTERVISTA A MAURO CORONA

Lo scrittore/scultore/alpinista Mauro Corona parla con Daria Bignardi a "Le invasioni barbariche". Vengono toccati vari argomenti, tra cui una scalata particolare con un politico...Tutto il video è molto interessante ma il passaggio di cui sopra inizia quando sono trascorsi 4 minuti e dura una trentina di secondi.

L'intervista di Mauro Corona a "Le invasioni barbariche"


lunedì 14 aprile 2008

ELEZIONI 2008: NIENTE PAREGGIO, NIENTE ALIBI



Ora si deve governare. I risultati delle elezioni politiche 2008, giunti, peraltro, sorprendentemente presto rispetto ai grotteschi ritardi del passato, hanno premiato il Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi in coalizione con la Lega Nord, decretando la sconfitta del Partito Democratico di Walter Veltroni e dell'alleato Antonio Di Pietro. Maggioranza ampia anche al Senato, quindi, per il fu centro-destra che ora è chiamato a far fronte ai grandi problemi del Paese. Dal caro vita alle imprese, dalle pensioni alle famiglie, con un occhio alla congiuntura economica internazionale fortemente negativa che non lascia spazio a indugi. Bisogna intervenire in fretta per far ripartire il sistema Italia che, secondo le stime, non crescera più dello 0,3% nei prossimi 12/24 mesi. Siamo fermi.

Non ci sono alibi e non ci sarà la possibilità di condividere con altri, tramontata ogni ipotesi di pareggio elettorale e di conseguenti larghe intese, la responsabilità di eventuali fallimenti o politiche inefficaci. La crisi americana, figlia del disastro subprime, dopo le prime avvisaglie sta per abbattersi sull'Europa, mentre la domanda crescente di Cina e India preme sia sul prezzo del petrolio, che già flagella da tempo le bollette, sia su quello dei generi alimentari facendoli schizzare alle stelle. Poi c'è la scuola, la sicurezza, il gap infrastrutturale e quello tecnologico, il precariato che non aiuta nè il lavoro nè i lavoratori e tanto altro. Il tutto da affrontare con un debito pubblico che si è attestato al 104,0% del Pil a fine 2007 e che non permette eccessiva creatività finanziaria.

Perciò basta parlare, ora tutti al lavoro. E speriamo


martedì 1 aprile 2008

LE MIE DOMANDE AI CANDIDATI

Sono riuscito a porre domande, seppur indirettamente, ad alcuni candidati alle prossime elezioni politiche. l'AdnKronos ha infatti visitato le scuole di giornalismo di Roma per registrare talune questioni presentate dai ragazzi e le ha poi girate ai candidati durante un dibattito. Le mie domande sono state poste a Fabrizio Cicchitto (Pdl) ed Ermete Realacci (Pd)


Il Video di Realacci
sono il primo che interviene

Il Video con Cicchitto
la mia è la seconda domanda



sabato 15 marzo 2008

BUONA L'ULTIMA

Il giro di campo degli azzurri dopo la vittoria per 23 - 20 sulla Scozia (foto Dienece)


Appena in tempo. L'italrugby evita all'ultima occasione l'onta del wooden spoon, il famigerato cucchiaio di legno idealmente consegnato alla squadra che perde tutte le gare del "6 Nazioni". Lo fa battendo la Scozia 23 -20 in uno stadio Flaminio esaurito e divenuto ormai, nonostante le tribune mobili che ne hanno aumentato la capienza da 24 a 30 mila posti, tremendamente piccolo. Il Championship 2008 si chiude così, con una prestazione tutta cuore e polmoni.

Una partita emozionante ed equilibrata che gli azzurri interpretano al meglio nei primi 15 minuti, per poi inziare a subire. La prima frazione infatti si conclude 17 - 10 per gli ospiti dopo un iniziale vantaggio italiano e le sensazioni non sono positive, specie per le incomprensioni tra Masi e Picone, i due mediani. Nella ripresa il quindici del cardo sembra controllare la gara ma un intercetto del capitano Sergio Parisse a metà campo segna la svolta: Il numero 8 azzurro si invola per poi lasciare il pallone a Gonzalo Canale, che schiaccia in mezzo ai pali. Andrea Marcato trasforma facile e siamo 17 pari. Si gioca in una bolgia ma l'esito finale resta in bilico. 20 - 20 a due minuti dalla fine.

Gli azzurri premono ma non riescono a trovare varchi, fino a quando il giovane Andrea Marcato, tornato all'apertura dopo l'uscita di Masi, trova un drop fantastico che regala la vittoria all'italia e un terzo tempo magico ai tifosi.

Le mie foto del match



Il drop di Andrea Marcato che regala la vittoria nel finale

sabato 8 marzo 2008

UN 8 MARZO DA "FARFALLA"

Julia e Luna

Nel giorno della festa delle donne, Julia Butterfly ( tradotto: farfalla) Hill, statunitense di 33 anni, ha ricevuto a Parma il premio internazionale "Una mimosa per l'ambiente". La Hill è un'icona vivente della lotta contro le violenze perpetrate ai danni della Natura da quando riuscì a vivere per due anni, dal Dicembre 1997 al Dicembre 1999, su una sequoia millenaria nella foresta di Headwaters, in California. Lo fece per combattere contro le ruspe di una multinazionale, la Pacific Lumber's, decisa a disboscare l'area.

"Mi sono arrampicata su Luna, questo è il nome della sequoia, perchè mi ero convinta che dovevo fare qualcosa per fermare il massacro della foresta", racconta Julia. " Credo fermamente che se uno è testimone di un'ingiustizia e non fa nulla per evitarla, diventa complice ed è colpevole come chi, quell'ingiustizia, la provoca". La giovane "farfalla" poi, racconta le difficoltà affrontate e le intimidazioni subite dagli uomini della Pacific Lumber's: "tentarono di tagliarmi i viveri, piazzando un cordone di sicurezza nei pressi dell'albero in modo che i miei amici non potessero avvicinarsi. Poi fecero volare gli elecotteri a pochi passi da me. Quindi mi spararono in faccia luci potentissime per non farmi dormire". Ma lei resistette, a quella tortura così come a una tempesta di neve, definita serenamente da Julia "Bellissima". "Perchè in quel momento", spiega la ragazza, "con le mani e i piedi congelati, mi sono resa conto di essere una piccola parte dell'universo, un granello di sabbia di nessuna importanza mentre qualcosa di grande stava accadendo. Una presa di coscienza".

L'hanno definita "terrorista", come gli attentatori dell'11 settembre, ma lei ha comunque vinto la sua battaglia divenendo simbolo, oltre che di lotte ambientaliste, anche di un 8 Marzo diverso, lontano sia dagli slogan del '68, sia dalle derive consumiste dei giorni nostri. La storia di una donna.

sabato 16 febbraio 2008

KOSOVO INDIPENDENTE: LA FINE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE



Il Premier kosovaro Hashim Thaci ha proclamato unilateralmente l'indipendenza di Pristina dalla Serbia. L'UE è divisa e i timori sono molteplici, soprattutto da parte di chi conosce bene il problema. Il Generale Fabio Mini è stato per due anni, nel 2002-2003, comandante delle truppe Nato in Kosovo e il suo giudizio è severo: "Questa proclamazione fa saltare il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati. Uno scempio voluto dagli Usa, che in questo diritto non credono e l'hanno dimostrato in Iraq. Sotto quest'aspetto, il Kosovo è l'altra faccia dell'Iraq. Se all'Onu passa il riconoscimento, dopo domattina saranno tutti autorizzati a fare lo stesso: l'Irlanda del Nord, i baschi, i ceceni, i catalani...". Per non parlare delle regioni russofone della Georgia filo-occidentale, l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud, per cui il Presidente Vladimir Putin, leader di un Paese per tradizione amico della Serbia, ha caldeggiato un processo simile a quello kosovaro in caso di secessione di Pristina, con inevitabili ripercussioni nei rapporti già tesi con gli Usa.

Si rischia quindi di far riesplodere conflitti sopiti in ogni parte d'Europa, dalla Corsica alla Transilvania passando per la Bosnia e tutto per riconoscere uno Stato che tale non è. "...Un Paese che sta diventando la pattumiera dei rifiuti di mezzo Mondo, dove il 40% della popolazione guadagna 2 euro al mese, il Pil è il più basso d'Europa, l'analfabetismo è 10 volte sopra la media, la disoccupazione è al 70% e le uniche fonti di guadagno, per pochissimi, sono le prostitute moldave, le armi, le auto rubate e l'80% dell'eroina europea che passa di qui" sottolinea Francesco Battistini dalle colonne del Corriere della Sera. A chi conviene l'indipendenza del Kosovo, allora? lo dice con chiarezza il Generale Mini: "Ai kosovari. Non parlo della gente comune che non ha più fiducia: alle elezioni ha votato il 45% e Thaci ha preso solo il 32. No, conviene a chi comanda: allo stesso Thaci che fa affari col petrolio, a Bexhet Pacolli che ha bisogno d'un buco dove ficcare i soldi del suo mezzo impero, a Ramush Haradinaj che è sotto processo all'Aja [...]. Il nuovo Stato conviene solo ai clan. Un porto franco per il denaro che arriva dall'est. Montecarlo, Cipro, Madeira non sono più affidabili". Un' altra grande incognita, inoltre, è costituita dalle possibili reazioni violente dei serbi kosovari, maggioranza nella zona di Mitrovica, nord della regione. Scrive ancora Battistini sul Corriere: "[...]A Gracanica hanno ribattezzato una via col nome di Radko Mladic, il massacratore di musulmani e i nuovi quartieri si chiamano Belgrado 2" .

Una polveriera insomma e qualcuno, a Bruxelles e Washington, dovrà assumersi la responsabilità di ciò che potrà accadere nei Balcani e in Europa. Tra poco.



Kosovska Mitrovica - Dicembre 2007. Si manifesta per un Kosovo serbo

martedì 12 febbraio 2008

SCOPRENDO SE STESSI NELLE TERRE SELVAGGE



«Chris è morto da vivo. Avendo vissuto, vive dentro di noi». La sceneggiatura del film into the wild si conclude così, con le parole del regista Sean Penn. Un film profondo ed esistenziale, uno struggente inno alla vita che, proprio per questo, non cade nel nichilismo tipico delle opere "anti-sistema". In questa pellicola, tratta da un libro di John Krakauer, si narra la vita di Chris McCandless, un ragazzo americano poco più che ventenne che nel 1990, conseguita la laurea con lode all’Emory University di Atlanta, rinuncia a una vita agiata e abbandona tutto e tutti per intraprendere un viaggio tra Nuovo Messico, Arizona e Sud Dakota alla ricerca di se stesso sino a misurarsi due anni più tardi con la natura selvaggia dell’Alaska. Non era facile raccontare la storia senza cadere nello stereotipo del borghese annoiato o, peggio, dell’ecologista militante. "Sean ha fatto un film che lascerà un segno sugli spettatori", ha dichiarato Krakauer, insieme al quale Penn ha perlustrato luoghi e ricostruito tassello dopo tassello il “viaggio” di Chris, "perché non propone facili soluzioni e non è didascalico". Cuore del film è il viaggio, fisico e spirituale, del ragazzo che, nell'asprezza della Natura, ricerca il significato della vita spogliato delle astrazioni create dalla civiltà dei consumi. "Non ho voluto farne un martire o un eroe", ha ribadito Penn, "la sua è stata una fuga ma anche una ricerca della libertà assoluta. Fuga dalla banalità, da tutto il troppo che portiamo con noi e con cui ci siamo abituati a vivere, fuga dalla stupidità che ci circonda. La nostra società ha creato una vera dipendenza dal confort. Fuga, ma anche inseguimento: dell’autenticità, della purezza, dell’essenzialità". E non a caso il regista dedica il film ai giovani "che oggi sono troppo spesso schiavi del benessere e delle cose materiali. Anche senza affrontare situazioni estreme e rischiose si può cercare di sentire il proprio cuore battere più in fretta. È importante che ci si provi almeno quando davanti si ha tutta la vita". Un capolavoro assoluto.


lunedì 28 gennaio 2008

LA "HOUSE OF LORDS" ITALIANA


I sudditi di Sua Maestà hanno la Camera dei Lord, noi il Senato della Repubblica. Vuoi mettere? Da noi, si sa, il clima è più caldo e l'effetto inevitabile è un'esplosione di allegria in tutte le manifestazioni dell'agire, pubblico e privato. Così ci troviamo ancora una volta a commentare sedute parlamentari leggermente sopra le righe che, del tutto italianamente, dimostrano la passione dei politici nostrani nell'esplicitare le proprie idee... Cosa volete che ne sappiano i nordici compassati e grigi del calore che i nostri legittimi rappresentanti, degna espressione della società di cui sono riferimento, portano dentro. Come possono, costoro, comprendere la magia di un brindisi a spumante e mortadella tra gli austeri banchi per celebrare la caduta di un governo inviso? O la poesia di uno sputo, tra urla belluine e assalti da battaglia ultrà, all'indirizzo di un collega traditore e trasformista? Nessuno può capirci tranne noi e forse è questo uno degli aspetti più complessi e singolari della nostra permanenza, anche geografica, nel Vecchio Continente. Cosa ci facciamo in Europa? in questo luogo lugubre, tanto lontano dalla nostra solarità mediterranea. Così preciso e ordinato, attento alle regole e alla pianificazione del futuro. Tutti preoccupati, i soloni di Bruxelles, di qualche sacchetto della spazzatura per strada o di pochi pregiudicati in Parlamento. E che sarà mai?! Il tempo risolve tutto e poi, ricordiamoglielo, Siamo o no i Campioni del Mondo? Viva l'Italia...


giovedì 10 gennaio 2008

RIFIUTI: "EMERGENZA" DA 14 ANNI...

Roghi a Pianura




La drammatica situazione di Napoli e della Campania ripropone l'annosa e irrisolta questione del corretto smaltimento dei rifiuti e, soprattutto, del probo utilizzo dei fondi pubblici stanziati nel corso degli anni per la risoluzione del problema. Si parla di quasi 2 miliardi di euro dal 1994 e i risultati della gestione di tali denari sono sotto gli occhi ( e sotto il naso...) di tutti noi. Sottostimare le responsabilità della classe dirigente e politica campana a livello regionale e nazionale ( 1 Presidente della Repubblica, 4 Ministri, 71 Deputati e 38 Senatori dell'attuale legislatura provengono infatti dalla città partenopea), incolpando altri di sfruttamento e nefandezze varie, non aiuta la verità. Chi ha gestito in questi anni i fondi stanziati dallo Stato? Chi ha permesso che il territorio della Campania fosse avvelenato senza pietà( il 43% delle aree inquinate dell'Italia intera è campano...)? Fare chiarezza e pulizia, quindi, non solo di sacchetti e pattume ma anche di personaggi inetti che hanno distrutto quei luoghi danneggiando, forse irreparabilmente, l'intero Paese.