martedì 19 gennaio 2010

RUGBY, UNO SPORT TRA STORIA E MITO

La statua di William Webb Ellis nella Public School di Rugby

Tutto ebbe inizio con una corsa. Quella di William Webb Ellis, studente della public School di Rugby, cittadina inglese del Warwickshire, considerato il creatore di una tra le discipline più affascinanti del mondo. Un pomeriggio di novembre del 1823, infatti, gli allievi dell’istituto stavano giocando una partita di pallone tra classi nel Big Side, il terreno di gioco della scuola. Il giovane William, all’improvviso, "con grande disprezzo delle regole del football così com'era giocato a quell'epoca, prese il pallone tra le braccia e corse con quello, dando origine alla principale caratteristica del gioco del rugby". Recita così la targa ancora oggi conservata nel cortile del College, accanto alla statua di Ellis.
La celebrazione di un mito, la storia di un ragazzo di 16 anni povero e di origini irlandesi, alunno in una scuola per ricchi rampolli dell’aristocrazia britannica solo grazie al sussidio concesso dall’esercito inglese, dopo la morte in battaglia del padre James. Sempre ai margini, l’inventore del Rugby. Poi il destino di manifestò sotto forma di gesto rivoluzionario, creatore. Una bella favola di ribellione e libertà. E forse null’altro. L’unica fonte che conferma la storia della folle corsa nel Big Side, infatti, è Matthew Holbeche Bloxam, antiquario e compagno di scuola per qualche anno di Ellis, che per rispondere a una lettera pubblicata sul The Standard, nella quale ci si interrogava sulle origini dello sport ovale, pubblicò un articolo sul Meteor, il giornale della public school di Rugby. L’articolo ricordava l’eretica impresa: “
Nella seconda metà del 1823, circa 57 anni fa, fu provocato, senza alcuna premeditazione, quel cambiamento delle regole che distinse il gioco della scuola di Rugby da tutti gli altri. Un ragazzo di nome Ellis - William Webb Ellis - […] mentre giocava nel Bigside a football in quella metà dell'anno, raccolse la palla tra sue braccia. Stando così le cose, secondo le regole di allora, avrebbe dovuto correre verso l'indietro fin dove avesse voluto, senza lasciare la palla, perché gli avversari potevano soltanto avanzare fino al punto in cui aveva afferrato il pallone, e non potevano attaccare fino a quando lui non avesse calciato la palla o l'avesse piazzata a terra in modo tale che un suo compagno potesse calciarla. […] Ellis, per la prima volta, trasgredì questa regola e, impadronendosi della palla, anziché arretrare, corse in avanti con la palla in mano verso la linea di meta avversaria […]”.
Molti, tuttavia, nutrivano dubbi sulla veridicità della testimonianza così, nel 1895, sette anni dopo la morte del vecchio antiquario, la Old Rugbeian Society, associazione composta da ex allievi della scuola, decise di effettuare ricerche sulla questione. Ne venne fuori che ben pochi, tra coloro che avevano frequentato la Rugby School all'epoca di William Webb Ellis, si ricordavano di lui e inoltre nessuno aveva mai sentito parlare di quella corsa con la palla in mano. È certo, inoltre, che Ellis non ebbe più nulla a che fare con gli sviluppi del rugby successivamente al misterioso gesto del 1823, tanto che in realtà egli praticò il cricket e dopo la scuola divenne sacerdote. Fu un certo Jem Mackie, con un simile gesto negli anni '30, a ottenere una radicale modifica delle regole: la corsa in avanti con il pallone in mano, infatti, fu comunemente accettata dal 1839 e legalizzata nel 1841. Nonostante i meriti di Mackie, però, William Webb Ellis diventerà una leggenda. Il giovane orfano di origini irlandesi, morì il 24 gennaio 1872 a Mentone, in Francia. La sua tomba venne ritrovata solo nell’ottobre 1959, nel cimitero del Vecchio Castello della cittadina sulle Alpi Marittime e divenne subito luogo di pellegrinaggio per gli appassionati di rugby.

Una disciplina sempre al confine tra verità storica e fiaba, quindi, nata nel mito e cresciuta in esso fino ai giorni nostri. Oltre la corsa del giovane Ellis, infatti, troviamo la leggenda del Cucchiaio di legno, riconoscimento simbolico che viene ironicamente assegnato alla squadra che arriva ultima in ogni edizione del Sei Nazioni, antico torneo a cui partecipa dal 2000 anche l’Italia. Storia romantica quella del celebre cimelio, che fu assegnato per la prima volta all'Irlanda e al Galles ex aequo nel 1883. Fino al 1904, infatti, l'utensile esisteva veramente: William Bolton, giocatore inglese, introdusse la tradizione per "gratificare" i colleghi irlandesi, sempre sconfitti. Il cucchiaio, acquistato da Bolton durante una vacanza in Svizzera nel cantone dei Grigioni, era simile a quello che i produttori elvetici di formaggio utilizzavano per girare il caglio. Dal 1904, però, per ignote vicissitudini, di tale “premio” si sono perse le tracce. Una delle innumerevoli leggende che avvolgono il mondo ovale vuole che il Cucchiaio di Legno sia oggi conservato in un austero maniero scozzese nelle isole Orcadi.
Non meno affascinante, poi, è la storia della Calcutta cup, uno dei trofei più antichi al mondo, assegnato per la prima volta nel 1879. A quei tempi
, nella città sul delta del Gange, si trovava una guarnigione composta da molti ufficiali inglesi che pensarono di costituire un club in cui ritrovarsi. Nel dicembre 1877, cinque anni dopo la sua fondazione, il Calcutta Football Club venne sciolto e i dirigenti ebbero l’idea di fondere le monete della cassa sociale per destinarle a un oggetto d'arte che ricordasse gli anni in Asia. Per questo si offrivano 60 sterline al fine di realizzare una coppa da mettere in palio annualmente. La Rugby Union nella madrepatria acconsentì e così vennero fuse le rupie in argento e plasmato il trofeo che ogni anno viene assegnato all'interno del Sei Nazioni, esclusivamente tra Inghilterra e Scozia.
Il presente si nutre di passato, così come la realtà si alimenta di mito.
"Il rugby è trenta uomini che inseguono un sacco di vento" diceva poeticamente Willie John Mc Bride, ex nazionale irlandese, e sembra essere questa la chiave di lettura di uno sport al contempo moderno e romantico.