giovedì 13 dicembre 2018

GOLA DELLA ROSSA E FRASASSI, IL CUORE VERDE TRA JESI E FABRIANO


Eremo dei Frati Bianchi, luogo magico con le sue grotte di arenaria utilizzate dai frati sin dall'XI secolo


Fuori dai borghi antichi, con i loro splendidi siti dall'alto valore artistico e culturale, le Marche offrono diversi e incontaminati paesaggi che non fanno rimpiangere la pur immensa bellezza di musei e palazzi, incastonati come gioielli nei centri storici sfavillanti di unicità. Colline e monti, valli e boschi dell'entroterra creano mille magie per la mente e lo spirito. Carezze per chi sappia meritare la dolcezza della natura.
Non mancano, tuttavia, storia e arte neppure nel mezzo dei verdeggianti e ariosi panorami in cui l'occhio si perde meravigliosamente, nell'assoluto incanto. Il Parco Naturale Regionale della gola della Rossa e di Frasassi è uno scrigno di eternità che si schiude davanti al visitatore. Al pari delle altre perle verdi di cui la regione dai mlle volti può fregiarsi. Il Parco è inserito nel più ampio territorio della Comunità Montana Esino Frasassi.

Paesaggio incantato nella Valle Scappuccia, tra il Monte Predicatore e il borgo di Cerqueto

Costituita nel 1997 per un'estensione di 9167 ettari, il parco Gola della Rossa e Frasassi comprende 3 aree: la gola di Frasassi, con le omonime grotte uniche al mondo, la gola Della Rossa e la valle Scappuccia. Molti gli eremi che si incrociano lungo la via, testimonianze dei fermenti artistici e spirituali che la nobiltà dei luoghi ha sempre suscitato attraverso le epoche.
Come l'abbazia romanica di S.Urbano, avvolta dal silenzio lungo la strada che si snoda tra Cupramontana e Poggio S.Romualdo attraverso paesaggi unici. O il borgo di Avacelli che domina un oceano verde di boschi incontaminati e ai cui piedi è possibile contemplare la poesia della piccola abbazia di S.Ansovino. E poi gli scorci della Valle dell'Esino, colti dal colle dove si staglia Pierosara, e l'abbazia di S.Elena nobilitata dagli splendidi daini che deliziano lo sguardo del visitatore. Senza dimenticare l'eremo dei Frati Bianchi, incastonato nell'arenaria della gola del Corvo a due passi dalla Cupramontana del celebre Verdicchio, assieme alle antiche grotte utilizzate dai frati gia dal XI secolo.
Non c'è modo migliore per assaporare tale grazia che vagabondare di luogo in luogo alla ricerca di ogni scorcio. Di ogni frammento di magnificienza che i mille tesori delle Marche hanno da proporre al mondo.


Interno dell'Abbazia di S.Urbano, straordinario esempio di architettura romanica con presbiterio sopraelevato in stile gotico. Grazie alla particolare posizione e struttura delle aperture poste in fondo all'abside sia sul piano della chiesa sia su quello della cripta, i raggi del sole in diversi periodi dell'anno (Solstizi, equinozi) illuminano gli altari direttamente. Il giorno di S.Urbano, il 25 maggio, i raggi entrano da una delle aperture e cadono esattamente un cerchio scolpito nella pietra.

mercoledì 7 novembre 2018

STUPOR MUNDI E LE SPONDE DELL'AESIS CHE LO VIDERO NASCERE


La Deposizione di Lorenzo Lotto ( 1512), olio su tavola conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Pianetti a Jesi (AN)

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Nel cuore del territorio che regala uno dei vini più rinomati e premiati d'Italia, il Verdicchio, sorge una cittadina che fa della cultura e dell'arte i propri emblemi. Circondata dalle verdi e rasserenanti colline marchigiane, Jesi si presenta allo sguardo del visitatore con le sue mura d'origine romana e quattrocentesca perfettamente conservate. Per poi svelare lentamente i molti segreti del proprio centro storico dominato dalla quiete. Elegante e silenzioso, questo lembo straordinario della provincia anconetana offre infinite possibilità per una avventura nella conoscenza, tra siti, musei ed antichi edifici.
Il nome deriva dal fiume Esino, l'antico Aesis, sulla cui riva sinistra la cittadina sorse da insediamenti umbri. Fu abitata da Etruschi e Senoni, divenne importante colonia romana intorno al 247 a.c. e poi presidio di confine tra Bizantini e Longobardi. 
Unici i paesaggi e i frutti della terra, non da meno le radici culturali. Jesi diede infatti i natali ad uno dei personaggi storici più illustri della sua epoca: l'Imperatore Federico II di Svevia, che nacque il 26 dicembre del 1194 nella piazza principale in una tenda al cospetto del popolo. In quel luogo oggi, oltre al Duomo, sorge il museo dedicato proprio al figlio di Costanza d'Altavilla, Stupor Mundi. Un viaggio appassionante e tecnologico nella vita del grande imperatore.

La galleria degli stucchi di Palazzo Pianetti, a Jesi. Uno dei massimi esempi di Rococò nell'Italia centrale.

Dopo una tappa nel quattrocentesco Palazzo della Signoria, opera di Francesco di Giorgio Martini e sede della biblioteca Planettiana con manoscritti, incunaboli e due rari globi del XVII secolo, ci si immerge nell'opulenza di Palazzo Pianetti, meraviglia Rococò edificata nel 1730. Mozzafiato la sfavillante galleria degli stucchi decorata e dipinta, lunga 70 metri, sulla quale si aprono le sale della Pinacoteca Civica. Nell'incanto di quegli spazi che sembrano emergere da una fiaba vivono alcune tra le opere più significative di Lorenzo Lotto, genio del Rinascimento: dalla Pala di Santa Lucia alla Madonna delle Rose, fino alla Visitazione e alla Deposizione. Palazzo Pianetti ospita anche una mirabile raccolta archeologica e una galleria d'arte contemporanea di gran pregio.
Jesi quindi non è solo il centro di un'area sublime che produce eccellenze enogastronomiche, ma anche un diamante di arte e storia. Tutti questi aspetti meritano di essere esplorati per indagare le radici profonde di una terra di grande fascino. Una perla dell'identità culturale italiana.


Palazzo della Signoria, Jesi (AN). Il monumento civile più imporgtante della cittadina. Iniziato dall'architetto senese Francesco di Giorgio Martini nel 1487 e terminato da Andrea Sansovino nel 1498

giovedì 11 ottobre 2018

IL RINASCIMENTO NELLA TERRA DEI MONTEFELTRO


Galleria Nazionale delle Marche - La Flagellazione, Piero della Francesca (1453). Ritenuta un capolavoro assoluto della Storia dell'Arte, è una delle opere più misteriose di tutti i tempi. Non si conoscono infatti committenza, collocazione originaria, destinazione d'uso e significati.


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Colline boscose e frastagliate vallate verdeggianti guidano verso il maestoso ed elegante profilo di Urbino, i cui inconfondibili torricini progettati da Luciano Laurana guardano verso est. Verso quella culla universale della cultura umanistica che è Firenze.
La splendida città marchigiana tuttavia non sfigura affatto dinanzi al Capoluogo toscano. Dalle sue mura e dai suoi mirabili edifici emanano storia ed arte, architettura ed elevazione culturale. L'identità ricca di sfaccettature e bellezza di uno dei lembi più romantici e mozzafiato delle Marche si condensa ed emerge nella magnificenza di un luogo che è uno dei simboli di ciò che di incredibile e unico l'Italia ha da offrire.
Entrata a far parte del Ducato della potente famiglia Montefeltro nel 1155, Urbino conobbe il proprio massimo splendore con il saggio Federico, alla cui corte lavorarono i più grandi artisti del tempo: da Piero della Francesca a Leon Battista Alberti, fino a Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini. Cuore e anima di Urbino, del suo paesaggio e del genio di tali illustri personalità è sicuramente il Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche.

Galleria Nazionale delle Marche - Veduta della Città Ideale, attribuzione incerta tra Luciano Laurana e Piero della Francesca (1480-1490 ?). Un simbolo del Rinascimento. L'edificio pubblico circolare è al centro; arretrato a destra l'edificio religioso. Sullo sfondo una vaga corona di colline. Unica presenza "viva" due piccioni sul cornicione del primo edificio a destra.

Nelle sue ampie sale si incontrano capolavori assoluti. Nella Sala delle Udienze, ad esempio, si trovano due opere di Piero della Francesca: La Madonna di Senigallia e soprattutto l'affascinante e misteriosa Flagellazione. Nella Sala degli Angeli, poi, troneggia la nota Veduta della Città Ideale, che incanta con la sua armonia e perfezione di spazio e prospettive. Vero emblema del Rinascimento. Ancora nella Sala degli Angeli possiamo ammirare Il Miracolo dell'Ostia Profanata di Paolo Uccello e nel Salotto della Duchessa l'enigmatico Ritratto di Gentildonna di Raffaello, nota come La Muta, con i suoi influssi leonardeschi.
I tesori di Urbino non si esauriscono nel Palazzo Ducale e passeggiando lungo le sue ripide vie si scorgono altri luoghi significativi. Dal Duomo, costruito da Francesco di Giorgio Martini nel '400 e rimaneggiato dopo un sisma da Giuseppe Valadier, alla casa nobile di Raffaello Sanzio, il più celebre figlio della città. Al primo piano dell'edificio si contempla la tenera ed intima Madonna col Bambino, per anni ritenuta opera del padre di Raffaello, Giovanni Santi, ma successivamente attribuita al talento del suo giovane figlio.

Per ulteriori informazioni sulle bellezze paesaggistiche, storiche e culturali della Regione Marche consultare il sito ufficiale di Marche Turismo e il Blog Destinazione Marche


Galleria Nazionale delle Marche - Ritratto di Gentildonna ( o La Muta ) di Raffaello Sanzio (1505-1509). Periodo fiorentino del pittore, con influssi leonardeschi.

giovedì 13 settembre 2018

IGUVIUM, SIMBOLO MEDIEVALE DELL'UMBRIA


Gubbio, Palazzo dei Consoli visto da Piazza Grande


Nel calcare chiaro del monte alle cui pendici è adagiata splende la grazia di Gubbio, uno dei centri culturali più importanti della regione senza mare ma ricca di incanto del centro Italia. 
L'antica Iguvium affonda le proprie radici in epoca preromana, come testimoniano le celebri tavole eugubine incise nel II secolo a.c. in lingua locale e conservate nel museo civico. Importante poi l'eredità lasciata dall'influenza della Città Eterna nel territorio: i resti del teatro romano risalente al I secolo d.c. colgono piacevolmente il visitatore all'ingresso della cittadina. Ma è il Medioevo ad aver regalato a Gubbio la fisionomia che la caratterizza tutt'oggi e ne fa uno dei simboli culturali dell'Umbria.
La cinta muraria e soprattutto il complesso monumentale gotico del Palazzo dei Consoli sono i gioielli di un centro storico meravigliosamente preservato nel rispetto della storia e del paesaggio. Non vi sono infatti locali volgari o insegne eccessivamente appariscenti, venditori di paccottiglia o bancarelle invasive e oltraggiose della bellezza del luogo. E questo è tanto raro, ormai, quanto positivo.

Gubbio, Teatro romano (I sec. d.c.)

Salendo da piazza Grande e lasciandosi alle spalle i capolavori del museo civico di Palazzo dei Consoli, si sale verso il Duomo e il Palazzo Ducale. Altre tappe irrinunciabili. Uno di fronte all'altro gli edifici sembrano sorridersi, testimoni di come arte, cultura e spiritualità dialoghino da secoli e trasmettano alle generazioni la propria energia. Quella che si coglie anche nel museo diocesano posto all'interno della struttura del Duomo e aperto al pubblico con tutti i suoi tesori.
Sono molteplici i luoghi di splendore che giustificano, anzi impongono una visita a Iguvium. Tanti da non poter essere elencati per non tediare. Chiese e rocche, paesaggi e scorci, l'emozione che dà il solo girovagare tra i vicoli stretti dominati dal respiro dei secoli. 
Gubbio è un frammento d'infinito regalato agli uomini, per far loro capire quanto sia importante rispettare cultura e natura specie in un'epoca in cui appare impellente il bisogno di conoscere da dove si venga per capire dove si debba andare. 


Gubbio, Duomo. Particolare dell'interno-abside

lunedì 6 agosto 2018

LE SCULTURE MAGICHE CHE POPOLANO IL BOSCO SACRO


L'orco, uno dei simboli del Bosco Sacro di Bomarzo.


Misteri ed enigmi di pietra avvolti nella natura selvaggia del bosco incantato di Bomarzo, suggestivo borgo nella terra del tufo in provincia di Viterbo. La Tuscia laziale, i cui paesaggi ameni e unici sorprendono sempre il visitatore che sa riconoscere la bellezza e ne ama la grandezza poetica, non esaurisce mai i propri tesori d'arte e storia. Il Sacro Bosco, comunemente noto come Parco dei Mostri, è un luogo di magia e favola con le sue sculture inquietanti e fascinose al contempo.

La Casa pendente disorienta e confonde, ma non si potrà fare a meno di ammirarla


Un complesso ideato dal principe Pier Francesco Orsini nel 1552 e realizzato dal genio visionario di Pirro Liborio che scolpì giganteschi massi ricavandone figure oniriche e surreali. Creature plasmate nella roccia e rese ancor più evocative dal contesto naturale in cui si inseriscono.
Il percorso si snoda infatti in un'area collinare verdeggiante dove spiccano le imponenti opere d'arte di Liborio. Gli alberi e le piante sembrano dialogare con le rocce scolpite evidenziandone la potenza immaginifica. Animali mitologici e figure umane spaventose e grottesche sembrano nascere direttamente dal terreno, traendo nutrimento dalla vegetazione alla stregua di frutti da cogliere.
Un sito unico che si differenzia dai classici giardini all'italiana rinascimentali e che merita d'essere contemplato assieme alle sue sculture i cui criteri di realizzazione sfuggono ancora oggi anche ai più appassionati studiosi. Le opere infatti sono accompagnate da didascalie criptiche che alimentano l'aura di arcano dominante come un incantesimo sull'intero luogo.
Il Parco dei Mostri è lì che attende con la propria ermetica maestosità le persone curiose il cui animo sarà rapito dalle emozioni che i massi scolpiti dalla fantasia e dal sogno riescono a suscitare dopo secoli.  


Il Proteo Glauco attende il visitatore tra le fronde verdeggianti

lunedì 2 luglio 2018

MONTE CORNACCHIA, MAGIA TRA LAZIO E ABRUZZO


Lungo il sentiero in cresta verso il monte Cornacchia, tra Abruzzo e Lazio



Per esplorare luoghi selvaggi e incantati non c'è bisogno di affrontare viaggi intercontinentali. Basta guardarsi attorno, perché a poca distanza dalla città l'Italia offre ad ogni latitudine occasioni d'incontrare lo splendore. Ad un paio d'ore d'auto da Roma, ad esempio, la magia delle montagne tra Lazio e Abruzzo si svela al visitatore.
Da Villavallelonga, silenzioso borgo abruzzese adagiato al termine di uno stretto pianoro che si snoda verso sud da Avezzano, nel verde di boschi secolari in cui vivono leggende antiche dialogano sentieri che salgono tortuosi verso le molte cime dei dintorni. Una di queste è il monte Cornacchia, un duemila che sovrasta la cittadina laziale di Sora, lungo il confine tra aquilano e frusinate all'interno del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise.
Subito dopo l'attacco del sentiero, appena fuori dal paese, ci si inoltra in un bosco fitto di alti faggi i cui colori vividi fluttuano nell'aria giocando con i raggi del sole che filtrano dalle folte chiome, per poi ricomporsi in sfumature sfuggenti. Il terreno è cedevole a causa delle foglie depositatesi nella quiete del tempo. Oltre un'ultima sporgenza, all'improvviso, si schiude allo sguardo la maestosità degli spazi fino a quel momento chiusi dal bosco.
Per chilometri in ogni direzione nulla è nascosto in quella delizia. Dorsali e forre, colline ondulate e aspri costoni. Tutte le tonalità del grigio e del blu, tra rocce e cielo, si uniscono al verde uniforme delle alberature che vestono come un mantello pendici lontane. Ora il sentiero si indurisce di sassi affilati lungo la cresta che sale decisa ma regolare. 
Si giunge infine al culmine, in vetta. E la fatica viene ripagata dalla consapevolezza d'aver assaporato qualcosa di intenso e delicato al contempo. Un viaggio nel fulgore poetico dell'Appennino. Magnificenza a due passi da Roma.


Panorami selvaggi e incantati verso la cima del monte Cornacchia, al confine tra Abruzzo e Lazio

mercoledì 6 giugno 2018

S.PRISCA, IL MITREO NELLA QUIETE DELL'AVENTINO


Mitreo di S.Prisca, particolare dello speleum, la grotta dove il Dio sarebbe nato. Qui è rappresentato un inconsueto Saturno sdraiato: il suo corpo è realizzato con anfore e stucco.


Il silenzio aiuta a capire e riflettere. Ed è molto positivo, specie quando ci si immerge nei secoli di cultura, storia e bellezza che una città come Roma sa offrire. Sono pochi però i luoghi nel centro della Città Eterna al riparo dal frastuono sguaiato della movida e del turismo di massa.
Uno è sicuramente l'Aventino, magnifico colle ricolmo di mirabilie. Un sito straordinario da visitare in quel millenario lembo di unicità è il Mitreo di S.Prisca, antichissimo luogo di culto pagano posto al di sotto dell'omonima chiesa.
Il santuario rinvenuto nel 1934 dopo una campagna di scavi è dedicato alla divinità d'origine orientale Mitra e fu costruito sopra un edificio più antico che risaliva al I secolo dopo Cristo. Per cancellare la memoria di quell'arcaica religione le cui origini si perdono nei reconditi meandri del tempo fu realizzata al di sopra del mitreo la chiesa di S.Prisca, appunto. Per fortuna il proposito non si realizzò: quella preziosa testimonianza non solo non si perse, ma venne evidenziata proprio dalla presenza dell'edificio cristiano sopra di essa. 
Avventurarsi nell'atmosfera affascinante del mitreo significa sfiorare con gli occhi il susseguirsi delle epoche storiche. Ammirare lo speleum, la grotta dove il Dio sarebbe nato, è un autentico spettacolo. Qui è rappresentato un inusuale ed ammaliante Saturno sdraiato composto da anfore e stucco. Visibili anche alcuni affreschi sulle pareti laterali dedicati ai vari gradi di iniziazione attraverso cui passavano gli adepti nel loro percorso. 
Filosofia, religione, storia e cultura si abbracciano, emanando un fascino magnetico in quest'area lontana dagli schiamazzi che spesso impediscono di comprendere il valore di tutto ciò che è Roma. L'immensa ricchezza artistica di una delle città più preziose del mondo. 

Mitreo di S.Prisca, particolare dello speleum, la grotta dove il Dio sarebbe nato. Qui è rappresentato un inconsueto Saturno sdraiato: il suo corpo è realizzato con anfore e stucco.

venerdì 18 maggio 2018

L'INCANTO DEL MONTE CHE DOMINA PESCASSEROLI


La piana di Pescasseroli dal sentiero che porta alla vetta del monte Palombo. La cittadina è sullo sfondo

L'Appennino regala sempre paesaggi e scorci indimenticabili. Come quelli che si godono dalla vetta del Monte Palombo che domina la piana di Pescasseroli, centro turistico della provincia aquilana all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Siamo nel cuore della regione e ovunque si guardi una volta giunti in cima al suggestivo "duemila" l'occhio incontra solo la maestosità delle montagne.
A seconda della stagione, poi, il verde vivido dei boschi e delle radure può unirsi al bianco della neve che resiste sui crinali e sui pianori fino a primavera inoltrata. Il silenzio e il vento regnano lassù, assieme alla serenità che l'uomo può ritrovare facendo spaziare lo sguardo oltre i picchi.
Lungo il sentiero la velocità è solo quella dei passi leggeri e la voce da ascoltare è quella del proprio respiro. Senza la frenesia che giù a valle, in città, permea le vite e le giornate. Nulla deve forzare l'equilibrio delicato del momento, di quella pausa da noi stessi. 
Vale la pena di salire in quota solo per ammirare la perfezione e l'armonia, la bellezza al contempo carezzevole e dirompente, impetuosa. L'aria decisa e fredda ci risveglia l'anima e ci scuote dal torpore dell'abitudinarietà. Vivere la natura oggi è il grande atto di ribellione ai nostri tempi aridi. Il vero anticonformismo.


I pendii del monte Palombo sono avvolti da boschi verdeggianti e rigogliosi

venerdì 27 aprile 2018

TRA TUSCIA E SABINA UN LEMBO DI LAZIO DA SCOPRIRE



S. Oreste (Monte Soratte), chiesa di S. Maria Hospitalis, affresco "La Madonna in Trono" avvicinato alla scuola di Piero della Francesca


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Ogni luogo un paesaggio sorprendente, ogni borgo un tesoro da scoprire. Il Lazio è una terra straordinariamente ricca di bellezza e storia. Roma ne è simbolo, ma non depositaria esclusiva. A due passi dalla Città Eterna infatti il visitatore può incontrare scorci meravigliosi meritevoli d'essere contemplati. 
A nord della Capitale, ad esempio, in quel lembo pregevole compreso tra la Tuscia e la Sabina lungo il cammino millenario del Tevere nel suo viaggio verso il mare, è emozionante girovagare ammirando l'inestimabile poesia della natura e della cultura.
Posti in cui è bellissimo sia tornare, proprio perché li si conosce, sia guardarli per la prima volta innamorandosene. 
Come il palazzo-castello dei Del Drago a Filacciano, il cui ingresso è preceduto da una scenografica corte di case e da un'ampia scalinata che dà accesso al borgo. Oppure l'austero profilo di Torrita Tiberina che domina la Valle del Tevere, in quel punto tutelata come riserva naturale, al pari della  vicina Nazzano e il suo mirabile castello Savelli
Fino a Civitella S.Paolo dove il fiabesco castello degli omonimi monaci, recentemente restaurato, caratterizza il centro abitato arroccato su uno sperone tufaceo immerso nel verde. Come non fermarsi infine alle pendici del Monte Soratte, terra di eremi e silenzio, specie se si arriva in cima a godere di una vista impareggiabile
Imperdibile la piccola chiesa di S.Maria Hospitalis, poco fuori dalle mura di S.Oreste, borgo all'ombra del monte. L'edificio sacro conserva rilievi carolingi e numerosi affreschi, come la meravigliosa Madonna in Trono, avvicinata alla scuola di Piero della Francesca.
Al di fuori dei classici e massificati itinerari turistici, il Lazio del nord offre moltissimo a chi sia in grado di apprezzare l'arte, la natura e la storia. D'altronde l'Italia è un Paese speciale proprio per questo: l'incanto diffuso. Ad ogni angolo. Speriamo di dimostrarci degni di tanta fortuna. 

Il Tevere visto da Torrita Tiberina. In quel punto la valle del fiume di Roma è tutelata da una riserva naturale.

domenica 11 marzo 2018

TRIDENTUM, PASSATO E MODERNITÀ NELL'ABBRACCIO DELLE DOLOMITI




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Una città nata nel I secolo avanti Cristo in un punto strategico e da lì sviluppatasi attorno alle proprie molteplici identità culturali ed artistiche. L'anima multiforme di Trento, l'antica Tridentum romana sorta a controllo della Valle dell'Adige e del principale asse di collegamento tra Europa centrale e mediterranea, è visibile nei diversi musei e siti archeologici ben tenuti e ancor meglio organizzati della città.
Viaggiare nei secoli rigorosamente a piedi o in bicicletta in un territorio a forte vocazione green è imperativo per il visitatore.


Spazio Archeologico sotterraneo del Sas, la Trento romana. Particolare di una scultura

Così è possibile vivere al meglio ogni affascinante aspetto del luogo iniziando dallo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas, quartiere centrale abbattuto negli anni '30 del '900, o di Piazza Lodron. Siti venuti alla luce e valorizzati dopo lavori di scavo e restauro rispettivamente del Teatro Sociale e di Palazzo Lodron. Due tappe importanti per conoscere la Trento romana proiettando lo sguardo sui 2000 anni successivi, dalla fase tardo antica al novecento passando per il rinascimento.


Trento, Piazza Duomo con il duomo romanico ultimato nel 1321 e il Palazzo Pretorio, sede del Museo Diocesano Tridentino

Periodi storici conoscibili più approfonditamente in altri musei del centro. Come quello Diocesano Tridentino ad esempio, uno dei primi in Italia fondato nel 1903. Scrigno delle più belle opere provenienti dalle chiese della diocesi, appunto. Patrimonio inestimabile di arte e identità del territorio, con ricche produzioni che simboleggiano la complessità della storia di quell'angolo d'Italia. Nel museo si trovano infatti opere che vanno dal XIII al XIX secolo, di artisti austriaci, lombardi e veneti oltreché locali.
Da non perdere poi la Basilica paleocristiana di S. Vigilio, sotto la cattedrale. Lo spazio archeologico narra di un sito sorto probabilmente verso la fine del IV secolo. L'antico edificio deve la sua origine alla sepoltura dei Santi Sisinio, Martirio e Alessandro, ai quali si aggiunsero successivamente le spoglie di Vigilio, patrono di Trento. Scenario che abbraccia secoli densi di fede e storia.

Il castello del Buonconsiglio, veduta di Castelvecchio. Al centro la bellissima loggia Veneziana con gli archi trilobati

Su tutta questa meraviglia svetta, metaforicamente e fisicamente, il profilo del Castello di Buonconsiglio, simbolo della città. Un gioiello che ne custodisce molti altri, con le sue sale traboccanti di dipinti e arazzi, sculture e affreschi, storie ed emozioni. L'edificio poi è un'opera d'arte in sé: dal Castelvecchio al Magno Palazzo sarebbe stucchevole elencare quanta bellezza viva nella fortezza. Sufficiente sottolinearne l'unicità. Irrinunciabile la visita, separata dal resto del sito, alla Torre Aquila e ai suoi mirabili affreschi relativi al ciclo dei mesi: un documento prezioso della vita in Trentino tra la fine del '300 e l'inizio del secolo successivo.

All'interno della Torre Aquila sono visibili gli splendidi affreschi del ciclo dei mesi. Oltre alla meraviglia artistica un documento prezioso sulla vita in Trentino tra la fine del '300 e l'inizio del secolo successivo

Dall'antico al moderno. Anzi, al futuro. Sulle sponde dell'Adige appena ad ovest del centro storico troviamo il Muse, Museo delle Scienze, all'interno di una struttura costruita, come l'adiacente quartiere Le Albere, dal celebre architetto Renzo Piano. L'intera area è un inno all'ecosostenibilità e agli spazi verdi, con l'utilizzo di materiali innovativi e green. Il Muse ha un aspetto avveniristico e una vocazione educativa al proprio interno. Un sentiero che si snoda nei meandri della conoscenza, dalle origini della vita sulla Terra fino al cielo e al sottosuolo. Senza dimenticare l'uomo, la sua evoluzione e la sua storia. Uno sguardo al futuro che non può prescindere dall'analisi del passato e del presente.
Tridentum ha tutto questo da offrire e anche di più. La bellezza attende.


Uno sguardo nel futuro al Muse, il Museo delle Scienze di Trento

domenica 4 febbraio 2018

IL BORGO CHE CUSTODISCE L'EREDITÀ DEL POPOLO FALISCO


Forte Sangallo di Civita Castellana - Cortile interno

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Tra le forre e le rupi tufacee scavate dall'acqua e dall'uomo nei secoli, spiccano mura che abbracciano borghi suggestivi sorti in una terra dai colori intensi, figli dell'energia di antichi vulcani. Siamo nel nord del Lazio, in quell'angolo di Tuscia appena ad ovest della valle del Tevere, confine naturale con la Sabina. 
Qui, dove la via Amerina simboleggia il legame di arte, cultura e popoli tra Roma e l'Umbria si è creato nel tempo un mosaico unico di identità che vivono ancora oggi. Civita Castellana è la capitale dei Falisci, fiero popolo le cui origini si perdono nei meandri del mito e del passato, incrociando i destini di altre genti del tempo come Etruschi e Capenati, Veienti e Romani. Questi ultimi conquistatori della città nel 241 a.c.
Dopo molteplici vicissitudini che portarono all'affermazione della civitas come sede vescovile e terreno di scontro tra Impero e Papato, si giunge all'epoca dei Borgia, a cui si deve l'edificazione del simbolo del borgo: il forte Sangallo. Alla fine del '400 per volontà di Alessandro VI si inizia infatti a costruire un grande edificio che si svilupperà in seguito sia come fortezza militare sia come sontuoso palazzo rinascimentale. Gli artefici di questo capolavoro furono prima Sangallo il Vecchio e poi il Giovane, che concluse l'opera sotto Papa Giulio II nel 1513.

Museo Archeologico dell'Argo Falisco all'interno del Forte Sangallo di Civita Castellana - particolare di una biga falisca

Al primo piano dell'edificio è ospitato il museo Archeologico dell'Agro Falisco, la storia di questa terra. Imperdibile per bellezza e ricchezza la visita a Civita Castellana porta dal Forte alla Cattedrale romanica di S. Maria Maggiore, costruita sui resti di una chiesa più antica (VIII-IX sec.) di cui si conservano molti elementi altomedievali. La facciata è una perla realizzata dai Cosmati, famiglia di marmorari romani. L'interno subì modifiche nel XVIII secolo ma il connubio di generi crea un'atmosfera unica. 
Come quella che si respira tra i vicoli del paese, pittoreschi e tipici di quel luogo nato dal tufo e dalle rocce vulcaniche. Un territorio impareggiabile sotto il profilo paesaggistico e culturale. Una vetrina di bellezza che riserva infinite meraviglie. I borghi della via Amerina attendono gli animi che vogliono ascoltare il silenzio che narra le vicende della storia, assaporando le sfumature cangianti di luoghi unici. 


Cattedrale romanica di S. Maria Maggiore - Facciata

mercoledì 10 gennaio 2018

BRONZI DORATI E ANTICHI MONASTERI, GLI INFINITI TESORI DELLE MARCHE





Girovagando tra i pendii accoglienti delle candide colline marchigiane si incontra il silenzio nei colori di una terra incantata, in cui ogni luogo costituisce una scoperta. Al confine tra le Province di Ancona e Pesaro Urbino, all'interno del territorio di quest'ultima, si trovano due simboli di quell'Italia d'infinita storia e bellezza in cui viviamo.
Perle tanto meritevoli d'essere conosciute quanto, purtroppo, poco note al grande pubblico di turisti che in ogni periodo dell'anno visitano questa parte della Penisola.
I Bronzi Dorati da Cartoceto, esposti nel Museo Civico di Pergola, grazioso centro dell'entroterra pesarese, e il monastero Camaldolese di Fonte Avellana, a pochi chilometri di distanza verso sud, sono gioielli paesaggistici e storici da ammirare. Capolavori dell'uomo che vivono nella natura. Arte e paesaggio uniti in un abbraccio che forma l'identità di una terra.
Il gruppo noto come "Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola" è uno dei pochi grandi complessi scultorei equestri dell'antichità giunti fino a noi. Paragonabili per imponenza e importanza solo ai cosiddetti "Cavalli di S. Marco" di Venezia o al Marco Aurelio dei Musei Capitolini di Roma.
La grande scultura di bronzo era molto amata nel mondo antico per la robustezza con cui essa sfidava il tempo. Una fiducia ben riposta se pensiamo che solo per colpa dell'uomo molte di queste creazioni non sono sopravvissute ai secoli. Il valore del metallo, infatti, sempre scarsamente disponibile almeno fino all'arrivo del rame dal Nuovo Mondo, fecero sì che non solo la furia iconoclasta cristiana e islamica, le guerre e i saccheggi, ma anche, e soprattutto, il quotidiano bisogno divorasse questi magnifici tesori.
Non a caso la maggior parte di questi reperti sopravvissuti sono quelli precedentemente interrati e nascosti così alle brame umane.

Il caleidoscopio di colori autunnali delle colline attorno al monastero di Fonte Avellana

Il monastero di Santa Croce a Fonte Avellana, pochi chilometri a sud di Pergola sempre nel territorio della Provincia di Pesaro Urbino, è situato alle pendici verdeggianti del Monte Catria, a 700 metri d'altezza. Le sue origini si collocano alla fine del X secolo, intorno al 980, quando alcuni eremiti scelsero di costruire le prime celle di quello che successivamente sarebbe divenuto l'attuale luogo sacro. La spiritualità di questi uomini fu influenzata da S. Romualdo da Ravenna, padre della congragazione benedettina camaldolese.
Un sogno di sfumature e profumi, pace e poesia che si respira contemplando scorci splendidi in connubio con la natura, riscoprendo l'importanza della preservazione di ciò che è nobile. 
Due siti unici, due doni del passato che vivono nel presente ricordando all'uomo d'oggi, spresso solo e sradicato, quanto siano importanti le radici per trarre nutrimento per la propria anima.

Per maggiori informazioni sulle bellezze paesaggistiche, storiche e culturali della Regione Marche consultare il sito ufficiale di Marche Turismo e il Blog Destinazione Marche


Veduta del Monastero camaldolese della Santa Croce di Fonte Avellana (X secolo), incastonato nel paesaggio unico dell'entroterra marchigiano.