martedì 6 dicembre 2022

UNA MISTERIOSA PIRAMIDE NELLA TERRA DEGLI ETRUSCHI

 

La piramide etrusca di Bomarzo (VT), probabilmente un altare rupestre etrusco-romano

Gli sparuti, timidi raggi solari non riescono a mitigare il freddo pungente di una mattinata di fine autunno. Il clima rigido però non può neppure minare la voglia di scoperta e avventura nella natura e nella storia millenaria di uno degli angoli più suggestivi e ricchi di mistero della Tuscia viterbese.

Ai piedi della scalinata


L'area di Bomarzo, affascinante borgo a nord di Viterbo famoso per il Bosco Sacro e le sue enigmatiche sculture, è un autentico scrigno di gioielli paesaggistici e storico archeologici da scovare ed ammirare. Sono innumerevoli, infatti, le testimonianze e i reperti dal grande valore culturale che affiorano dalla fitta vegetazione. Un luogo magico in cui il visitatore incontra miti e leggende le cui origini si perdono nei meandri del tempo, e percepisce la grandezza dell'eredità che le passate civiltà hanno lasciato all'oggi.

Particolare della lunga scalinata che porta alla sommità del monolite


Uno di questi straordinari tesori è la cosiddetta Piramide etrusca, un manufatto plasmato nella roccia tufacea d'origine vulcanica, la cui resistenza ha consentito alla struttura di rimanere praticamente inalterata dopo millenni. Si rimane subito colpiti dalla maestosità e dalla particolarità di questa opera incredibile, nascosta dall'abbraccio del bosco a circa 30 minuti di cammino dal luogo più vicino in cui si può lasciare l'automobile.

La sommità del monolite. Non si scorgono tracce di lavorazioni o incisioni


Il sentiero non presenta particolari difficoltà, tranne un passaggio leggermente scosceso, poco prima di arrivare alla meta, nei pressi della "Finestraccia", originariamente una tomba etrusca utilizzata poi nel corso dei secoli come abitazione. L'ampio spazio che si apre attorno alla piramide è stato pulito dalla vegetazione infestante nel 2008 da Salvatore Fosci, abitante del luogo, a cui si deve anche la riscoperta del sito e del manufatto stesso con un'opera di divulgazione e promozione che non si è mai arrestata. Grazie a quest'impegno meritorio, è possibile ora godere del silenzio e dei colori brillanti dei pendii e delle vallate in una mattinata d'autunno.

Uno sguardo dalla sommità


Giunti dinanzi alla piramide ci si trova ai piedi di una lunga scalinata, composta da 28 gradini alcuni dei quali larghi circa un metro, altri fino a quattro. E forse altri sono nascosti nel terreno mai scavato che ricopre la base della struttura. Salendo si notano nicchie, rientranze, vaschette e sistemi di canalizzazione incisi nel peperino, forse creati per far defluire liquidi prodotti da antichi riti sacrificali.

Si pensa che vi possano essere parti del manufatto ancora nascoste dai depositi di terra che potrebbero emergere se venisse realizzato uno scavo archeologico nell'area
 

In cima alla scala due aperture nella roccia e una seconda scala che porta alla sommità, piatta tranne alcuni rialzi ai lati. La piramide raggiunge un'altezza di circa 8 metri dal lato del monte e 16 dal lato che guarda a valle. Numeri comunque approssimativi, considerando il probabile interramento nel corso del tempo di ulteriori parti del monolite.

Particolare dei vani posti sotto la sommità della piramide


Diverse le ipotesi sull'utilizzo della piramide, da altare etrusco-romano a punto di avvistamento per la difesa del territorio, fino all'idea di un monumento funerario. Chissà quanti dubbi potrebbero essere fugati e quanti segreti potrebbero essere rivelati se si iniziasse uno scavo archeologico attorno alla struttura, come si augurano i tanti che amano quel sito e le sue bellezze, tra cui Francesca Ceci, archeologa e autrice, assieme allo stesso Salvatore Fosci e all'ingegnere Luciano Proietti di un interessante libro dal titolo "I misteri della Piramide di Bomarzo, indagine sulle origini dell'enigmatico monolite nascosto nei boschi viterbesi", edito da Intermedia.

La "Finestraccia", antica tomba etrusca utilizzata nel tempo anche come abitazione, lungo il sentiero che porta alla piramide.


Un luogo ancora poco noto, nonostante gli sforzi per promuoverlo, ma la Piramide di Bomarzo rappresenta uno dei simboli della Tuscia. Una terra d'infinita bellezza, da proteggere e valorizzare con rispetto, che non smette mai di stupire e rapire l'immaginario di chi vuole viverla. Anche in una rigida giornata di fine autunno.

Splendido panorama che si apre alla vista lungo il sentiero che porta alla piramide, all'altezza della "Finestraccia"


martedì 7 giugno 2022

IL PARCO DEL PAPA, TESORO DELL'ANTICA TIBUR

La cascata di Villa Gregoriana a Tivoli
 

Acqua turbinosa che cade in un ripido salto di rocce verdeggianti, tra maestosi templi e grotte scavate dai millenni. Poi alberi secolari aggrappati ad alte pareti e vestigia di ville romane che impreziosiscono un paesaggio unico.

Scorcio di Villa Gregoriana con il tempio Rotondo in lontananza


Ovunque l'orgoglioso suono del fiume che scorre attraverso le gallerie volute da Gregorio XVI assieme al parco che le racchiude. Villa Gregoriana è uno dei gioielli di Tibur, l'odierna Tivoli. Borgo straripante di storia che guarda Roma da est, adagiato sulle prime alture del Subappennino laziale, le cui radici affondano nel mito e nei millenni.

Il piccolo lago creato dalle acque della cascata a Villa Gregoriana


Autentico scrigno di meraviglie culturali e paesaggistiche, Tivoli offre molte occasioni per una visita che abbracci epoche lontane, dall'antica Roma all'800. Dall'imponente complesso di Villa Adriana alla splendida Villa d'Este, fino alla fortezza di Rocca Pia e al santuario di Ercole Vincitore. Non meno interessante però quel parco con la sua celebre cascata artificiale e i suoi meravigliosi templi che dominano pendii scoscesi.

Sbocco delle due gallerie artificiali volute da Papa Gregorio XVI nel 1832 per incanalare le acque del fiume Aniene attraverso il monte Catillo risolvendo il problema delle esondazioni in città


Villa Gregoriana nacque dopo il completamento di un'incredibile opera di ingegneria idraulica nel 1832. Papa Gregorio XVI promosse lo scavo di un doppio traforo nel monte Catillo, alle spalle della villa, per contenere le frequenti esondazioni del fiume Aniene, incanalandone le acque e dando vita allo spettacolare salto di 120 metri della Nuova Cascata Grande, che tutti oggi possono ammirare e secondo in Italia per altezza solo dopo le Marmore in Umbria.

Resti della villa del console romano Manlio Vopisco (II sec. d.c.) all'interno del parco


Terminata questa gigantesca impresa il Pontefice creò il parco che porta il suo nome e che è meta di visite per chiunque ami la storia, la natura, la bellezza. Quando nel 2002 l'Agenzia del Demanio lo dà in concessione al FAI, Fondo per l'Ambiente Italiano, il sito versa in grave condizione di degrado e abbandono. Grazie all'impegno del Fondo nel 2005 la villa viene riaperta al pubblico con un percorso affascinante e romantico che fa rivivere atmosfere da Grand Tour tra sentieri alberati, profumi, scorci e reperti archeologici.

Resti della sontuosa villa del console Manlio Vopisco (II sec. d.c.) che si incontrano lungo il percorso di Villa Gregoriana


Si scende dapprima lungo il fianco della collina che lambisce la cascata, contemplando il salto in tutta la sua straordinarietà assieme alla parte terminale delle due gallerie volute da Gregorio XVI. Successivamente si incontrano i resti della villa del console Manlio Vopisco (II sec. d.c.) per poi fermarsi presso la radura di Ponte Lupo, al di sopra del piccolo lago creatosi ai piedi della cascata. Risalendo a quel punto il sentiero sul versante opposto si segue la voce dell'acqua fino alla grotta di Nettuno, suggestiva cavità naturale da cui sgorga un rivolo spumeggiante.

La Grotta di Nettuno con le sue acque che sgorgano dalla roccia


Il viaggio si conclude in cima alla ripida collina, ai margini dell'acropoli, dove i due templi simbolo dell'area dominano il paesaggio. Sono il tempio Rettangolare e quello Rotondo, di età romana. Il più antico è il primo, risalente al 150 a.c. circa, e forse dedicato al leggendario fondatore di Tibur, Tiburnus. Il tempio Rotondo invece risale al 100 a.c. circa, forse dedicato alla Sibilla Albunea o ad Ercole, e costruito su un terrazzamento artificiale funzionale a contenere e sfruttare al meglio il versante roccioso. Nel medioevo entrambi i templi furono trasformati in chiese: S. Giorgio e S. Maria Rotonda.

Il Tempio Rotondo (100 a.c.circa) fu dedicato Sibilla Albunea o ad Ercole e nel medioevo trasformato nella chiesa di S. Maria Rotonda.


Villa Gregoriana tra le molteplici perle di Tivoli è esempio di come il recupero di beni culturali possa regalare alla collettività tesori inestimabili spesso dimenticati. Salvare storia e natura significa preservare l'anima delle comunità, le radici da cui trarre linfa vitale per il futuro.

Il Tempio Rettangolare, dedicato forse al leggendario fondatore della città, Tiburnus. Nel medioevo l'edificio venne trasformato nella chiesa di S. Giorgio


martedì 31 maggio 2022

LA RUPE DI VICOVARO, TRA S. BENEDETTO E L'ANTICO ACQUEDOTTO


Eremi di S. Benedetto a Vicovaro (RM), Ex oratorio di S. Michele con affreschi


Il subappennimo laziale, una fascia sottile e stupenda di territorio tra la Capitale e l'Abruzzo che da nord a sud corre dalla Sabina al confine campano, costituisce uno scrigno di infiniti tesori, mete perfette per escursioni che uniscano cultura e avventura, natura e arte.
I monti Lucretili rappresentano uno dei gioielli di questo tesoro, propaggine meridionale dei monti Sabini e parco regionale. Un'area ricca di bellezza a pochi chilometri da Roma, all'interno della quale è situato il comune di Vicovaro. Qui è possibile incontrare luoghi dal grande fascino naturalistico e storico, ripide gole e fitti boschi, ma anche antiche chiese, eremi e vestigia romane. Il tutto impreziosito ulteriormente dalla bontà dei prodotti enogastronomici locali.

Eremi di S. Benedetto a Vicovaro (RM), veduta della gola dal sentiero che scende verso l'acquedotto


Gli Eremi di S. Benedetto sono sicuramente il simbolo di Vicovaro, un luogo irrinunciabile da conoscere. È possibile farlo prenotando una visita con una guida volontaria preparata e gentile come Federico (3484327797), che accompagna turisti e appassionati alla scoperta delle grotte del Santo e dell'acquedotto Claudio, percorribile per un lungo tratto. Basta una piccola torcia, anche quella dello smartphone andrà benissimo, abbigliamento sportivo e curiosità. Anche un po' di attenzione a non urtare, ad esempio, la testa nei passaggi più stretti. Ma a questo proposito vengono messi a disposizione dei caschi a protezione.

Inizio del sentiero degli eremi


Una passeggiata nei secoli da non perdere, immergendosi nella natura e nel silenzio della gola in fondo alla quale scorre l'Aniene. Suggestivo il sentiero scosceso che conduce dall'entrata agli eremi e poi all'acquedotto e il panorama mozzafiato riempe di meraviglia.

Il sentiero che scende verso l'acquedotto Claudio


L'intero luogo deve la propria notorietà alla permanenza nel 503 d.c. del Santo di Norcia. Attraverso il percorso scavato nella roccia Federico guida il visitatore, prima di giungere al tratto di acquedotto, nell'eremo denominato "Ex oratorio di S. Michele", dove avvenne un tentativo di avvelenamento di S. Benedetto. Da ammirare gli affreschi seicenteschi.

La gola e l'Aniene


Successivamente si scende lungo il ripido passaggio aggrappato alla parete, con affaccio sul fiume, fino all'imbocco di un tratto di circa 200 metri dell'antico acquedotto Claudio oggi prosciugato. Un'esperienza unica che lascia emozioni di avventure ed esplorazioni.

Una delle grotte nel territorio di Vicovaro in cui S. Benedetto visse da eremita nel 503 d.c.


Meritevole anche una visita al borgo di Vicovaro, a pochi chilometri di distanza, con l'imponente cinta muraria che abbraccia il nucleo originario e soprattutto il bellissimo tempietto di S. Giacomo Maggiore, fatto erigere per volere di Giovanni Antonio Orsini nel 1448. Uno dei più rilevanti esempi di architettura gotico rinascimentale del Lazio.

Tempietto di S. Giacomo Maggiore a Vicovaro (RM), uno dei migliori esempi di architettura gotico rinascimentale nella regione.


Con la sua storia e bellezza Vicovaro e l'area dei monti Lucretili ci dimostrano, come se ve ne fosse bisogno, che nella Regione c'è un'infinità di luoghi da conoscere oltre Roma, e che in Italia anche il più piccolo borgo racchiude un universo da incontrare.

Una delle formazioni naturali che si incontrano scendendo lungo il sentiero degli eremi di S. Benedetto a Vicovaro (RM)

lunedì 16 maggio 2022

IL CRISTO SVELATO DALLA GUERRA BENEDICE DALLA ROCCIA DI COTTANELLO

Affresco in stile bizantino del Cristo benedicente (XII sec.) su un trono gemmato affiancato dai 12 Apostoli. L'opera nell'Eremo di S. Cataldo a Cottanello (RI) venne alla luce solo nel 1944 quando i tedeschi in ritirata fecero saltare un ponte nelle vicinanze. L'esplosione danneggiò un affresco più recente che copriva quello più antico del Redentore.

 

La Sabina custodisce innumerevoli tesori. Una terra di fascino, storia e natura. Come a Cottanello, ameno borgo immerso nel verde e nel silenzio tra gli uliveti e i fitti boschi dei monti reatini. Una meta perfetta per una gita all'insegna della cultura e dell'avventura. Senza dimenticare le delizie enogastronomiche, non meno interessanti e meritevoli dei luoghi d'arte.
Il piccolo centro è grazioso e ben tenuto. Visibili le opere di recupero e ristrutturazione che hanno reso maggiormente accoglienti vicoli e palazzi. Una passeggiata interessante con lo sguardo del visitatore che spazia tutt'attorno. I passi conducono allora in direzione del vero fiore all'occhiello dell'area: quell'Eremo di S. Cataldo incastonato nella parete calcarea, in un punto da cui si gode una vista unica sulla stretta vallata ai piedi del colle su cui sorge il paese.

Cottanello vista dall'Eremo di S. Cataldo


Un luogo sacro le cui origini si fanno risalire al X secolo, quando i monaci benedettini lo utilizzarono come rifugio. Dedicato a S. Cataldo vescovo di Rochau e Taranto vissuto nel VII secolo d.c. l'eremo è caratterizzato da una piccola cappella dominata da un affresco del XII secolo in stile bizantino. L'opera rappresenta un Cristo benedicente su di un trono gemmato attorniato dai dodici Apostoli, sei dei quali riconoscibili grazie ad elementi caratterizzanti, come le chiavi per S.Pietro. Sulla gamba destra del Cristo è visibile un TAU, forse disegnato dallo stesso S. Francesco quando tra il 1217 e il 1223 sostò a Cottanello.

Eremo di S. Cataldo ( X secolo) a Cottanello (RI), incastonato nella parete calcarea


L'affresco del Redentore venne alla luce solo nel 1944, quando le truppe tedesche in ritirata fecero saltare un ponticello sottostante la chiesa. L'eremo resistette ma l'esplosione danneggiò l'affresco più recente, una veduta di Cottanello del XVII secolo, che celava quello molto più antico del Cristo benedicente. La violenza della guerra quindi, paradossalmente svelò un tesoro nascosto da secoli. A quei giorni drammatici risale anche il celebre voto. È il 10 maggio 1944, festa di San Cataldo. Gli abitanti di Cottanello sono terrorizzati dalla guerra. Nell'oratorio si celebra una messa nel corso della quale viene preso un impegno solenne: gli abitanti si asterranno del mangiare carne ogni vigilia della festa del Santo se il paese e le campagne saranno risparmiate dalle distruzioni. E così fu.

Eremo di S. Cataldo, il campanile a vela che ospita una campana settecentesca in bronzo


All'interno della cappella sono inoltre visibili altri affreschi realizzati tra il XV e il XVII secolo, che raffigurano santi vescovi e due Madonne con Bambino, mentre la volta a crociera è arricchita da scene tratte dalla Genesi, come il peccato originale e la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre. Una nota merita sicuramente il campanile a vela che ospita una campana settecentesca in bronzo. Il cardinale Orsini nella sua visita pastorale avvenuta nel 1781, vide da vicino la struttra e annotò le parole Iesus Maria, ovvero parte della scritta situata sull'orlo superiore.

Affreschi di santi vescovi all'interno della cappella nell'eremo di S. Cataldo


Dopo aver soddisfatto lo spirito e la voglia di conoscenza è il momento di assaporare anche le delizie enogastronomiche locali. Storia e cultura di un territorio, infatti, non sono solo gli splendidi luoghi d'arte e gli scorci paesaggistici che rimangono nella memoria, ma anche le antiche ricette che si tramandano di generazione in generazione, e i prodotti tipici figli della terra in cui ci si trova. Identità da gustare.
A Cottanello come nel resto della Sabina, del Lazio e d'Italia. Nutrimento per lo spirito e per il corpo. Tanto sapere e sapore. Tanta bellezza da vivere.

Affresco del Cristo benedicente sovrastato dalla volta a crociera decorata con scene tratte dalla Genesi, il peccato originale e la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre. In basso a sinistra una Madonna con Bambino (XV secolo)