mercoledì 27 agosto 2008

IL RACCONTO DI UN'ESTATE

Il campanile della chiesa di Sgonico, paesino del Carso triestino a pochi kilometri dalla Slovenia. Sullo sfondo, il Golfo del capoluogo giuliano.


I

Ci fermiamo per l'ultima volta in territorio italiano sulla Udine-Tarvisio, manca poco al confine austriaco e all'inizio ufficiale del viaggio. "Ricordatevi di fare la vignetta e attenzione alla guida" ci ammonisce una graziosa impiegata dagli occhi chiari "perchè quelli lì non perdonano". Quelli lì sono gli agenti della Polizei, particolarmente meticolosi nel far rispettare le regole e la vignetta è l'abbonamento autostradale, dato che in Austria non esistono caselli. Dopo aver dato seguito al suggerimento e aver acquistato un ticket valido 10 giorni su tutta la rete al costo di 7 euro, rientriamo in auto non prima di soffermarci a sorridere amaramente al pensiero che, nel Belpaese, la sola tratta Roma-Orte, circa 60 km, viene oltre 3 euro. Per i cari nipotini di Francesco Giuseppe, quindi, niente file bibliche nè cifre esorbitanti. C'è quasi da sperare che la strada faccia schifo, ma non è così... E non sarà l'unico raffronto impietoso.
Le ore successive corrono veloci in direzione nord, dopo Villach proseguiamo per Salisburgo e in tre ore scarse, tra vette e valli alpine che paiono emergere da dipinti romantici, siamo alla reception dell'albergo a pochi passi dalla Kapitelplatz. Il centro della città è avvolto da una suggestiva aria di mistero e magia, sarà per la settimana della cultura che propone musica classica e opere teatrali anche in piazza, iniziative che attirano migliaia di persone, molte delle quali giovani. Dal Duomo alla Hohensalzburg, la fortezza dell'XI secolo che scruta dall'alto, fino alla Mozartplatz e alle innumerevoli chiese in cui convivono arte gotica, barocca e romanica dando vita a commistioni quasi ipnotiche, ogni scorcio di Salisburgo guida il viaggiatore nei meandri della storia.
Una mattinata di pioggia battente, il quinto giorno, ci accompagna fuori dalla città sulla via che porta a sud, in un contesto tanto diverso quanto geograficamente vicino. Il parco nazionale degli Hoe Tauern, infatti, è una meraviglia ad appena un'ora di strada da Salisburgo, ma quando imbocchiamo la Grossglockner Hochalpenstrasse, la strada panoramica che lambisce la vetta d'Austria, comprendiamo immediatamente che non siamo stati baciati dalla buona sorte. Il tempo è orribile e i monti sono coperti da dense nuvole. Inutile dire che fa un freddo cane. Arriviamo ai piedi del Grossglockner ed è visibile solo il Pasterze sotto di noi, una lingua di ghiaccio millenaria che corre per centinaia di metri verso valle e che, però, è martoriata dall'effetto serra che la sta progressivamente cancellando, come tutte le nevi eterne delle Alpi. Tocchiamo con mano la situazione drammatica il giorno successivo, quando, dopo una notte quasi insonne in un rifugio d'alta quota piuttosto spartano, scendiamo lungo un sentiero disseminato di cartelli che segnalano la posizione del ghiacciaio nel corso degli anni. Non c'è bisogno di scrutare foto ingiallite del secolo scorso, basta guardare quanto disti il segnale corrispondente al 2005 con la posizione attuale del Pasterze. Almeno 100 metri. In 3 anni. La Natura ha tempi decisamente più lunghi, questo scempio è opera nostra...
Il viaggio prosegue poi in direzione Klagenfurt lasciando il Tirolo Orientale per la Carinzia. I freni affrontano una dura prova scendendo dalla strada del Grossglockner e dopo avergli concesso un pò di tregua ad Heiligenblut, le pendenze si fanno tollerabili e tra pascoli e paesini da cartolina, riprendiamo l'autostrada nei pressi di Spittal An Der Drau, dritti a destinazione. Troviamo alloggio poco fuori Klagenfurt, in un albergo sorprendentemente economico in riva al Worther See, il lago caldo. La cittadina è piacevole da visitare, dal Landhaus alla chiesa di S.Pietro e Paolo, fino alla fontana del dragone, ma capiamo ben presto che le migliori attrattive sono attorno all'abitato. La fortezza medievale di Hochostewitz, Magdalensberg, collina ricca di resti risalenti a prima dei Celti e Maria Saal, piccolo borgo dell' VIII secolo. Il tutto inserito in una campagna da fiaba, ancor più suggestiva al tramonto, quando il sole tinge boschi e campanili di colori irreali.
E ora di ritornare in Italia, per far tappa prima della Slovenia e ci congediamo dalla Carinzia dopo aver salutato la receptionist dell'hotel, una bella ragazza austriaca che parla italiano con singolare accento veneto. "Ho fatto un corso di perfezionamento in un albergo a Jesolo" chiarisce sorridendo ogni mio dubbio sulla sua nazionalità.
I due giorni italiani li trascorriamo prosaicamente a Lignano Sabbiadoro, nel tipico paesaggio da italiche ferie d'Agosto, ovvero tra ombrelloni e spiaggia. Tuttavia non sembra di aver lasciato la mitteleuropa, tanti sono i turisti tedeschi e austriaci presenti, i quali paiono apprezzare parecchio sia il mare sia l'organizzazione delle strutture. Una nota d'orgoglio nostrano dopo tanti appunti doverosamente presi...

II

Siamo al giro di boa e la mattina di ferragosto partiamo alla volta della Slovenia, mini-Stato grande quanto la Lombardia e indipendente da appena 18 anni. La Venezia-Trieste è un budello intasato da Tir e camper e, mappa alla mano, decidiamo di passare quel che resta del confine dalla parte di Gorizia, meno frequentata dai vacanzieri diretti per lo più verso le spiagge croate. Come in Austria, neppure in Slovenia ci sono i caselli, ma la differenza sta nei costi: non più abbonamenti di pochi giorni da 7 euro, ma una sberla obbligatoria di 6 mesi da 35. "Lo fanno per fare cassa" veniamo a sapere in autogrill da un signore italiano che ha appena saccheggiato un tabaccaio, sfuttando il diverso regime fiscale vigente nel Paese sulle sigarette. Così ripartiamo dopo aver speso 40 euro per un pieno, circa 20 in meno rispetto a 15 km prima, con la stessa spiacevole sensazione che avevamo provato entrando in Austria. Ormai è quasi tradizione.
Raggiungiamo Lubiana in un amen, il tempo di sistemarsi in albergo e siamo già in perlustrazione nel centro storico. L'impressione che emerge è quella di una città molto più europea che balcanica, pensiero che ci aveva sfiorati anche durante il tragitto da Nova Gorica, in un paesaggio non dissimile da quello austriaco. Mentre camminiamo la Ljubljanica scorre sotto di noi, tra il Tromostovje, il ponte triplo, e la chiesa francescana. Attorno, edifici del 700 e cafè all'aperto con vista sul fiume. Sopra di noi svetta il Grad, il castello della città, posto su una collina abitata sin dall'età del ferro. Dalla Chiesa di S.Jakob a quella di Cirillo e Metodio la Capitale slovena offre moltissimi spunti culturali, ma non solo. Una delle attrattive più prosaicamente caratteristiche del Paese, infatti, è quella dei casinò, diffusi in maniera capillare su tutto il territorio. Dopo quasi due giorni trascorsi ad apprezzare l'aspetto aulico di Lubiana, quindi, non rimane che scendere di quota, tra roulette e croupiers, per la nostra ultima, atipica, nottata.
Il mattino seguente facciamo rotta verso il nord del Paese incontrando Bled, graziosa cittadina in riva all'omonimo lago creato dai ghiacci in epoche remote e al centro del quale si trova la Blejski otok, un isolotto raggiungibile solo con imbarcazioni a remi, sul quale svetta un eremo immerso nel verde. Il tempo corre veloce ormai e si fa appena in tempo ad assaporare luoghi e momenti. Da Bled, prima di volgere verso la costa, non possiamo non soffermarci ad ammirare il simbolo della Slovenia, il Triglav, svettante con i suoi tre corni rocciosi.
Ed è già tempo di avvicinarci al mare. In poco più di due ore siamo a Koper, l'italiana Capodistria dall'interessante centro storico ma dal mare pessimo, caratteristica che toccheremo con mano anche più a sud sul brevissimo tratto sloveno di costa adriatica. Nel tentativo infatti di cercare lidi migliori, letteralmente, ci dirigiamo verso Portorose, distante pochissimi chilometri. Realizziamo, una volta giunti, di trovarci in una specie di sala giochi a cielo aperto, con alberghi costosissimi, specie se comparati alla qualità del mare e casinò ovunque. E' chiaro che lì la gente va solo per sperperare soldi, posseduta da quel mostro compulsivo e incontrollabile che è il gioco d'azzardo. Non fa per noi, abbiamo sfidato il demone già abbastanza. Perciò, tornati nel nostro economicamente accessibile rifugio, decidiamo di informarci presso una cameriera, evitando tatticamente la receptionist che tesserebbe le lodi dello squallido lungomare-porto posto di fronte all'albergo, su dove siano le spiagge più belle della Slovenia. "In Croazia" la risposta caustica della sorridente ragazza indaffarata a preparare la colazione per alcuni clienti. Detto fatto, dopo un'ora scarsa siamo a Umag, il primo paese oltre il confine. Dopo aver provato l'ebbrezza di una sensazione ormai dimenticata, il controllo passaporti, siamo lì a gorderci il sole dinanzi a un mare fantastico. Ombrellone e due lettini a 21 Kune e colossale cena di pesce per due a 200. al cambio con l'euro fanno, rispettivamente, 3 e 28. Viva la moneta unica!

III

Siamo all'epilogo dell'avventura e la fatica di 15 giorni on the road inizia a farsi sentire. Così, mentre ci congediamo anche dalla Slovenia dopo essere rientrati in tarda serata satolli e soddisfatti da Umago, iniziamo a percepire quella lieve malinconia che si accompagna ad ogni viaggio di ritorno. Ma non è ancora finita. Il Friuli Venezia Giulia, infatti, è ricchissimo di luoghi e occasioni. Dalla già citata Lignano Sabbiadoro alle ordinate colline dell'udinese, fino alle cime carniche e al celebre Carso, con le sue innumerevoli grotte immerse in un paesaggio unico. "E perchè no?" pensiamo scrutando cartine e itinerari regionali. Dopo escursioni in montagna, gite al mare e in collina, manca proprio un tour in quell'area compresa tra Gorizia, Trieste e l' estremo occidente della Slovenia. A 24 ore dal nostro rientro, quindi, ci troviamo nei pressi di Opicina, paesino alle porte del capoluogo giuliano. La strada si immerge in una vasta area verdeggiante con sassi puntuti emergenti ovunque dal terreno, forse "la" caratteristica del Carso. L'ingresso della Grotta Gigante e lì vicino. Il tempo di fare il biglietto e ci inoltriamo nelle viscere della terra con altri turisti e la guida. La temperatura scende di colpo a 10 gradi e le flebili luci artificiali mostrano enormi stalagmiti levigate dalla forza dell'acqua, che precipita da quasi 100 metri di altezza. Le distanze divengono ingannevoli e tutto sembra essere avvolto da un silenzioso mantello invisibile. Chi ha scoperto questo miracolo della Natura deve aver vissuto un'esperienza quasi metafisica. Dopo circa un'ora di visita emergiamo di nuovo alla luce e al caldo che, ora, è ancor più fastidioso. Ci vuole un pò di ristoro, allora, e il pensiero è fulmineo: Carso + mangiare = Osmitza. Tradizione che risale a Maria Teresa d'Austria, essa è una normale casa privata aperta al pubblico in determinati periodi dell'anno e a turnazione, come punto di ristoro. Istituzione tipica del luogo, l'Osmitza è segnalata da un semplice ramo spezzato posto su un muro accanto a una freccia di legno. Una specie di codice. Ne troviamo una a Sgonico, poco distante dalla Grotta Gigante e ci sostentiamo con vino Terrano, aspro e straordinario vitigno tipico della zona carsica , affettati misti e pesche affogate nella Malvasia d'Istria mentre sediamo in uno splendido giardino immerso in caldi colori. Paradisiaco.
Il modo migliore di concludere una vacanza indimenticabile, l'avventura di un'estate.