lunedì 24 novembre 2008

DELUSIONE OVALE

Il rammarico degli azzurri ( foto dal sito angololibero.it)


Si conclude in modo pessimo il novembre di test match della nazionale italiana di rugby, battuta anche nella terza e ultima gara in programma. E se il 30-20 subito contro gli wallabies australiani nella prima partita a Padova era maturato in un contesto estremamente positivo, fatto di tenuta fisica, gioco, mete e determinazione, già con l'Argentina la musica era cambiata. Confusione, errori e assoluta mancanza di una propensione offensiva l'avevano fatta da padroni, decretando la meritata debacle azzurra. "Gli australiani sono la terza Nazione rugbistica al mondo e la loro meta decisiva era viziata da un fallo evidente" si disse, non a torto peraltro, nell'immediato post-partita dell'Euganeo, mentre all'indomani del 14 - 22 patito a Torino dai Pumas la giustificazione fu che i sudamericani erano arrivati terzi al mondiale di Francia e stavano imponendosi anche in chiave Tri Nations. "E poi" si ribadiva sorridendo "se loro sono 4° nel ranking e noi 11° un motivo ci sarà".
A quel punto, per rendere almeno accettabile il bilancio del trittico novembrino, rimaneva solo l'ultimo appuntamento di Reggio Emilia contro i Pacific Islanders, una selezione multinazionale formata dall'unione di Samoa, Fiji e Tonga e creata nel 2004 per far sopravvivere il rugby isolano dopo le razzie di talenti perpetrate da australiani e All Blacks. Un'allegra armata, insomma, che non aveva mai vinto una partita in 4 anni, con 8 sconfitte su 8. La vittoria dell'italia ovale era data quasi per scontata, dovuta. Ebbene, E' finita 25 - 17 per i colossi del Sud Pacifico, dopo una partita oggettivamente dominata dagli avversari di capitan Sergio Parisse e compagni. Non ci sono scusanti stavolta. L'Italia, scesa a seguito della sconfitta di Torino dal 10° all'11° posto nella classifica internazionale proprio a beneficio delle Fiji, una costola dei Pacific Islanders, era chiamata a una risposta che sancisse la crescita della squadra e del movimento rugbistico nazionale. Ma così non è stato.
Giancarlo Dondi, confermato recentemente presidente della Federazione con oltre il 95% dei voti, è chiamato ora a proseguire sulla strada dello sviluppo per il movimento. Da pochi anni, infatti, sono state istituite l'Accademia Nazionale e quelle dei club per far crescere il rugby giovanile e allargare la base con una strategia a lungo termine, ma c'è la necessità di intervenire anche nel medio e breve periodo.
Il tasso tecnico del campionato italiano, spogliato dei migliori talenti emigrati in Francia e Inghilterra, è molto basso e anche le più titolate squadre del nostro Paese tornano dalle trasferte internazionali con passivi da brivido. La soluzione passa necessariamente attraverso la creazione di selezioni che riescano ad essere maggiormente competitive a livello europeo, ponendo al centro la crescita dei giocatori italiani. Poi c'è il nodo Flaminio, lo stadio del rugby i cui lavori di ammodernamento ed ampliamento, ormai necessari, tardano ad iniziare con il risultato che, anche quest'anno, si dovrà supplire all'inadeguatezza strutturale con soluzioni tampone ridicolmente italiane, come le "curve provvisorie" ricavate da impalcature in ferro. In questo quadro, coltivare il sogno della coppa del mondo di rugby in Italia, ha senso solo portando avanti un progetto concreto che abbia una tempistica precisa. Altrimenti, è solo un inganno per tutti quegli appassionati e tifosi che, affamati di rugby, continuano a gremire gli spalti per ogni partita dei ragazzi azzurri.


Tra le poche note positive dei test match autunnali c'è l'amore dei tifosi per il rugby e la nazionale. 30.000 persone a Padova, 28.000 a Torino e quasi 22.000 a Reggio Emilia ( nel video inni, spalti e haka )