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giovedì 11 ottobre 2018

IL RINASCIMENTO NELLA TERRA DEI MONTEFELTRO


Galleria Nazionale delle Marche - La Flagellazione, Piero della Francesca (1453). Ritenuta un capolavoro assoluto della Storia dell'Arte, è una delle opere più misteriose di tutti i tempi. Non si conoscono infatti committenza, collocazione originaria, destinazione d'uso e significati.


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Colline boscose e frastagliate vallate verdeggianti guidano verso il maestoso ed elegante profilo di Urbino, i cui inconfondibili torricini progettati da Luciano Laurana guardano verso est. Verso quella culla universale della cultura umanistica che è Firenze.
La splendida città marchigiana tuttavia non sfigura affatto dinanzi al Capoluogo toscano. Dalle sue mura e dai suoi mirabili edifici emanano storia ed arte, architettura ed elevazione culturale. L'identità ricca di sfaccettature e bellezza di uno dei lembi più romantici e mozzafiato delle Marche si condensa ed emerge nella magnificenza di un luogo che è uno dei simboli di ciò che di incredibile e unico l'Italia ha da offrire.
Entrata a far parte del Ducato della potente famiglia Montefeltro nel 1155, Urbino conobbe il proprio massimo splendore con il saggio Federico, alla cui corte lavorarono i più grandi artisti del tempo: da Piero della Francesca a Leon Battista Alberti, fino a Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini. Cuore e anima di Urbino, del suo paesaggio e del genio di tali illustri personalità è sicuramente il Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche.

Galleria Nazionale delle Marche - Veduta della Città Ideale, attribuzione incerta tra Luciano Laurana e Piero della Francesca (1480-1490 ?). Un simbolo del Rinascimento. L'edificio pubblico circolare è al centro; arretrato a destra l'edificio religioso. Sullo sfondo una vaga corona di colline. Unica presenza "viva" due piccioni sul cornicione del primo edificio a destra.

Nelle sue ampie sale si incontrano capolavori assoluti. Nella Sala delle Udienze, ad esempio, si trovano due opere di Piero della Francesca: La Madonna di Senigallia e soprattutto l'affascinante e misteriosa Flagellazione. Nella Sala degli Angeli, poi, troneggia la nota Veduta della Città Ideale, che incanta con la sua armonia e perfezione di spazio e prospettive. Vero emblema del Rinascimento. Ancora nella Sala degli Angeli possiamo ammirare Il Miracolo dell'Ostia Profanata di Paolo Uccello e nel Salotto della Duchessa l'enigmatico Ritratto di Gentildonna di Raffaello, nota come La Muta, con i suoi influssi leonardeschi.
I tesori di Urbino non si esauriscono nel Palazzo Ducale e passeggiando lungo le sue ripide vie si scorgono altri luoghi significativi. Dal Duomo, costruito da Francesco di Giorgio Martini nel '400 e rimaneggiato dopo un sisma da Giuseppe Valadier, alla casa nobile di Raffaello Sanzio, il più celebre figlio della città. Al primo piano dell'edificio si contempla la tenera ed intima Madonna col Bambino, per anni ritenuta opera del padre di Raffaello, Giovanni Santi, ma successivamente attribuita al talento del suo giovane figlio.

Per ulteriori informazioni sulle bellezze paesaggistiche, storiche e culturali della Regione Marche consultare il sito ufficiale di Marche Turismo e il Blog Destinazione Marche


Galleria Nazionale delle Marche - Ritratto di Gentildonna ( o La Muta ) di Raffaello Sanzio (1505-1509). Periodo fiorentino del pittore, con influssi leonardeschi.

mercoledì 10 gennaio 2018

BRONZI DORATI E ANTICHI MONASTERI, GLI INFINITI TESORI DELLE MARCHE





Girovagando tra i pendii accoglienti delle candide colline marchigiane si incontra il silenzio nei colori di una terra incantata, in cui ogni luogo costituisce una scoperta. Al confine tra le Province di Ancona e Pesaro Urbino, all'interno del territorio di quest'ultima, si trovano due simboli di quell'Italia d'infinita storia e bellezza in cui viviamo.
Perle tanto meritevoli d'essere conosciute quanto, purtroppo, poco note al grande pubblico di turisti che in ogni periodo dell'anno visitano questa parte della Penisola.
I Bronzi Dorati da Cartoceto, esposti nel Museo Civico di Pergola, grazioso centro dell'entroterra pesarese, e il monastero Camaldolese di Fonte Avellana, a pochi chilometri di distanza verso sud, sono gioielli paesaggistici e storici da ammirare. Capolavori dell'uomo che vivono nella natura. Arte e paesaggio uniti in un abbraccio che forma l'identità di una terra.
Il gruppo noto come "Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola" è uno dei pochi grandi complessi scultorei equestri dell'antichità giunti fino a noi. Paragonabili per imponenza e importanza solo ai cosiddetti "Cavalli di S. Marco" di Venezia o al Marco Aurelio dei Musei Capitolini di Roma.
La grande scultura di bronzo era molto amata nel mondo antico per la robustezza con cui essa sfidava il tempo. Una fiducia ben riposta se pensiamo che solo per colpa dell'uomo molte di queste creazioni non sono sopravvissute ai secoli. Il valore del metallo, infatti, sempre scarsamente disponibile almeno fino all'arrivo del rame dal Nuovo Mondo, fecero sì che non solo la furia iconoclasta cristiana e islamica, le guerre e i saccheggi, ma anche, e soprattutto, il quotidiano bisogno divorasse questi magnifici tesori.
Non a caso la maggior parte di questi reperti sopravvissuti sono quelli precedentemente interrati e nascosti così alle brame umane.

Il caleidoscopio di colori autunnali delle colline attorno al monastero di Fonte Avellana

Il monastero di Santa Croce a Fonte Avellana, pochi chilometri a sud di Pergola sempre nel territorio della Provincia di Pesaro Urbino, è situato alle pendici verdeggianti del Monte Catria, a 700 metri d'altezza. Le sue origini si collocano alla fine del X secolo, intorno al 980, quando alcuni eremiti scelsero di costruire le prime celle di quello che successivamente sarebbe divenuto l'attuale luogo sacro. La spiritualità di questi uomini fu influenzata da S. Romualdo da Ravenna, padre della congragazione benedettina camaldolese.
Un sogno di sfumature e profumi, pace e poesia che si respira contemplando scorci splendidi in connubio con la natura, riscoprendo l'importanza della preservazione di ciò che è nobile. 
Due siti unici, due doni del passato che vivono nel presente ricordando all'uomo d'oggi, spresso solo e sradicato, quanto siano importanti le radici per trarre nutrimento per la propria anima.

Per maggiori informazioni sulle bellezze paesaggistiche, storiche e culturali della Regione Marche consultare il sito ufficiale di Marche Turismo e il Blog Destinazione Marche


Veduta del Monastero camaldolese della Santa Croce di Fonte Avellana (X secolo), incastonato nel paesaggio unico dell'entroterra marchigiano.

giovedì 23 novembre 2017

FABRIANO, CULTURA E BELLEZZA NON SONO SOLO DI CARTA


La centrale piazza del Comune, sulla destra il Palazzo del Podestà (1255) e la fontana dello Sturinalto (1285). A sinistra il palazzo Comunale (XIV secolo)


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Immersa nella natura maestosa dell'Appennino Umbro - Marchigiano, attorniata da boschi verdeggianti e plasmata dai secoli che le hanno donato identità e fascino, Fabriano è la porta della Provincia di Ancona per coloro che provengono da ovest; Perugia, Terni o la Capitale.
Universalmente celebre per la plurisecolare industria cartaria e la rivoluzionaria invenzione della filigrana, la cittadina adagiata su una vallata a pochi chilometri dalle famose grotte di Frasassi, nel distretto rurale di qualità dei Colli Esini, può tuttavia vantare molteplici gioielli culturali da presentare al visitatore.
Un borgo delizioso il cui cuore è costituito dalla Piazza del Comune dominata dal profilo gotico del Palazzo del Podestà, austero e scenografico nella sua pietra grigia. Nelle vicininaze troviamo il Palazzo comunale del XIV secolo, il loggiato di S. Francesco con le sue 19 arcate e l'imponente torre del palazzo Vescovile, su cui troneggia l'antico orologio. Attorno a tale fulcro altri siti di grande interesse come il Duomo di S. Venanzio e il teatro Gentile, che prende il nome da uno dei più importanti figli di questo angolo di Marche. Senza dimenticare la pinacoteca civica Molajoni che offre uno sguardo esaustivo sui fermenti artistici della Fabriano medievale.

Oratorio del Gonfalone, particolare dell'altare e del soffitto a cassettoni intarsiato d'oro e argento


Poco distante, infine, il fiore all'occhiello della città: il Museo della carta e della filigrana che dal convento adiacente alla chiesa di S.Domenico ci narra l'evoluzione delle tecniche con cui l'uomo ha lavorato la carta nel corso del tempo. Arrivati a questo punto, però, siamo ancora ben lontani dall'aver visto tutto ciò che merita d'essere contemplato.
Il complesso monumentale di S. Benedetto, infatti, costituisce un vero scrigno di tesori: l'Oratorio del Gonfalone, realizzato a partire dal 1610, abbaglia con i suoi dipinti d'artisti locali e soprattutto con lo stupefacente soffitto in legno a cassettoni, arricchito da intarsi d'oro e argento. Oltrepassato un chiostro silenzioso, poi, si sale al museo del Pianoforte storico e del suono, dove si ha l'opportunità di vivere i secoli della musica ascoltando mirabili esecuzioni realizzate live durante le visite da pianisti concertisti. Un sogno d'arte irrinunciabile.
Da non perdere neppure la cripta del Beato Giovanni dal bastone, leggendario guaritore fabrianese: un luogo di devozione e arte, dove gli affreschi che adornano le pareti nella loro interezza raffigurano le gesta e la vita del sant'uomo.
Sembra davvero che le fonti di belleza siano inesauribili. E Fabriano è solo un Comune di quella Regione straordinaria chiamata Marche. Una terra che come tutte le cose belle della vita richiede tempo e attenzione. Per non perdersi nulla.  


Particolare della cripta dedicata al Beato Giovanni dal bastone, costruita nel 1586

giovedì 13 dicembre 2018

GOLA DELLA ROSSA E FRASASSI, IL CUORE VERDE TRA JESI E FABRIANO


Eremo dei Frati Bianchi, luogo magico con le sue grotte di arenaria utilizzate dai frati sin dall'XI secolo


Fuori dai borghi antichi, con i loro splendidi siti dall'alto valore artistico e culturale, le Marche offrono diversi e incontaminati paesaggi che non fanno rimpiangere la pur immensa bellezza di musei e palazzi, incastonati come gioielli nei centri storici sfavillanti di unicità. Colline e monti, valli e boschi dell'entroterra creano mille magie per la mente e lo spirito. Carezze per chi sappia meritare la dolcezza della natura.
Non mancano, tuttavia, storia e arte neppure nel mezzo dei verdeggianti e ariosi panorami in cui l'occhio si perde meravigliosamente, nell'assoluto incanto. Il Parco Naturale Regionale della gola della Rossa e di Frasassi è uno scrigno di eternità che si schiude davanti al visitatore. Al pari delle altre perle verdi di cui la regione dai mlle volti può fregiarsi. Il Parco è inserito nel più ampio territorio della Comunità Montana Esino Frasassi.

Paesaggio incantato nella Valle Scappuccia, tra il Monte Predicatore e il borgo di Cerqueto

Costituita nel 1997 per un'estensione di 9167 ettari, il parco Gola della Rossa e Frasassi comprende 3 aree: la gola di Frasassi, con le omonime grotte uniche al mondo, la gola Della Rossa e la valle Scappuccia. Molti gli eremi che si incrociano lungo la via, testimonianze dei fermenti artistici e spirituali che la nobiltà dei luoghi ha sempre suscitato attraverso le epoche.
Come l'abbazia romanica di S.Urbano, avvolta dal silenzio lungo la strada che si snoda tra Cupramontana e Poggio S.Romualdo attraverso paesaggi unici. O il borgo di Avacelli che domina un oceano verde di boschi incontaminati e ai cui piedi è possibile contemplare la poesia della piccola abbazia di S.Ansovino. E poi gli scorci della Valle dell'Esino, colti dal colle dove si staglia Pierosara, e l'abbazia di S.Elena nobilitata dagli splendidi daini che deliziano lo sguardo del visitatore. Senza dimenticare l'eremo dei Frati Bianchi, incastonato nell'arenaria della gola del Corvo a due passi dalla Cupramontana del celebre Verdicchio, assieme alle antiche grotte utilizzate dai frati gia dal XI secolo.
Non c'è modo migliore per assaporare tale grazia che vagabondare di luogo in luogo alla ricerca di ogni scorcio. Di ogni frammento di magnificienza che i mille tesori delle Marche hanno da proporre al mondo.


Interno dell'Abbazia di S.Urbano, straordinario esempio di architettura romanica con presbiterio sopraelevato in stile gotico. Grazie alla particolare posizione e struttura delle aperture poste in fondo all'abside sia sul piano della chiesa sia su quello della cripta, i raggi del sole in diversi periodi dell'anno (Solstizi, equinozi) illuminano gli altari direttamente. Il giorno di S.Urbano, il 25 maggio, i raggi entrano da una delle aperture e cadono esattamente un cerchio scolpito nella pietra.

giovedì 7 dicembre 2017

GOLE DI FRASASSI, UOMO E NATURA INSIEME NELLA BELLEZZA


Grotte di Frasassi. "I giganti", stalagmiti alte oltre 20 metri all'interno dell'"Abisso Ancona" l'ambiente ipogeo più grande d'Europa


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Colonne plasmate dal tempo goccia dopo goccia si stagliano ipnotiche in spazi dalle distanze sfuggenti. Un tempio, opera di un grande architetto, che sembra nascere dalla roccia all'interno di una cavità. Il fascino austero di uno dei monumenti romanici più importanti della Regione. 
Siamo a circa 60 km da Ancona nel territorio del Comune di Genga, entroterra marchigiano. Il fiume Sentino scorre sotto di noi in uno stretto passaggio tra due alti bastioni di roccia avvolti dalla vegetazione del Parco Regionale Gola della Rossa e Frasassi, nell'area dei Colli Esini. Luoghi traboccanti di bellezza che regalano scorci unici.

Grotte di Frasassi, stalagmiti e stalagtiti brillano nella penombra di riflessi eterei

Un viaggio che inizia tra stalagmiti e stalagtiti che brillano di una luce pallida, eterea nelle maestose aule edificate dalla natura. Le Grotte di Frasassi dove il tempo assume forma fisica, tangibile. Quella di sculture d'acqua. In questi ambienti che sembrano provenire da una visione onirica, l'uomo si muove timoroso e finalmente consapevole della propria caduca insignificanza. Una delle aree speleologiche più importanti d'Europa che iniziò circa 1.400.000 anni fa a subire un processo d'erosione che portò la formazione di anfratti, insenature e cavità protette da pareti a strapiombo.
Scoperte nel 1971 e visitabili dal 1974 le grotte di Frasassi offrono differenti percorsi pur non essendo totalmente aperte al pubblico. Il percorso turistico si snoda per 1600 metri nel cuore della montagna. Dall'imponenza dell'Abisso Ancona, l'ambiente ipogeo più grande d'Europa che potrebbe contenere il Duomo di Milano, ai "Giganti", stalagmiti alte oltre 20 metri. E poi concrezioni dalle forme cangianti che stimolano la fantasia in un ambiente dove la luce disegna continuamente nuove favole.


Il tempio ottagonale di Giuseppe Valadier all'interno della grotta di Frasassi, a poca distanza dalle omonime grotte.
Sono molteplici i tesori da scoprire. A 1 km dall'ingresso delle grotte, infatti, da un piccolo spiazzo si snoda un sentiero nascosto dagli alberi che si inerpica lungo il fianco di una delle pareti svettanti al di sopra della gola. Una salita appena ripida conduce ad una grotta naturale i cui confini sfuggono all'occhio del visitatore, perdendosi nel buio del monte.
Ad attirare l'attenzione però è il tempio ottagonale di travertino al centro della cavità, fatto erigere nel 1828 dal papa Leone XII, nativo di Genga su progetto del celebre architetto Giuseppe Valadier. Accanto, il santuario della Madonna di Frasassi, "infrasaxa", all'interno della grotta. Ovunque ci si volti lo sguardo si riempie di meraviglia. Natura e arte, uomo e tempo uniti dalla bellezza.Ridiscendendo non si può non soffermarsi ad ammirare la chiesa romanica del XI secolo di S. Vittore delle Chiuse. Edificio di grande fascino e misteriosità.
In questo magnifico lembo di Marche non ci si stanca mai di lasciarsi trasportare dall'infinito, travolti dall'incanto.


La chiesa romanica di S. Vittore delle Chiuse (XI sec.), a poca distanza dall'ingresso delle grotte di Frasassi.

domenica 23 maggio 2021

CASCATA DELLE MARMORE E LAGO DI PIEDILUCO, ACQUE IMPETUOSE E SILENTI NEL CUORE D'ITALIA

 

Cascata delle Marmore, salto principale dal belvedere superiore

Maestosa manifestazione di forza e bellezza, attraverso l'acqua, che da secoli nobilita un territorio straordinariamente ricco dal punto di vista storico, paesaggistico e naturale. La Cascata delle Marmore è il gioiello del Parco Fluviale del Nera, nella provincia umbra di Terni.

Il sentiero costeggia il secondo salto delle cascate

Tre magnifici salti fanno cadere le acque del fiume Velino in quelle del sottostante rivo che dà il proprio nome alla splendida valle che si incunea tra fitti boschi, ripidi costoni e borghi dal grande fascino. L'antico Nahar, nome ancestrale del fiume Nera, nasce nelle Marche, nel territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e dopo 116 chilometri si getta nel Tevere presso la cittadina Laziale di Orte.

L'ultimo salto, il terzo, della cascata delle Marmore

 

A circa metà del suo percorso, in un tratto stretto e roccioso in cui il suo scorrere si fa rapido e spumoso, si realizza il vigoroso abbraccio con il Velino, le cui acque letteralmente piovono dall'alto. Uno sposalizio non voluto dalla Natura tuttavia. La cascata delle Marmore infatti è artificiale: Nell'antichità il Velino non precipitava come oggi, ma ristagnava in paludi nella piana reatina. Fu nel 271 a.c. che i romani scavarono il Cavo Curiano, un canale che corrisponde al principale salto, il primo, e che prende il nome dal console che ne ordinò la creazione: Manio Curio Dentato.

 

Il sentiero costeggia le rapide nel verde del bosco

Da allora questo spettacolo che unisce in armonia l'ingegno umano e la meraviglia di un paesaggio fantastico, fu importantissimo per tutto il sistema fluviale del centro Italia. Gli occhi del visitatore vengono così rapiti dalla potenza primordiale della cascata, il cui suono ipnotizza mentre il profumo dell'acqua che si infrange sulle rocce plasmate dall'urto si spande tutt'attorno in nuvole d'argento, che illuminate dai raggi del sole regalano un'atmosfera di magia.

Le acque impetuose viste dal sentiero che si inerpica nel bosco tra il secondo e il terzo salto delle cascate

Diversi sentieri permettono una scoperta accurata dei luoghi all'insegna dell'avventura e della libertà. Ci si può inerpicare risalendo il terzo e secondo salto, a pochi passi dal fluire impetuoso, per poi intraprendere la via più lunga che raggiunge, dopo una gradevolissima passeggiata nel bosco, il belvedere superiore posto di fronte al primo precipitare del Velino. In alternativa si può anche rimanere in basso ad ammirare lo spettacolo dal belvedere principale, lungo il fiume Nera.

 

Le acque rapide dal sentiero nel bosco

 

Dopo aver ascoltato il ruggito delle acque travolgenti è il momento della quiete di quelle silenziose, appena increspate dal docile passaggio di piccole barche in contemplazione. Fuori dal territorio del Parco del Nera, infatti, ma facente comunque capo ad esso, si trova il lago di Piediluco con l'omonimo borgo affacciato sulle sue sponde.
 
Scorcio del lago di Piediluco dall'omonimo borgo
 
Si tratta del secondo bacino naturale della Regione dopo il Trasimeno, testimonianza dell'antico Lacus Velinus che in epoca preistorica occupava per intero la piana reatina. L'attuale specchio d'acqua era conosciuto col nome romano di Septem Aquae con riferimento al profilo irregolare e frastagliato a sette bracci che lo caratterizza. La moderna denominazione di Piediluco, invece, significa "ai piedi del bosco". Accanto al fascino della storia e del mito però c'è l'incanto di un luogo unico.
 
 
Suggestione dal lago di Piediluco
 

Il verde a perdita d'occhio dei boschi e i riflessi del cielo sulla superficie placida in cui si specchia un delizioso pugno di case, dominato dalla rocca medievale che, nonostante lo stato di abbandono spicca nel paesaggio, donando ulteriore romanticismo ad un territorio che merita d'essere visitato e apprezzato.
 
 
Paesaggio di Forca dell'Arrone, in lontananza il lago di Piediluco