Visualizzazione post con etichetta turismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta turismo. Mostra tutti i post

mercoledì 27 novembre 2019

AI PIEDI DEL MONTE TAURO SPLENDE L'INCANTO ASSEDIATO




È un vero peccato che in certi periodi dell'anno questo luogo dallo splendore dirompente ma delicato venga soffocato da un turismo sempre più invasivo e caotico, che spazza gli eleganti vicoli come una valanga umana. Da Pasqua ad ottobre purtroppo non è possibile godere appieno delle meraviglie storiche, archeologiche, paesaggistiche di Taormina. Per il commercio il grande afflusso è indubbiamente positivo, anche se oltre un certo limite tutto ne risente. Anche gli affari.

Palazzo Duchi di Santo Stefano, perla trecentesca dell'arte gotica siciliana, con radici arabo normanne

Lasciando per un secondo da parte la confusione, che impedisce di godere della bellezza nell'unico modo possibile, ovvero con tranquillità, anche l'assalto in sé al luogo comporta controindicazioni: aumento abnorme dei prezzi, con relativo sfruttamento talvolta spudorato del turista e, per reazione, l'adozione di un atteggiamento prudente da parte di molti visitatori. Forse sarebbe meglio rispettare di più Taormina. Un po' tutti. Provare a limitare le presenze per rendere minimamente fruibili, con calma e decoro, i siti storici e culturali e al contempo monitorare gli eventuali eccessi da parte degli esercenti.

Palazzo Duchi di Santo Stefano, perla trecentesca dell'arte gotica siciliana, con radici arabo normanne

Detto questo è pleonastico sottolineare quanto le chiese e i palazzi, gli scorci mozzafiato del mare e dell'Etna, nonché profumi e colori che riempiono l'aria siano unici al mondo. Non si può non vedere Taormina almeno una volta nella vita. Un concetto che si potrebbe tranquillamente estendere a tutta la Sicilia del resto. Tappa irrinunciabile ai piedi del monte Tauro, che dà il nome alla cittadina, sicuramente il teatro greco: con la sua vista straordinaria sul mare e l'Etna fu eretto in epoca ellenistica (III sec. a.c.) e venne ricostruito in età romana, nel II secolo d.c.

Taormina regala scorci meravigliosi

Una speciale menzione meritano gli angoli più nascosti della famosa Taormina. Come Palazzo Duchi di Santo Stefano, un po' in disparte, quasi voglia nascondersi dal trambusto. Perla trecentesca dell'arte gotica siciliana, con radici arabo normanne, colpisce lo sguardo per il fregio ad intarsi in pietra lavica e bianca di Siracusa, senza dimenticare le incantevoli bifore semplici e trilobate. La magia ai piedi del monte Tauro attende gli amanti dello splendore. Da gustare con calma. 

sabato 31 agosto 2019

IL MONTE ISOLATO, SPLENDORE E FURIA DELLA SICILIA



Ovunque ci si trovi in quella parte di Sicilia compresa tra Catania e Taormina, territorio straripante di arte, storia e bellezza come il resto dell'isola d'altra parte, si ha quell'indimenticabile profilo dinanzi agli occhi. L'imponente ombra del vulcano più alto d'Europa, con i suoi 3.350 metri, e tra i più attivi del mondo per le continue manifestazioni eruttive: l'Etna o Mongibello, dall'arabo gebel ovvero "monte isolato", può essere a ragione considerato, al contempo, compagno di vita e spada di Damocle per tutti gli abitanti dell'area a causa della sua immane potenza. Forza generatrice di madre amorevole che rende fertile il terreno e splendido il paesaggio. Ma anche matrigna implacabile che non esita a minacciare con la sua imprevedibile energia.

Etna, dal rifugio Sapienza si ammirano panorami incredibili

Il fascino di questa montagna che troneggia, visibile anche dalla Calabria nelle giornate più limpide, rapisce all'istante. Appena ci si inerpica lungo la tortuosa strada che da Zafferana Etnea, delizioso borgo alle pendici meridionali del gigante, porta al rifugio Sapienza, ultimo avamposto umano prima della grande, solitaria distesa dai colori intensi e cupi. Irrinunciabile un'escursione in questi scenari fantastici tra crateri e colate secolari annerite dal tempo.



Più in basso, lontano, l'acceso contrasto tra l'azzurro del mare e l'urbanizzazione troppo spesso eccessiva e violenta della costa. Ma dietro di noi, in alto, non c'è che il potere ammaliante di una delle manifestazioni più affascinanti e terribili della creazione. Il vento che sferza il viso non impedisce di contemplare la poesia di quelle rocce nere, di quelle superfici la cui aridità, solo apparente, trasmette un forte senso di assoluto, di eternità.

Il tramonto sull'Etna

Vivere il tramonto sul Mongibello, sul monte isolato che colpì gli antichi dominatori arabi, è il perfetto coronamento di un'esperienza che va oltre la mera gita turistica. L'Etna è un universo a sè: dominatore di un territorio ma quasi separato da esso. La spietata semplicità di quegli scorci, infatti, appare distante più di quanto dica la geografia dal clamore e dagli orpelli di cui si nutre la vita sul livello del mare. Luogo altro, di venti freddi e colori scuri. L'isolato colosso che regna sulla Sicilia.

giovedì 13 settembre 2018

IGUVIUM, SIMBOLO MEDIEVALE DELL'UMBRIA


Gubbio, Palazzo dei Consoli visto da Piazza Grande


Nel calcare chiaro del monte alle cui pendici è adagiata splende la grazia di Gubbio, uno dei centri culturali più importanti della regione senza mare ma ricca di incanto del centro Italia. 
L'antica Iguvium affonda le proprie radici in epoca preromana, come testimoniano le celebri tavole eugubine incise nel II secolo a.c. in lingua locale e conservate nel museo civico. Importante poi l'eredità lasciata dall'influenza della Città Eterna nel territorio: i resti del teatro romano risalente al I secolo d.c. colgono piacevolmente il visitatore all'ingresso della cittadina. Ma è il Medioevo ad aver regalato a Gubbio la fisionomia che la caratterizza tutt'oggi e ne fa uno dei simboli culturali dell'Umbria.
La cinta muraria e soprattutto il complesso monumentale gotico del Palazzo dei Consoli sono i gioielli di un centro storico meravigliosamente preservato nel rispetto della storia e del paesaggio. Non vi sono infatti locali volgari o insegne eccessivamente appariscenti, venditori di paccottiglia o bancarelle invasive e oltraggiose della bellezza del luogo. E questo è tanto raro, ormai, quanto positivo.

Gubbio, Teatro romano (I sec. d.c.)

Salendo da piazza Grande e lasciandosi alle spalle i capolavori del museo civico di Palazzo dei Consoli, si sale verso il Duomo e il Palazzo Ducale. Altre tappe irrinunciabili. Uno di fronte all'altro gli edifici sembrano sorridersi, testimoni di come arte, cultura e spiritualità dialoghino da secoli e trasmettano alle generazioni la propria energia. Quella che si coglie anche nel museo diocesano posto all'interno della struttura del Duomo e aperto al pubblico con tutti i suoi tesori.
Sono molteplici i luoghi di splendore che giustificano, anzi impongono una visita a Iguvium. Tanti da non poter essere elencati per non tediare. Chiese e rocche, paesaggi e scorci, l'emozione che dà il solo girovagare tra i vicoli stretti dominati dal respiro dei secoli. 
Gubbio è un frammento d'infinito regalato agli uomini, per far loro capire quanto sia importante rispettare cultura e natura specie in un'epoca in cui appare impellente il bisogno di conoscere da dove si venga per capire dove si debba andare. 


Gubbio, Duomo. Particolare dell'interno-abside

martedì 20 agosto 2013

LEONI ALATI NELLA PENISOLA SLAVA E VENEZIANA

Labin, centro storico, chiesa di Maria Nascente, il leone di S. Marco


Tutte le foto

La costa orientale dell'Istria, come il resto di quel delizioso triangolo di terra incastonato tra Trieste e Fiume, l'attuale Rijeka croata, costituito da fertili colline e aspre scogliere a picco su un mare cristallino, rappresenta un ideale luogo di viaggio e scoperta.
La curiosa forma a diamante di questo lembo di Croazia, fortemente legato al proprio passato veneziano e romano, è la sintesi della ricchezza che nasce dall'unione di cultura e tradizioni, cura per l'ambiente e turismo rispettoso dell'arte e della natura.

Gračišće, centro storico, palazzo vescovile in gotico veneziano

Borghi i cui campanili, dall'inconfondibile impronta veneziana, svettano visibili già da lunghe distanze come ad indicare la strada, e in cima ai quali il visitatore, una volta percorse strette e ripide scale di legno, si trova ad accarezzare antiche campane sorrette da pesanti travi, appena prima di ammirare il mare in lontananza, avvolto dal verde. Vicoli silenziosi che si inerpicano tra palazzi multicolori, odori e sapori di un terra vicina e diversa.
Labin, la medievale e rinascimentale Albona, con la sua chiesa gotica di Maria Nascente sulla cui facciata campeggia il simbolo della Serenissima, e i numerosi reperti romani custoditi nello scrigno barocco di palazzo Lazzarini, che racchiude anche la storia mineraria del territorio.

Pican, centro storico

Pican, la romana Petena, isolato centro nel verde della campagna a 350 metri di altezza su uno spuntone di roccia e Gračišće, o Gallignana, su un colle a poca distanza da Pican, con la chiesa romanica di S. Eufemia e quella rinascimentale di Santa Maria, con accanto l'immancabile campanile. Senza dimenticare Rabac, adagiata nel verde della costa di fronte alle incantevoli isole di Cherso e Lussino.
Se la costa occidentale presenta tesori come Porec e Rovigno, oltre che Pola, il secondo lato del triangolo istriano non è da meno, rinnovando negli occhi di chi arriva in quella parte d'Europa la consapevolezza che la vera ricchezza del vecchio continente sta nella storia e nelle identità comuni. L'unico modo per costruire un futuro possibile.

Labin, chiesa di Maria Nascente e palazzo Lazzarini


venerdì 12 luglio 2013

IL CIRCO, L'IMPERATORE E IL SEGNO DELLA VITTORIA

La "Tomba di Romolo" figlio dell'Imperatore Massenzio

Tutte le foto

I resti imponenti di un antico circo nel cuore verde e millenario della Via Appia, tra il mausoleo di Cecilia Metella e le Catacombe di S.Sebastiano; la vita di un imperatore sconfitto in una battaglia che segnò una svolta nella storia d'Europa: Ponte Milvio, anno domini 312 d.c. Lo scontro tra Massenzio, proclamato augusto d'Italia e Africa nel 306 e Costantino, governatore di Gallia e Britannia, che secondo la leggenda prevalse In hoc signo. Quella vittoria pose fine alle persecuzioni contro i cristiani, decisione ufficializzata l'anno successivo con l'editto di Milano. Iniziava una nuova Era per l'Europa.

Particolare di una delle torri dei Carceres

La Villa di Massenzio, complesso museale che racchiude anche le vestigia del circo voluto dall' imperatore sconfitto da Costantino, "si estende tra il secondo e terzo miglio della via Appia Antica", si legge nella guida ufficiale del sito archeologico, ed "è costituito da tre edifici principali: il palazzo, il circo ed il mausoleo dinastico, progettati in una inscindibile unità architettonica per celebrare l’Imperatore Massenzio. I resti delle costruzioni massenziane", prosegue la guida "si configurano come l’ultimo atto della trasformazione di una originaria villa rustica repubblicana (II sec. a.C.) costruita in posizione scenografica sul declivio di una collina rivolta verso i Colli Albani.

La "Tomba di Romolo" figlio dell'Imperatore Massenzio

Dopo una fase risalente al primo impero, nel II sec d.C. la villa subì una radicale trasformazione ad opera di Erode Attico che la inglobò nel suo Pago Triopio. Il monumento più noto di tutto il complesso è il circo, l’unico dei circhi romani ancora ben conservato in tutte le sue componenti architettoniche. All’interno di un quadriportico allineato sulla via Appia Antica, si erge il mausoleo dinastico, noto anche come “Tomba di Romolo” dal giovane figlio dell’Imperatore che qui fu presumibilmente sepolto".

Particolare di una delle torri dei Carceres

"Il complesso archeologico", si legge ancora nella nota, "venne acquisito per esproprio dal Comune di Roma nel 1943; nel 1960, in occasione delle Olimpiadi di Roma, si provvide allo sterro di tutto il circo nonché al consolidamento delle murature perimetrali, cui seguirono lo scavo parziale degli edifici del palazzo, il restauro della spina, del quadriportico e del mausoleo".
Un piacevole cammino nella Natura e nei secoli gustando le meraviglie della Regina Viarum, che ad ogni scorcio regala il fascino della scoperta e, nel contempo, la curiosità di proseguire ancora un po' più in là, per vedere cos'altro riservi uno dei luoghi più magici di Roma.   


La Villa di Massenzio sulla Via Appia Antica


venerdì 7 giugno 2013

NINFA, LE DELIZIE DELLA POMPEI DEL MEDIOEVO

Scorci dei giardini di Ninfa

 Tutte le foto

Antichi ruderi, vestigia di storia e cultura, avvolti e protetti dall'abbraccio della natura; fiori variopinti, i cui profumi si spandono ammalianti nell'aria, crescono liberi assieme a piante esotiche in un vasto e ordinato giardino, di uno splendore fuori dal tempo.
L'area naturale di Ninfa, ai piedi dei monti Lepini in provincia di Latina, è Monumento Naturale dal 2000 "al fine di tutelare il giardino storico di fama internazionale", si legge nel sito ufficiale della Fondazione Roffredo Caetani, che dal 1972 preserva il luogo, "l’habitat costituito dal fiume Ninfa, lo specchio lacustre da esso formato e le aree circostanti che costituiscono la naturale cornice protettiva dell’intero complesso".

Verde rigoglioso e antiche vestigia nei giardini di Ninfa

La fondazione nacque per volontà della principessa Lelia Caetani, ultima discendente della nobile casata che nel 1298 acquistò la città di Ninfa, allora florido crocevia commerciale, grazie a Benedetto Caetani, salito al soglio pontificio nel 1294 come Papa Bonifacio VIII. Benedetto aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa ed altre città limitrofe, "segnando l’inizio della presenza dei Caetani nel territorio pontino e lepino, presenza che sarebbe durante per sette secoli".
Dopo il saccheggio del 1382 da parte di Onorato Caetani, sostenitore dell’antipapa Clemente VII nel Grande Scisma e avverso al ramo dei Caetani che possedevano Ninfa, i Palatini sostenitori di Urbano VI, la città fu distrutta e mai più ricostruita, anche a causa della malaria che infestava la pianura pontina. Nonostante l'abbandono le chiese continuarono a vivere per altri due secoli, prima dell'oblio. Oggi è possibile vedere i resti degli antichi luoghi sacri che, grazie anche alla mano della natura, non hanno perso il proprio fascino e continuano a vivere nell'interesse dei visitatori.

Verde rigoglioso e antiche vestigia nei giardini di Ninfa

Il giardino vero e proprio venne alla luce nel XVI secolo grazie al cardinale Nicolò III Caetani, amante della botanica, che volle creare a Ninfa un "giardino delle sue delizie".
Nell'Ottocento, poi, "Il fascino delle sue rovine attirò molti viaggiatori che percorrevano l’Italia riscoprendo l’antico: la Pompei del Medioevo, come la definì Gregorovius, era un luogo spettrale, magico e incancellabile dalla memoria di chi la vide.
"L’ultima erede e giardiniera fu Lelia, figlia di Roffredo Caetani", si legge ancora nel sito. "Donna sensibile e delicata, curò il giardino come un grande quadro, accostando colori e assecondando il naturale sviluppo delle piante, senza forzature, ed evitando l’uso di sostanze inquinanti. Donna Lelia morì nel 1977, ma prima della sua morte decise di istituire la Fondazione Roffredo Caetani al fine di tutelare la memoria del Casato Caetani, di preservare il giardino di Ninfa e il castello di Sermoneta, e di valorizzare il territorio pontino e lepino".
Ninfa, un luogo incantato dove si percepisce la forza che sprigiona dalla bellezza della natura e il fascino ancestrale che essa esercita sull'animo umano, come un sentiero che riporta a casa.


martedì 7 maggio 2013

ROMA ANTICA NEL SUO SCRIGNO RINASCIMENTALE

Palazzo Altemps, Cortile interno


L'arte e la cultura come testimonianza e monito. Una bellezza senza eguali nel mondo sopravvive ancora nelle vie delle nostre città, ma la sua esistenza è messa a rischio dalla costante minaccia del degrado e dell'ignoranza, insieme causa ed effetto del declino che caratterizza i nostri tempi.
Fino a quando, tuttavia, resteranno aperte le splendide sale di luoghi magici come Palazzo Altemps, ultima tappa del viaggio attraverso i secoli nel Museo Nazionale Romano, dopo aver conosciuto le meraviglie di Palazzo Massimo, Crypta Balbi e Terme di Diocleziano, la luce della speranza in un futuro di civiltà non sarà spenta.

Cortile, portico settentrionale

"Palazzo Altemps", si legge nella guida ufficiale del museo, "si trova nel centro della città rinascimentale, tra Piazza Navona e il fiume Tevere, nella zona nord del Campo Marzio, dove scavi archeologici hanno individuato strutture e reperti databili tra il I secolo d.c. e l'età moderna". Uno scrigno rinascimentale che custodisce l'anima antica della Città Eterna. "Nel 1568 il palazzo fu acquisito dal cardinale Marco Sittico Altemps che affidò ad architetti e artisti del tempo importanti lavori di ampliamento e decorazione. La preziosa raccolta di statue antiche e la notevole biblioteca, ospitate nelle splendide sale affrescate, rappresentavano il fasto e il gusto aristocratico della famiglia".

Marte e sarcofago Grande Ludovisi

Moltissime e importanti le opere ospitate all'interno del sito, riconducibili alla sensibilità artistica delle famiglie più in vista dell'epoca. Dalla collezione Altemps e quella Boncompagni Ludovisi: "La celebre raccolta seicentesca di scultura antica della principesca villa Ludovisi sul Quirinale", si legge ancora nella guida del museo, "è stata fino a tutto il secolo XIX  meta obbligata per viaggiatori, artisti, e studiosi di tutto il mondo.

Marte e sarcofago Grande Ludovisi e Galata

Il nucleo principale della collezione fu acquistato dallo Stato nel 1901 ed è dal 1997 allestito a Palazzo Altemps". E poi le collezioni Brancaccio, Drago Albani e Mattei, fino alla raccolta Egizia, che illustra la fortuna di cui godette la religiosità orientale in età romana: "L'interesse per tale ambito artistico e culturale determinò il gusto egittizzante del collezionismo di antichità delle famiglie nobili romane", aggiunge la guida.

Passaggio di Plutone e Zeus

"Si possono ammirare sculture provenienti dall'Egitto insieme ad altre realizzate a Roma, rinvenute nell'Iseo e Serapeo del Campo Marzio e nel cosiddetto santuario del Gianicolo". Il Museo Nazionale Romano e Palazzo Altemps, gioielli di storia e arte, simboli della forza che risiede nella bellezza, unico antidoto al dilagare del nulla.


 Ares Ludovisi II sec. a.c.

giovedì 11 aprile 2013

LA CULTURA CLASSICA VIVE A PALAZZO MASSIMO

Gli aurighi del sacello di Ercole


Tutte le foto

Questa era Roma. O forse è ancora. L'eredità di arte e civiltà lasciata nei millenni dalla Città Eterna al mondo costituisce un patrimonio di bellezza e genialità, ma anche identità e consapevolezza di ciò che fu, da condividere con il mondo, che arricchisce i visitatori e regala emozioni e storie da ricordare anche oltre le mura silenziose di Palazzo Massimo, ottocentesco edificio neorinascimentale a pochi passi dalla stazione Termini e parte integrante del Museo Nazionale Romano, assieme alle vicine Terme di Diocleziano, alla Crypta Balbi e a Palazzo Altemps.

Rappresentazioni delle imprese militari. Il sarcofago di Portonaccio

Once Were Romans, questo il nome dato a "una delle più importanti collezioni di arte classica del mondo", si legge nella guida ufficiale del museo. "Quattro piani di esposizione capaci di offrire una ricca panoramica dell'arte romana, dall'età tardo repubblicana a quella tardo antica, dal II secolo avanti Cristo al V dopo Cristo". 
Dal piano terra, le cui sale ospitano "i capolavori della scultura antica, come il discobolo Lancellotti e l'ermafrodito dormiente". E poi i ritratti degli imperatori, come "la statua di Augusto Pontefice Massimo", fino ai "ritratti di principi e principesse delle dinastie Giulio-Claudia e Flavia, il busto di Adriano accanto al rilievo di Antinoo, il ritratto di Marco Aurelio e il busto di Settimio Severo".

Mosaici pavimentati dal I sec. a.c. al IV-V sec. d.c. Mosaico dalla Villa di Piverno e dalla Villa della Ruffinella a Tuscolo

Successivamente il percorso prosegue al primo piano, dove spicca, tra le altre meravigliose opere, il sarcofago di Portonaccio, rinvenuto nel 1931 durante uno scavo in via Delle Cave di Pietralata e raffigurante una battaglia durante le campagne germano-sarmatiche di Marco Aurelio, degli anni 172-175.
Salendo al secondo piano, poi, le sale riservano lo spettacolo di "cicli di affreschi della produzione più elevata della pittura romana, presentati in un allestimento che ricompone gli ambienti originali, metre un'ampia raccolta di mosaici policromi e pregiati intarsi documenta l'evoluzione della decorazione musiva dal I secolo d.c. al V d.c.".


Il piano interrato, infine, ospita una grande collezione numismatica e insegne imperiali, oltre alla celebre mummia di Grottarossa, risalente al II secolo d.c., ritrovata nel 1964 all'11° chilometro della Via Cassia in un sarcofago, assieme al corredo funerario.
Once Were Romans a Palazzo Massimo, un'avventura dello spirito per ascoltare il suono dei secoli e riscoprire nell'anima della cultura classica le radici più vere e profonde dell'Europa.


Il discobolo Lancellotti, scoperto nel 1871 sull’Esquilino

lunedì 18 marzo 2013

LE ORIGINI DI ROMA NEL SUO SOTTOSUOLO

Crypta Balbi - Pian terreno, percorsi


Tutte le foto

I secoli scorrono dinanzi ai nostri occhi, con la stessa velocità dei nostri passi lungo i gradini di una scala, guardando i differenti colori di materiali e strutture susseguirsi e mutare a seconda delle epoche a cui corrispondono, in un viaggio nel quale il passato vive sotto di noi.
La Crypta Balbi, uno dei quattro petali, assieme alle Terme di Diocleziano, Palazzo Altemps e Palazzo Massimo, del Museo Nazionale Romano, vero fiore culturale della Capitale, svela i propri segreti e quelli del sottosuolo della Città Eterna in un percorso museale su tre piani, più la splendida visita sotto l'odierna Via Delle Botteghe Oscure, così chiamata per i negozi artigianali installatisi nel XI e XII secolo "negli avanzi degli archi oscuri del Circo Flaminio", come si legge su una targa marmorea custodita nella sezione "Archeologia e storia di un paesaggio urbano".

Piano terreno - Archeologia e storia di un paesaggio urbano - sezione del portico della Crypta

"La Crypta Balbi", si legge nella guida al sito museale "è un isolato del centro storico di Roma dove sorgeva anticamente un vasto portico annesso al teatro che Lucio Cornelio Balbo aveva eretto nel 13 a.c.". Quello eretto da Balbo, generale e politico d'epoca augustea, era uno dei tre teatri di Roma antica, assieme a quello di Pompeo e al teatro Marcello, e poteva ospitare fino a 7700 persone in una struttura lussuosamente decorata.

Porticus Minucia, sotto Via delle Botteghe Oscure

"L'eccezionalità del museo", prosegue la guida, "è data dal fatto che sorge sulla stessa area archeologica. Il percorso museale si articola all'interno dei diversi edifici succedutisi nell'area nelle varie fasi storiche e offre una testimonianza straordinaria del modo in cui Roma crebbe sulle sue stesse antichità nel corso dei secoli". Dall'antichità al XX secolo, da Balbo al V secolo con la ruralizzazione del paesaggio urbano, fino alla costruzione delle chiese, delle case medievali e del Conservatorio di Santa Caterina della Rosa che, tra la metà del XVI secolo e i primi decenni del XVII occupa gran parte dell'area. Senza dimenticare la monumentale esedra e il quartiere antico a est di essa. Vicende narrate nella sezione Archeologia e storia di un paesaggio urbano.

Porticus Minucia, sotto Via delle Botteghe Oscure

"Un'altra sezione, intitolata Roma dall'antichità al medioevo, illustra la trasformazione della città dal IV al IX secolo. Il nucleo più consistente dell'esposizione è costituito da materiali rinvenuti nel corso degli scavi nella Crypta". Migliaia di oggetti: ceramiche, vetro, monete, sigilli; ma anche metalli, ossa, avorio, pietre preziose e strumenti da lavoro. E poi i reperti provenienti dalle collezioni Gorga e Betti, dai depositi del Foro Romano e dal medagliere del Museo Nazionale Romano, nonché gli affreschi di Santa Maria in via Lata dall'Istituto Centrale di Restauro.
Crypta Balbi e Museo Nazionale Romano, luoghi unici per contemplare i tesori dell'antica Roma.  


 Particolare dell'Esedra semicircolare, utilizzata a lungo come luogo di incontro dei ricchi romani in attesa di assistere agli spettacoli nel teatro di Balbo

lunedì 11 febbraio 2013

LE GRANDI TERME DELL'IMPERATORE PERSECUTORE

Terme di Diocleziano, Particolare dell'Aula X. La Tomba dei Platorini


In epoca di cosiddette grandi opere, per lo più favoleggiate o, quand'anche realizzate, drammaticamente inutili oltreché orride, è giusto esaltare quanto edificato nel passato, di grande e bello. Strutture le cui imponenti vestigia, sopravvivendo ai secoli, sono giunte fino a noi per ricordarci di cosa i nostri antenati siano stati capaci. E magari trarne insegnamento per l'oggi.
Le meravigliose Terme di Diocleziano, uno dei gioielli del Museo Nazionale Romano assieme a Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi, rappresentano un capolavoro unico al mondo per dimensioni e stato di conservazione, un complesso monumentale tra i più significativi della storia millenaria di Roma.

Particolare del Chiostro Michelangiolesco della Certosa, dove sono esposte più di 400 opere tra statue, rilievi, altari, sarcofagi provenienti da diversi siti del territorio romano.

Il più grande stabilimento termale realizzato in epoca romana. Un'opera costruita davvero per l'eternità, che nonostante le spoliazioni e i saccheggi, dai Goti ai Vandali fino a Papa Sisto V, che per costruire la propria villa all'Esquilino non esitò a utilizzare l'esplosivo per demolire i resti del Calidarium e ricavarne materiale edile, ancora oggi si staglia in tutto il suo splendore di storia e silenzio di fronte al caos della stazione Termini di Roma.

Il Chiostro Michelangiolesco della Certosa, dove sono esposte più di 400 opere tra statue, rilievi, altari, sarcofagi provenienti da diversi siti del territorio romano.

"Erette tra il 298 e il 306 d.c." si legge nella guida ufficiale, "le Terme di Diocleziano avevano originariamente un'estensione di 13 ettari e potevano accogliere fino a 3 mila persone. Un vasto recinto rettangolare racchiudeva un'ampia area a giardino al centro della quale si trovava l'edificio principale con una serie di ambienti, calidarium, tepidarium, frigidarium, e natatio, quest'ultima una piscina di 2500 metri quadrati, distribuiti lungo l'asse centrale e oggi riconoscibili nella Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri". La chiesa fu fatta edificare a partire dal 1561 da Papa Pio IV all'interno del frigidarium, assieme a una Certosa, e dedicata anche ai martiri in quanto Diocleziano era stato l'imperatore dell'ultima grande persecuzione, nel 303.

La finta porta realizzata nel 1855, da Filippo Balbi, nel chiostro michelangiolesco. Fra Fercoldo indica il ritratto di suo figlio, Clemente IV. Sull’anta lignea della porta vengono esposti oggetti utilizzati nelle attività della vita claustrale certosina.

La progettazione dell'intero complesso fu affidata a Michelangelo, che dà il proprio nome al grande Chiostro sito tra la Basilica e l'Aula X delle Terme, quest'ultima "recentemente restaurata e riallestita" aggiunge la guida, "per ospitare alcuni importanti monumenti funerari: la Tomba dei Platorini, la Tomba Dipinta e la Tomba degli Stucchi dalla Necropoli di Via Portuense".

Particolare dell'Aula X di forma rettangolare, coperta da tre imponenti volte a crociera

Senza dimenticare i tre musei facenti parte del complesso museale delle Terme e allestiti al primo e al secondo piano del Chiostro: il museo Epigrafico, quello Protostorico e il museo virtuale della Via Flaminia, in un viaggio tra i secoli che parte dall'XI secolo a.c.
Dal Latium Vetus a Michelangelo e ai Papi, passando per Diocleziano, in un intreccio affascinante e suggestivo di Imperatori e Pontefici, Paganesimo e Cristianesimo, stili architettonici e artistici. Identità e cultura ancora una volta insieme, in uno dei luoghi più magici della Città Eterna. Eredità eterna.

   
Particolare dell'Aula Decima, all'interno delle Terme di Diocleziano 


giovedì 17 gennaio 2013

IL ROCOCÒ E LA CHIESA DI ZUCCHERO

L'interno, integrazione dell'impianto architettonico tardobarocco del De Rossi con le più tarde, ricchissime decorazioni rococò: è a navata unica, ellittica, con cappelle ai lati, transetto e profonda abside.


Un gioiello incastonato nel centro della Città Eterna, adagiato tra gli edifici circostanti senza paura, tuttavia, di confondersi tra essi considerata la prorompente bellezza della sua facciata, preambolo della magnificenza che si apre alla vista del visitatore una volta varcata la soglia.
La chiesa di Santa Maria Maddalena, edificata sulle ceneri di una cappella trecentesca preesistente, sorge nell'omonima piazza ampliata su autorizzazione di Papa Urbano VIII proprio per ospitare l'edificio sacro in uno spazio più adeguato. "La preesistente chiesa dell'Arciconfraternita del Gonfalone" si legge nella guida Chiesa Santuario di S. Maria Maddalena sec. XVIII, "fu ceduta al p. Camillo", De Lellis, fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli infermi, "nel 1586.

L'interno, integrazione dell'impianto architettonico tardobarocco del De Rossi con le più tarde, ricchissime decorazioni rococò: è a navata unica, ellittica, con cappelle ai lati, transetto e profonda abside.

Nel 1694 iniziò l'ampliamento e la trasformazione della chiesa; nel 1699 la struttura muraria era terminata; la decorazione completata verso la metà del sec. XVIII; la nuova chiesa fu consacrata il 20 ottobre 1727 dal Card. Giovanni Ottoboni. Per unità di stile e di ricchezza d'ornamento, per il movimento mistilineo della pianta e il giuoco elegante delle masse in elevazione, è ritenuta esempio classico dello stile barocco-rococò romano". La scelta di tale stile, però, giudicato scarsamente mistico a causa dello sfarzo che lo contraddistingue e quindi inadatto a una chiesa, fu per questo oggetto di pesanti critiche, che sfociarono nell'epiteto ironico "chiesa di zucchero", assegnato all'edificio sacro che, per i detrattori, ricordava la decorazione di una torta.

L'interno, integrazione dell'impianto architettonico tardobarocco del De Rossi con le più tarde, ricchissime decorazioni rococò: è a navata unica, ellittica, con cappelle ai lati, transetto e profonda abside.


La sfolgorante grazia dell'opera, tuttavia, riesce senza fatica a dipanare ogni dubbio. Dalla facciata, "bellissimo esempio di stile rococò, aggiunta nel 1735 da Giuseppe Sardi", come si legge in RomaSegreta, con i suoi stucchi e le sculture "raffiguranti S.Camillo de Lellis e S.Filippo Neri, nonché S.Maria Maddalena e S.Marta", al meraviglioso interno, che "costituisce una splendida integrazione dell'impianto architettonico tardobarocco del De Rossi con le più tarde, ricchissime decorazioni rococò".



E poi dipinti, stucchi, sculture, oro; La slendida sagrestia
"pienamente rococò, una delle più belle di Roma e la meglio conservata, con una profusione di dipinti, volute, dorature, policromie", o "la cantoria e l'organo in legno dorato e figure di stucco bianco, del 1736", precisa Wikipedia. Ma lo splendore non cancella la spiritualità. Arte, storia e religione convivono nella bellezza e nel mito. Sono molteplici, infatti, le leggende che avvolgono di ulteriore fascino l'edificio sacro a due passi dall'imponente Pantheon.




"
Durante una delle piene più terribili del Tevere, avvenuta nel 1598", aggiunge RomaSegreta, "fu vista la statua della Maddalena, in piedi sulle acque che irrompevano tumultuose nella chiesa, spostarsi da una cappella laterale fino all'altare maggiore, al sicuro dal furore del fiume". Misticismo ma anche romanticismo, come "la grande storia d'amore di due giovani, Teresa Bennicelli e Pio Pratesi. La ragazza, costretta dai parenti a lasciare il fidanzato, si suicidò; lui, affranto dal dolore, prese i voti e celebrò la sua prima Messa sulla tomba dell'amata, naturalmente nella chiesa di S.Maria Maddalena".
Frammenti di un passato che vive nell'arte e nell'anima di Roma, eredità da preservare nel presente come fondamento per un futuro che rispetti la cultura.

mercoledì 12 dicembre 2012

L'ARTE SULLE RIVE DEL LAGO

Il lago di Bracciano dal Castello

Tutte le foto

Il borgo silenzioso dominato dal castello, sulla collina che scende verso l'antico Lacus Sabatinus. La cittadina di Bracciano, piccolo centro a nord di Roma affacciato sull'omonimo lago, offre al visitatore molteplici occasioni di scoperte e avventure, per conoscere uno splendido angolo del Lazio. Un'area ricchissima di storia e cultura, unite ed esaltate dalle bellezze paesaggistiche e naturali.

Il Castello Odescalchi Orsini di Bracciano e il lago

Autentico fiore all'occhiello della cittadina d'origine medievale, come riporta il sito ufficiale del Comune, è "lo splendido castello Orsini Odescalchi, costruito tra il 1470 ed il 1490 dagli Orsini, che erano in quel periodo una delle più importanti e potenti famiglie nobiliari romane". Prima di questi, però, il territorio di Bracciano era stato di proprietà dei Prefetti di Vico, che lo ottennero verso la fine dell'XI secolo e che trasformarono una semplice torre in una rocca fortificata. Gli Orsini arrivarono nel 1419, quando Papa Martino V cedette loro il feudo. E così, la trasformazione di quella che era stata la rocca dei Vico nel maestoso castello attuale, avvenne per volontà di Napoleone Orsini a partire dal 1470. Ma la storia del celebre maniero si lega anche ad un altro nobile cognome, quello degli Odescalchi, attuali proprietari, che subentrarono agli Orsini nella signorìa di Bracciano nel 1696.

Il Castello Odescalchi Orsini di Bracciano

Il castello è oggi uno splendido museo che dà la possibilità di passeggiare attraverso i secoli, ammirando opere d'arte d'immenso valore e respirando il profumo della storia.
Terminata la visita al maniero, discendendo lungo i vicoli silenziosi del grazioso centro storico, ci si può addentrare nelle sale del Museo Civico che, inaugurato nel 2006, espone collezioni relative alla storia di Bracciano dai suoi primi insediamenti etruschi fino al XIX secolo.

Il Castello Odescalchi Orsini di Bracciano

Allestito al piano terra dell'antico convento di Santa Maria Novella, fondato nel 1438 e consacrato nel 1580, il museo si divide in cinque diverse sale, corrispondenti a epoche e temi specifici: dalla Comunità, intesa come Istituzione da cui ebbe origine il comune, fino all'età romana e paleocristiana. Senza dimenticare le sale denominate "Committenza e artisti", dedicata a opere realizzate per le maggiori committenze locali, e "Testinomianze d'arte sacra", in cui sono esposti oggetti, arredi e paramenti provenienti dalla vicina chiesa di Santa Maria Novella.

Vicoli del centro storico

Pregevole luogo di cultura e natura a poca distanza dal caos della metropoli, Bracciano e il suo lago costituiscono esempio di quanto il Lazio e l'Italia abbiano da offrire, di meraviglioso, al di fuori dei classici e legittimamente celebrati itinerari turistici.

Museo Civico di Bracciano, Adone e Venere di Cristoforo Stati (1556-1619)