venerdì 2 ottobre 2009

FRENO D'EMERGENZA



Febbre alta


Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, in visita il 4 settembre scorso al centro scientifico di Ny-Aalesund al Polo nord, non aveva rinunciato a toni apocalittici per descrivere la velocità con cui i ghiacci artici si stanno sciogliendo. "Abbiamo il piede sull’acceleratore e ci stiamo dirigendo verso l’abisso. Abbiamo scatenato forze potenti e imprevedibili il cui impatto è già visibile. L’ho osservato con i miei occhi". Pochi giorni dopo da New York, il 23 settembre, in occasione della conferenza Onu sul clima, lo stesso Ban Ki-moon ha ribadito la propria preoccupazione rispetto al tema dell'ambiente, paragonando la minaccia del surriscaldamento del globo a una vera guerra.
Bisogna agire in fretta, ma fino a questo momento, però, le divergenze tra Nazioni più sviluppate ed economie in ascesa hanno impedito l'adozione di qualsiasi provvedimento. Le prime, infatti, imputano alle seconde le maggiori responsabilità per i disastri legati all'effetto serra, mentre le potenze emergenti rivendicano le stesse possibilità che, per due secoli, l'occidente ha avuto in materia di sviluppo incurante dell'ambiente. A meno di tre mesi dal summit di Copenhagen, che dovrà superare il protocollo di Kyoto del 1997, non c'è più tempo per i balletti.
"L'IPCC" (organo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici) "dice che i Paesi industrializzati" scrive Mark Hertsgaard su L'Espresso del 2 ottobre "devono tagliare le emissioni dal 25 al 40% entro il 2020 se l'umanità vuole evitare le più catastrofiche conseguenze [...]. Lo studio del WBGU, invece," ( organo di consulenza sui temi ambientali del governo tedesco) "ci dice che gli Usa dovrebbero diminuire le emissioni del 100% entro il 2020." Altro che diminuzioni, quindi, secondo i tedeschi gli Stati Uniti dovrebbero azzerare l'inquinamento atmosferico entro i prossimi 10 anni. E non sarebbero soli in questa lotta improba contro se stessi. "La Germania, l'Italia e gli altri Paesi industrializzati" prosegue Hertsgaard "devono fare lo stesso tra il 2025 e il 2030. La Cina ha tempo solo fino al 2035 e il mondo intero deve liberarsi dalle emissioni di carbonio entro il 2050". In sintesi, le economie del mondo devono divenire a impatto zero entro i prossimi 10/20 anni se "l'umanità vuole evitare le più catastrofiche conseguenze del cambiamento climatico". L'unica via per evitare di cadere, riprendendo l'espressione di Ban Ki-Moon di fronte ai ghiacci non-più eterni, nell'"abisso".
Nei giorni in cui il segretario generale Onu esprimeva i propri timori sul futuro del pianeta, dall'Italia giungevano le sinistre immagini scattate da un robot, sceso nelle acque al largo della cittadina calabrese di Cetraro. Gli scatti riprendevano una nave piena di fusti simili a quelli usati per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi tossici. Insieme alle foto, dalle acque emergeva una terribile realtà. "Si sospetta che decine di navi cariche di sostanze nocive" scrive Michael Leonardi sul giornale web americano Counterpunch, articolo ripreso dalla rivista Internazionale del 2 ottobre, "siano state affondate al largo di Italia, Spagna e Grecia, ma anche delle coste africane e asiatiche, dall'ecomafia internazionale guidata dalla 'ndrangheta calabrese". Nella zona di Cetraro sono moltissimi i casi di tumore alla tiroide e anche se non c'è certezza su cosa contengano quei misteriosi fusti in fondo al mare, la sola presenza della Cunski, questo il probabile nome del natante affondato in Calabria, conferma quanto detto dal pentito Francesco Fonti, che già nel 2005 "ha raccontato" aggiunge Leonardi "il suo coinvolgimento nell'affondamento di tre navi", tra cui la Cunski, appunto.
Uno scempio consumatosi lentamente, in decenni di silenzio e immobilismo. E ora si fanno largo anche terribili sospetti di connivenze. "Rimane una forte preoccupazione" scrive ancora Leonardi "per i legami dei politici italiani di ieri e oggi con l'ecomafia internazionale. [...] Francesco Fonti ha confessato che nel 1992, quando è stato coinvolto nell'affondamento di queste tre navi, aveva contatti con agenti del Sismi, il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare". La classe politica italiana, quindi, non sarebbe stata in grado nè di impedire la sistematica distruzione dei propri ecosistemi marini, nè di garantire la salute di molti suoi cittadini, ammalatisi di cancro a causa dell'inquinamento da sostanze tossiche e radioattive. E l'Italia è tra i Paesi che dovranno, nei prossimi anni, tagliare drasticamente le emissioni di gas serra e puntare deciso sulle rinnovabili per evitare "l'abisso". Non c'è da stare molto allegri.
Confidiamo che le elites mondiali scelgano responsabilmente e agiscano per garantire un futuro alle generazioni che verranno, seguendo se non la propria coscienza almeno l'istinto di sopravvivenza.