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Stele attica nel museo dell'abbazia: sec. V a.c. Un giovane intento a leggere con una pantera sotto di sé |
A pochi passi da Roma, dove i Colli Albani si ergono verdeggianti, Grottaferrata custodisce un tesoro di spiritualità e cultura: l’Abbazia di San Nilo e il suo museo, un luogo dove
l’Oriente bizantino incontra l’Occidente in un dialogo che sfida i
secoli. Tra vigneti e uliveti, respirando aria profumata di terra e
di storia, la strada sinuosa porta in vista di questo luogo unico. Quando il monastero appare, con le sue mura merlate e il
campanile romanico svettante, il tempo sembra
rallentare, invitandoti al raccoglimento ed alla riflessione.
L’Abbazia di San Nilo, fondata nel 1004 da San Nilo di Rossano, un monaco
calabrese di origine greca, è un unicum nel panorama monastico: l’ultimo
baluardo dei monasteri bizantini che un tempo punteggiavano l’Italia
meridionale, rimasto fedele a Roma pur conservando il rito
bizantino-greco. Entrare nella Chiesa di Santa Maria è come varcare una
soglia tra due mondi.
La facciata, con il suo rosone che cattura la luce
del mattino, parla un linguaggio romanico, ma l’interno ti avvolge in
un’atmosfera mistica: l’iconostasi barocca, progettata da Gian Lorenzo
Bernini e realizzata da Antonio Giorgetti, troneggia con l’icona della Theotokos, la Madre di Dio, che
ti guarda con occhi vivi di energia spirituale.
I mosaici della Pentecoste sull’arco
trionfale, risalenti al XII secolo, brillano di un oro che sa di cielo,
mentre gli affreschi della Cappella Farnesiana, opera del Domenichino,
narrano le storie di San Nilo con una grazia che commuove. Il pavimento
in marmo policromo, un intreccio cosmatesco del XIII secolo, riflette la
luce che filtra dalle vetrate, e il profumo d’incenso aleggia
nell’aria, accompagnando il canto dei monaci che, ancora oggi, celebrano
in greco antico.
Ma l’Abbazia non è solo un luogo
di culto: è un scrigno di memorie. Accanto alla chiesa, il Museo di San
Nilo, ospitato nel Palazzo del Commendatario, ti accoglie con la
promessa di un viaggio nel tempo. Qui, ogni oggetto racconta una storia.
La stele attica del V secolo a.C., con un giovane seduto e una pantera,
ti guarda con la serenità di chi ha attraversato millenni. I sarcofagi
dell’ipogeo delle Ghirlande, rinvenuti nei pressi delle catacombe Ad
Decimum il cui ingresso scorre accanto quasi nascosto lungo la via che porta a Grottaferrata, parlano di un amore materno che sfida la morte: quello di
Ebuzia Quarta per il figlio Tito Carvilio Gemello, sepolti insieme in un
commovente, eterno abbraccio.
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Sarcofagi di Ebuzia Quarta e del figlio Tito Carvilio Gemello, rinvenuti nei pressi della catacomba Ad Decimum |
Camminando tra le sale, ti
colpisce il silenzio, rotto solo dal suono tenue dei propri passi e dal canto
lontano di un uccello che si leva dal cortile. È un silenzio che invita
alla riflessione, che ti fa sentire parte di qualcosa di più grande: un
ponte tra epoche, tra culture, tra il visibile e l’invisibile. Dalla
finestra, lo sguardo si perde sui colli, dove il verde si mescola ai colori degli edifici della placida cittadina, e il cuore si riempie di una pace
profonda, come se il tempo, qui, avesse deciso di fermarsi per lasciarti
ascoltare la voce del mondo.
Lasciare l’Abbazia di San Nilo lascia un velo di malinconia nell'animo, quella che si prova quando ci si allontana da qualcosa di piacevole. Porti con te il profumo dell’incenso, l’eco di un canto
antico, il rifulgere di un mosaico. È un luogo che regala sensazioni che non ci si stancherebbe di provare. E mentre ti
allontani, con il sole che accende i colli di sfumature dorate, sai che
tornerai, proprio perché sai che vorrai ritrovare ancora quelle atmosfere, ne sentirai la mancanza come accade per i bei sogni che non vogliono svanire.