sabato 19 aprile 2025

A GROTTAFERRATA L'ULTIMO BALUARDO BIZANTINO IN OCCIDENTE

 

Stele attica nel museo dell'abbazia: sec. V a.c. Un giovane intento a leggere con una pantera sotto di sé

A pochi passi da Roma, dove i Colli Albani si ergono verdeggianti, Grottaferrata custodisce un tesoro di spiritualità e cultura: l’Abbazia di San Nilo e il suo museo, un luogo dove l’Oriente bizantino incontra l’Occidente in un dialogo che sfida i secoli. Tra vigneti e uliveti, respirando aria profumata di terra e di storia, la strada sinuosa porta in vista di questo luogo unico. Quando il monastero appare, con le sue mura merlate e il campanile romanico svettante, il tempo sembra rallentare, invitandoti al raccoglimento ed alla riflessione.
 
L'iconostasi barocca dell'Abbazia di San Nilo a Grottaferrata
 
L’Abbazia di San Nilo, fondata nel 1004 da San Nilo di Rossano, un monaco calabrese di origine greca, è un unicum nel panorama monastico: l’ultimo baluardo dei monasteri bizantini che un tempo punteggiavano l’Italia meridionale, rimasto fedele a Roma pur conservando il rito bizantino-greco. Entrare nella Chiesa di Santa Maria è come varcare una soglia tra due mondi.
 
Decorazioni a grottesche all'interno del museo dell'abbazia di S.Nilo
 
La facciata, con il suo rosone che cattura la luce del mattino, parla un linguaggio romanico, ma l’interno ti avvolge in un’atmosfera mistica: l’iconostasi barocca, progettata da Gian Lorenzo Bernini e realizzata da Antonio Giorgetti, troneggia con l’icona della Theotokos, la Madre di Dio, che ti guarda con occhi vivi di energia spirituale.
 
Pavimento cosmatesco (XIII sec.) all'interno della chiesa abbaziale
 
I mosaici della Pentecoste sull’arco trionfale, risalenti al XII secolo, brillano di un oro che sa di cielo, mentre gli affreschi della Cappella Farnesiana, opera del Domenichino, narrano le storie di San Nilo con una grazia che commuove. Il pavimento in marmo policromo, un intreccio cosmatesco del XIII secolo, riflette la luce che filtra dalle vetrate, e il profumo d’incenso aleggia nell’aria, accompagnando il canto dei monaci che, ancora oggi, celebrano in greco antico.
 
Chiostro dell'abbazia di S. Nilo, sede del museo archeologico

 
Ma l’Abbazia non è solo un luogo di culto: è un scrigno di memorie. Accanto alla chiesa, il Museo di San Nilo, ospitato nel Palazzo del Commendatario, ti accoglie con la promessa di un viaggio nel tempo. Qui, ogni oggetto racconta una storia. La stele attica del V secolo a.C., con un giovane seduto e una pantera, ti guarda con la serenità di chi ha attraversato millenni. I sarcofagi dell’ipogeo delle Ghirlande, rinvenuti nei pressi delle catacombe Ad Decimum il cui ingresso scorre accanto quasi nascosto lungo la via che porta a Grottaferrata, parlano di un amore materno che sfida la morte: quello di Ebuzia Quarta per il figlio Tito Carvilio Gemello, sepolti insieme in un commovente, eterno abbraccio.
 
Sarcofagi di Ebuzia Quarta e del figlio Tito Carvilio Gemello, rinvenuti nei pressi della catacomba Ad Decimum
 
Camminando tra le sale, ti colpisce il silenzio, rotto solo dal suono tenue dei propri passi e dal canto lontano di un uccello che si leva dal cortile. È un silenzio che invita alla riflessione, che ti fa sentire parte di qualcosa di più grande: un ponte tra epoche, tra culture, tra il visibile e l’invisibile. Dalla finestra, lo sguardo si perde sui colli, dove il verde si mescola ai colori degli edifici della placida cittadina, e il cuore si riempie di una pace profonda, come se il tempo, qui, avesse deciso di fermarsi per lasciarti ascoltare la voce del mondo.
 
Ciborio cosmatesco del XIII secolo. Colonne tortili e arco ogivale
 
Lasciare l’Abbazia di San Nilo lascia un velo di malinconia nell'animo, quella che si prova quando ci si allontana da qualcosa di piacevole. Porti con te il profumo dell’incenso, l’eco di un canto antico, il rifulgere di un mosaico. È un luogo che regala sensazioni che non ci si stancherebbe di provare. E mentre ti allontani, con il sole che accende i colli di sfumature dorate, sai che tornerai, proprio perché sai che vorrai ritrovare ancora quelle atmosfere, ne sentirai la mancanza come accade per i bei sogni che non vogliono svanire.
 
Annunciazione, sportelli lignei XIII secolo

 

martedì 1 aprile 2025

LA DIMORA DA FIABA DI CESARE MATTEI BRILLA SULL'APPENNINO BOLOGNESE

 
Il Cortile dei Leoni della Rocchetta Mattei, ispirato a quello ben più ampio dell'Alhambra di Granada

I monti a sud della città felsinea si svelano come un antico scrigno, dove ogni scorcio sembra custodire un segreto. Dai fitti boschi, ricchi di ogni sfumatura che la natura sa creare, che scorrono lungo la strada punteggiata da antichi borghi spunta su una collina la Rocchetta Mattei, un castello fiabesco che narra storie di un tempo lontano, sospeso.
 
La Cappella, realizzata con materiali locali quali gesso, cemento, mattoni e legno. Con i caratteristici archi, che ricordano delle palme, ispirati a quelli della Mezquita di Cordova.
 
L’aria è fresca e profumata e il cielo si apre come una tela dove le nuvole disegnano arabeschi che ricordano gli intricati decori del castello che già attende. Le sue torri svettano presentando al visitatore l'incredibile misto di stili che caratterizza il maniero: moresco, gotico, orientale. Unico, come se il conte Cesare Mattei, il suo eccentrico ideatore, avesse voluto fondere in un’unica visione tutti i sogni che aveva raccolto nei suoi viaggi e nei suoi studi.
 
Dalla Cappella si sale al Giardino pensile dal quale si ha una visuale unica sugli edifici della Rocchetta
 
Varcare l’ingresso in stile moresco è come attraversare un portale verso un’altra dimensione. L’imponente scalone in pietra arenaria accoglie con grande solennità, mentre la luce filtra dalle vetrate colorate dipingendo riflessi che danzano sulle pareti. Le stanze si susseguono come capitoli di un libro, ognuna con un carattere proprio: archi ogivali si alternano a decorazioni orientali, mosaici scintillanti si specchiano in pavimenti che raccontano storie di maestria artigianale. È un luogo che non si lascia afferrare facilmente: ogni angolo nasconde un dettaglio, un simbolo, un enigma che invita a fermarsi, a osservare, a riflettere. 
 
Ingresso moresco al castello. La scalinata in pietra arenaria che sale fino al cortile principale è decorata con numerose statue.
 
Ma la Rocchetta non è solo un’opera d’arte. È anche un luogo che parla al cuore. Da ogni finestra lo sguardo si perde sull’Appennino, un mare di colline che si stende all’infinito, interrotto solo dal profilo di qualche antico campanile. Il silenzio qui è profondo, rotto solo dal canto di un uccello o dal frusciare delle foglie mosse dal vento. È un silenzio che non opprime, ma consola, come un abbraccio della natura che ti ricorda quanto sia prezioso fermarsi a respirare, a sentire, a essere. In questo scenario la Rocchetta sembra quasi un miraggio, un’oasi di bellezza e mistero che testimonia di un’epoca in cui gli uomini osavano sognare.
 
La torre dell'ingresso moresco. La finestra ha come balaustra la copia in marmo del pulpito "pomposiano" conservato al Louvre di Parigi.
 
La storia di Cesare Mattei è quella di un personaggio da romanzo. Nato nel 1809, dedicò la sua vita alla costruzione del castello e alla diffusione dell'Elettromeopatia, medicina alternativa da lui ideata che attirò l’attenzione di intellettuali come Fëdor Dostoevskij, che citò il conte nei “Fratelli Karamazov”. Ma oltre la fama, ciò che colpisce è la visione: la Rocchetta non è solo un edificio, è un manifesto, un luogo dove arte, scienza e spiritualità si fondono in un’armonia che sfida il tempo e mira a trasmettere desiderio di dare corpo all'eternità.
 
Sala dei Novanta, la vetrata con l'immagine di Cesare Mattei e la sua data di nascita
 
Tornando verso la pianura al termine del viaggio nel sogno di Mattei, mentre il sole tramonta sull’Appennino disegnando profili onirici, un senso di meraviglia e di pace accompagna il visitatore. Ed  egli sa che un pezzo di quella visione resterà nell'animo come un’eco di bellezza e poesia.
 
Usciti dalla Cappella si sale al Giardino pensile dal quale si ha una visuale unica sugli edifici del castello