mercoledì 2 ottobre 2024

L'ABBAZIA NEL VERDE GUARDA IL DELTA DEL PO

Abbazia di Pomposa, edificata tra il 751 e l'874 a pianta basilicale e a tre navate con abside


La foce del Grande Fiume non finisce mai di sorprendere, con i suoi innumerevoli spunti di visita e scoperta. Scorci e paesaggi straordinari e unici accanto a luoghi d'arte e cultura. Lembi di terra che spuntano dall'acqua come miraggi creati dalla luce, su cui sopravvivono basse e isolate case eredità di tempi lontani e difficili, in cui gli uomini dovevano strappare la propria sopravvivenza lottando contro lo sfruttamento economico più che contro il mare. E poi il quieto sciabordio della marea rotto solo dalle voci degli uccelli che si incontrano nelle lagune, donando vita e movimento all'orizzonte sconfinato e silenzioso. Accanto ai colori debordanti e alle poetiche atmosfere della natura, balsamo per l'anima, il visitatore può trovare anche perle culturali, artistiche e storiche, egualmente meritevoli di scoperta e ammirazione.

 

Interno della chiesa abbaziale, finemente decorata con affreschi trecenteschi raffiguranti scene dal Vecchio e Nuovo Testamento, Apocalisse e Giudizio Universale.

Non molto distante dal centro storico della deliziosa Comacchio, con il suo borgo sorto sulle acque delle omonime Valli, il Parco del Delta del Po riserva altri tesori che non possono non essere visti da chi decida di tuffarsi nelle meraviglie di questa terra: avvolta nel verde e nel silenzio della pianura, leggermente all'interno rispetto alle basse acque del delta, troviamo infatti la maestosa abbazia medievale di Pomposa. La si incontra arrivando attraverso strade che tagliano verdi campi e aggirano cinture di alti alberi in una zona pianeggiante e scarsamente urbanizzata, in cui proprio l'assenza di un numero eccessivo di edificazioni  contribuisce a preservare la bellezza serena di questo fantastico lembo di Emilia Romagna. Qui si percepisce la cura che l'uomo ancora riserva, quando vuole, alle cose preziose della storia e del mondo in cui tutti viviamo.

La controfacciata della chiesa abbaziale, decorata con un affresco raffigurante il Giudizio Universale


Giunti a destinazione, dopo aver lasciato la strada principale e aver svoltato in direzione di un grande parco alberato e ben tenuto, ci si ritrova ai piedi dell'imponente campanile di 48 metri d'altezza, edificato a partire dall'anno 1063 per opera del maestro Deusdedit. Oltre alla mole, ciò che colpisce subito il visitatore sono le numerose aperture nella struttura: eleganti e raffinate bifore, trifore e quadrifore inserite in numero progressivo e caratterizzate da grandezza sempre maggiore via via che si procede verso l'alto. Soluzione che dona non solo gradevolezza estetica ma soprattutto leggerezza, stabilità e slancio verso il cielo.

Il pavimento della chiesa abbaziale è di grande interesse e il disegno è diviso in quattro settori.
I primi tre a partire dall'altare appartengono al coro dei monaci, separato dal resto della chiesa


Separato dal campanile, a pochi metri, si entra nella chiesa abbaziale, un gioiello edificato tra il 751 e l'874 a pianta basilicale e a tre navate con abside. La matrice culturale è quella delle basiliche ravennati classiche, tanto per l'architettura quanto per la concezione dello spazio. Bellissimi i pezzi di spoglio provenienti dalla Ravenna bizantina che punteggiano la facciata. L'interno è di uno splendore abbacinante, con i suoi affreschi trecenteschi che ricoprono di meraviglia ogni angolo delle pareti e raffiguranti scene del Vecchio e Nuovo Testamento e dell'Apocalisse. La controfacciata è decorata con una lettura del Giudizio Universale mentre l'abside è impreziosito dalla mano di Vitale da Bologna. Nell'XI secolo la basilica aveva raggiunto la sua dimensione e ricchezza decorativa attuali. Con il biglietto d'entrata alla basilica è possibile anche visitare il museo, ricco di reperti d'ogni epoca provenienti da scavi nel territorio e dall'abbazia stessa.

L'abside è impreziosito dalla mano di Vitale da Bologna che iniziò l'opera attorno al 1351. Lavori che furono probabilmente terminati da pittori della bottega vitalesca, tra i quali Andrea da Bologna


L'abbazia di Pomposa costituisce uno dei diamanti culturali e storici di un territorio che possiede tutto per far innamorare il visitatore: natura incontaminata e paesaggi straordinari, acqua e terra abbracciate l'una all'altra in un connubio unico e dalla bellezza infinita, scorci e tonalità abbacinanti e millenni di arte e identità. Un lembo magnifico di Emilia-Romagna che dispiace lasciare una volta terminato il tempo, ma con la voglia di tornare appena possibile per ritrovare gli stessi luoghi e le medesime emozioni da rivivere ancora.

Scorcio del Museo Pomposiano visitabile assieme alla chiesa abbaziale

martedì 17 settembre 2024

TERRE SOTTILI TRA CIELO E MARE ALLA FOCE DEL GRANDE FIUME

Valli di Comacchio, i Casoni per la pesca e stazioni di appostamento

Vista dall'alto delle torri per il birdwatching, le Valli di Comacchio, il più importante e vasto monumento naturale del delta del Po, sono un dedalo di strette vie di terra abbracciate dall'acqua. Quasi fluttuanti al di sopra di essa. Il più grande complesso di zone umide salmastre d'Italia e l'area di maggiore attrattiva all'interno dei confini del Parco del Delta del Po colpisce subito lo sguardo del visitatore per questa caratteristica assolutamente peculiare: un luogo che non è né terra né mare, ma entrambe allo stesso tempo. L'una nell'altra fuse in un connubio magico che crea colori e atmosfere indimenticabili.

Valli di Comacchio, l'area di maggiore attrattiva all'interno del Parco del delta del Po


Perdersi tra queste sottili lingue di bassa vegetazione sospese nel grande specchio della laguna significa avventurarsi in una dimensione altra, in cui si respirano gli infiniti profumi della natura e si ascoltano i suoi silenzi, mentre le immagini che riempiono gli occhi riportano alle storie d'un tempo non troppo lontano, quello in cui l'unica via di sopravvivenza portava ad essere pescatori e ad affrontare quindi un'esistenza dura e solitaria, fatta di privazioni e rischi.

Valli di Comacchio, uno scorcio del più vasto complesso di zone umide salmastre d'Italia


Dai leggiadri ed eleganti fenicotteri rosa, che trovano ormai da tempo rifugio nelle acque basse delle Valli, ai Casoni che nacquero come stazioni di appostamento e di pesca e che punteggiano l'orizzonte qui e là, lo spettacolo delle Valli, il cui nome deriva dal latino vallum, ovvero un luogo delimitato artificialmente con argini a scopo di pesca, offrono molti spunti di visita per chi ama ambienti selvaggi e panorami unici: dalle escursioni in barca, a piedi o in bicicletta alle passeggiate lungo la rete di sentieri ben segnalati che permettono di esplorare ogni lembo di questo meraviglioso territorio, una delle aree più ricche di biodiversità d'Europa.

Trepponti o ponte Pallotta, dal nome del cardinale che nel Seicento ne ordinò la costruzione


L'aspetto naturalistico però non è l'unico vanto di questo angolo di Penisola a cavallo tra Emilia-Romagna e Veneto. Comacchio infatti è uno scrigno d'arte e storia da conoscere girovagando tra ponti e canali e visitando i suoi tesori culturali. Come il Museo del Delta Antico nell'imponente palazzo neoclassico che fu l'Ospedale degli Infermi: oltre duemila reperti che vanno dal periodo protostorico a quello etrusco con Spina, una delle più importanti città della sua epoca, fino al medioevo, passando attraverso il periodo romano.

Museo del Delta Antico di Comacchio, vaso attico proveniente dagli scavi dell'antica città etrusca di Spina. Sono oltre duemila i reperti custoditi nell'edificio neoclassico che fu l'Ospedale degli Infermi


E poi il delizioso centro storico del borgo con il suo simbolo, il Trepponti, il monumento civico più noto. E poi la Torre Civica e la Loggia del Grano, fino alla Manifattura dei Marinati, museo ricavato nell'antico opificio in cui oggi viene raccontata la tradizione dell'allevamento delle anguille nelle Valli di Comacchio.
Una terra fatta di acqua e cielo, dalla storia millenaria e dagli infiniti profumi, attende il visitatore al termine del Grande Fiume.

Comacchio, uno scorcio del centro da Ponte di Borgo

domenica 1 settembre 2024

FARA SABINA, ARTE E PAESAGGIO SUL CAMMINO DI FRANCESCO

Il Trono della tomba 36 della necropoli di Colle del Forno,
simbolo del Museo archeologico di Fara Sabina

Sul colle Buzio si gode di una vista magnifica in ogni direzione. Verso valle le colline scendono fino al Tevere mentre di fronte si ammira il profilo brullo del monte Acuziano, con i romantici resti dell'Abbazia di S. Martino risalente al secolo XI e facilmente raggiungibile a piedi grazie ad un sentiero ben segnalato. Alle sue pendici, infine, spicca la maestosa e celebre Abbazia benedettina di Farfa, luogo di spiritualità e storia che caratterizza l'area calamitando l'attenzione di viaggiatori e pellegrini.

Resti dell'abbazia di S.Martino sul monte Acuziano, di fronte a Fara Sabina


Sul colle Buzio si trova il delizioso borgo di Fara in Sabina, tappa del cammino di Francesco, attorniato da ulivi e boschi mediterranei e non meno interessante e ricco di spunti culturali e artistici dei suoi più noti e indubbiamente straordinari vicini. Sono diversi infatti i luoghi che Fara ha da offrire come mete di visita per un viaggio nella bellezza dei secoli. D'altra parte è un'area abitata fin dalla preistoria che nel Medioevo ha visto il proprio periodo di massimo splendore grazie alla costruzione di case-torri e del castello, che oggi è l'incantevole monastero delle Clarisse Eremite. In epoca rinascimentale poi, molte costruzioni medievali furono trasformate in eleganti palazzi che possono essere ammirati anche oggi. Tra questi, il quattrocentesco palazzo Brancaleoni che con le sue pareti finemente decorate e i suoi soffitti lignei è oggi sede del bellissimo Museo Civico Archeologico.

Cippo di Cures, epigrafe paleo-sabellica


Ed è proprio qui che grandi tesori culturali attendono i viaggiatori per un'immersione nella bellezza di un territorio unico. Nelle incantevoli sale rinascimentali sono infatti custoditi reperti provenienti dai due principali insediamenti dell'antica Sabina Tiberina, Cures ed Eretum. Luoghi menzionati da molti storici romani per il legame tra la fondazione della Città Eterna e il territorio sabino.

Una delle sale del Museo Civico Archeologico di Fara Sabina,
all'interno del quattrocentesco Palazzo Brancaleoni


Tra le molteplici opere troviamo il Cippo di Cures, "l'unica testimonianza epigrafica della serie delle iscrizioni paleo-sabelliche provenienti dalla Sabina". E soprattutto il magnifico trono in terracotta della tomba 36 dalla necropoli di Colle del Forno e un'incredibile nucleo di lamine in bronzo sbalzato del VII secolo a.c., a decorazione di un calesse da parata destinato ad un principe sabino la cui identià, purtroppo, è rimasta ignota. Senza dimenticare vasi e anfore, recipienti e armi, utensili e oggetti iconici di grande valore.

Lamine in bronzo sbalzato prodotte in Etruria meridionale nel VII secolo a.c. a decorazione di un calesse da parata di un principe sabino ignoto.


Non si può tuttavia lasciare Fara senza aver vissuto l'imperdibile esperienza del Museo del Silenzio, un suggestivo viaggio nella vita delle monache Clarisse Eremite nell'antico refettorio ora trasformato in luogo di visita. Un'autentica immersione nel silenzio dell'esistenza monacale, ascoltando nel buio una voce narrante che legge la rigida regola dell'ordine e spiega le attività eseguite all'interno del monastero nel corso dei secoli, mentre un fascio di luce illumina teche che contengono oggetti prodotti da quelle stesse attività. Indimenticabile.

Affresco dell'ex refettorio del monastero delle Clarisse Rremite di Fara Sabina, oggi Museo del Silenzio


La Sabina è un ennesimo meraviglioso angolo del Lazio da esplorare e contemplare. Montagne e colline, ulivi e boschi, paesaggi incantati. Ma anche borghi e città dalla storia millenaria che ad ogni passo riservano spettacoli straordinari e unici al mondo. E Fara Sabina è uno di questi tesori da scoprire.

Olla con decorazioni a motivi metopali

domenica 16 giugno 2024

GROTTA DELL' ARCO, AVVENTURA NEL CUORE DEI SIMBRUINI

 

Un momento della visita speleo avanzata all'interno della Grotta dell'Arco nel comune di Bellegra (RM)

I paesaggi dei monti Simbruini, a est di Roma tra Lazio e Abruzzo, regalano scorci naturali fantastici ed indimenticabili: boschi fitti e selvaggi, borghi ameni che sembrano sospesi nel tempo, vallate incastonate tra aspri pendii e dirupi che richiamano racconti d'avventura. Emozioni da vivere all'aria aperta respirando a pieni polmoni la vita lontano dalla città. In questa cornice tra cielo e alberi, tuttavia, vi sono luoghi incantati che aspettano il visitatore nel ventre di quei monti che generalmente siamo abituati ad ammirare alla luce del sole.

Il grande arco naturale, a circa cinquanta metri a valle dall'ingresso della grotta, che dà il nome al sito

Un luogo sorprendente da scoprire in quel territorio straordinario è la Grotta dell'Arco a Bellegra, in Provincia di Roma, il cui ingresso è avvolto dalla vegetazione incontaminata ai piedi di un ripido crinale. Un universo unico che vive nell'assenza di luce, tra epigrafi preistoriche meravigliosamente preservate dal tempo e incredibili sculture naturali, stalattiti e stalagmiti, plasmate dall'acqua nei millenni. In questo ambiente senza pari troviamo una fauna peculiare come i chirotteri, gli anfibi ma soprattutto i pipistrelli, creature affascinanti ospitate e protette dal buio.

Epigrafi preistoriche, raffiguranti ominidi intenti a cacciare, conservate all'interno della grotta


La grotta prende il nome da un grande arco naturale a circa cinquanta metri a valle dall'ingresso, testimone silenzioso di tempi remoti in cui le tortuose gallerie disegnate dal carsismo arrivavano fin lì. La strada che porta a Bellegra è panoramica e intrigante ma anche tortuosa: ci si inerpica sui Simbruini tra Castel Madama e Subiaco, uno degli itinerari consigliati provenendo da Roma, per circa trenta minuti dopo aver lasciato l'autostrada che dalla Capitale porta in Abruzzo. La bellezza riempie lo sguardo ad ogni curva e ripaga della scomodità, comunque sopportabile, del viaggio. E si arriva adestinazione, all'ingresso della grotta, dopo aver percorso un ultimo tratto in discesa poco oltre il borgo.

Un tratto della passerella che accompagna il visitatore nella prima parte del percorso, quello turistico


Ci si ferma e ci si prepara alla visita con le guide competenti ed appassionate di "Sotterranei di Roma" che accompagnano gli escursionisti alla scoperta dei segreti geologici dell'area. Sono tre le tipologie di visita: turistica, speleo-turistica e speleo-avanzata, a seconda della lunghezza e dello sforzo fisico richiesto per il percorso. Nel primo caso si resta nello spazio circoscritto dalla passerella, posta al di sopra del terreno, al termine della quale si torna indietro.

Spettacolari concrezioni calcaree a forma di vela. Alcuni dei tesori della grotta


Nella seconda tipologia di visita si prosegue per un tratto oltre la fine della passerella lungo la galleria principale, sulla viva roccia e, talvolta, sull'acqua che scorre in piccoli rivoli lungo la via. Se si opta infine per l'escursione speleo-avanzata si giunge quasi al termine della grotta, con l'esclusione di un ultimo tratto raggiungibile solo con corde e imbracature. In quest'ultima visita, sempre assistiti da una guida esperta, ci si addentra nel silenzio assoluto e nell'oscurità lacerata solo dalle luce delle torce frontali sui caschetti, tra anfratti angusti in cui insinuarsi, salite fangose da percorrere e vertiginose altezze da ammirare.


Anfratti e forme suggestive plasmate dall'acqua all'interno della grotta


La grotta dell'Arco è un autentico tesoro geologico, storico e culturale del Lazio, che merita di essere conosciuto e apprezzato. Uno degli angoli più selvaggi e remoti della regione a due passi dalla Città Eterna, in un territorio ricchissimo di luoghi incredibili e poco noti che aspettano di essere scoperti e amati.

Stalagmiti nella Grotta dell'Arco

 

martedì 7 maggio 2024

L'ARTE TRASFORMA LE LACRIME DI MANTO IN BELLEZZA

Lo splendido Teatro Scientifico di Mantova, perla barocca costruita tra il 1767 e il 1769 da Antonio Galli da Bibbiena, in un meraviglioso momento di musica e arte.

Tra le molte città d'Italia celebri nel mondo per le proprie ricchezze culturali e artistiche un posto d'onore spetta a Mantova, le cui origini antichissime si perdono nei meandri dei secoli intrecciando mito e storia. La seconda tramanda che la città sul Mincio fu fondata dagli Etruschi attorno al VI secolo a.c., dato che quel misterioso popolo all'epoca era già attestato a Spina, alla foce del Po, e soprattutto nei pressi di Bologna, altrimenti nota come Felsina, nome d'origine etrusca. Il mito invece racconta come fu la profetessa Manto, figlia di Tiresia di Tebe, a fondare la città circondandola d'acqua con le proprie lacrime, dopo la fuga forzata e la morte del padre. Tanto che Mantova deriverebbe da Manto, nome dato alla città da Ocno, figlio della profetessa e del Tevere.

Palazzo Ducale di Mantova, particolare della meravigliosa Camera degli Sposi,
o Camera Picta, di Andrea Mantegna


Che si voglia credere più alle leggende o alla storia tutti concordano sul fatto che Mantova sia una perla celebre ovunque per i suoi tesori: da Palazzo Te a Palazzo Ducale e al castello di S. Giorgio, fino alla basilica di S.Andrea, solo per citare i siti più famosi. Senza dimenticare la meravigliosa natura che caratterizza quel lembo di terra circondata dall'acqua: i tre laghi nati secondo i miti dalle lacrime di Manto, dove il fiume Mincio, prima di gettarsi del Po qualche chilometro più a sud, si dilata fino a formare specchi lacustri tali da dare l'impressione al visitatore di trovarsi in una piccola Venezia.
Ma la città che fu governata dai Gonzaga per circa quattro secoli e che si vide tra i simboli del Rinascimento e dell'arte italiana, nulla ha da invidiare a Venezia o a qualunque altro luogo della Penisola che, senza nulla togliere al resto del mondo, è una terra notoriamente baciata dalla bellezza e dalle emozioni dell'arte come poche altre.  

Palazzo Te, particolare della Sala dei Giganti resa immortale dall'opera di Giulio Romano


Mantova, come detto, è celebre per magnifici luoghi noti in tutto il mondo, plasmati e resi immortali da artisti che hanno segnato il proprio tempo e la storia dell'arte italiana ed europea. Palazzo Te è indissolubilmente legato al nome di Giulio Romano, mentre Palazzo Ducale, difeso dal Castello di S.Giorgio è assaltato dai turisti che vogliono contemplare la Camera degli Sposi, o Camera Picta, di Andrea Mantegna. E il simbolo religioso della città, la Basilica di S.Andrea è sinonimo di Leon Battista Alberti, con quello stupefacente arco posto dinanzi all'edificio sacro.

La facciata della basilica di S. Andrea, progettata da Leon Battista Alberti


Ma il Capoluogo lombardo, anche se il dialetto parlato dagli abitanti è chiaramente molto più emiliano, riserva meraviglie anche tra i luoghi meno celebri. Perle inaspettate, si potrebbero definire. E quindi sorprendenti. Se "La Sala dei Giganti" di Palazzo Te è attesa nella sua assoluta magnificenza, così come il capolavoro del Mantegna nella Sala Picta, altri luoghi di Mantova, forse meno conosciuti ma altrettanto incantevoli, rimangono maggiormente impressi nella memoria proprio perché sorprendenti. Si pensi al teatro Scientifico del Bibiena, capolavoro barocco visitabile ad un costo accessibilissimo anche al di fuori degli orari degli spettacoli e durante il giorno. Un autentico gioiello che toglie il fiato, con le sue decorazioni, i pannelli e i colori. E la sua singolare forma a campana che dona all'ambiente una sinuosità ammaliante. Ci si perde volentieri nel silenzio e nella penombra di questo scrigno d'arte e cultura musicale, esplorando ogni angolo per coglierne gli odori e i ricordi di cui ogni anfratto è intriso.

Palazzo Ducale, particolare della Camera degli Sposi, o Camera Picta, di Andrea Mantegna. Il celebre oculo che apre il soffitto della sala in un magnifico gioco di prospettiva 


Tra le perle meno note non possiamo non evidenziare il Museo Diocesano d'Arte Sacra, con le sue sculture, i suoi dipinti, incunaboli e armature antiche. Oggetti d'arte inseriti in un contesto intimo e appartato, leggermente in disparte rispetto agli itinerari turistici classici della città. Con il biglietto per Palazzo Te inoltre è possibile visitare anche Palazzo S.Sebastiano, sede dei Musei Civici, con i suoi quattro percorsi espositivi per quattro personalità mantovane: Francesco II e Vespasiano Gonzaga, Giuseppe Acerbi e Ugo Sissa. Opere che narrano di antico Egitto, Mesopotamia, Roma. Antichità ed eternità.

Scorcio di Palazzo Te, progettato da Giulio Romano


Mantova, come gli altri luoghi stupendi d'Italia, ossia tutti, con poche eccezioni dovute principalmente a incuria e degrado moderni, necessita di più giorni per essere apprezzata appieno. Lo splendore dell'arte richiede calma e rilassatezza. Passeggiare per le vie ciottolate del centro necessita lentezza nel perdersi girovagando alla scoperta di qualcosa che verrà e che ci sta aspettando: uno scorcio, un museo, un'immagine che riporta alla mente un ricordo. Non abbiate fretta, per le cose belle ci vuole tempo. 


Palazzo Ducale, veduta del Cortile della Cavallerizza