sabato 20 settembre 2014

LA VILLA CHE NACQUE DA UN PRODIGIO


Su un collina boscosa affacciata sul Tevere tra le vie Flaminia e Tiberina, oasi culturale assediata dal cemento di Colle Salario e Labaro, sopravvivono stoicamente per trasmettere la bellezza di ciò che fu all'uomo d'oggi sempre più perduto nell'oblio del disinteresse, le antiche vestigia della Villa di Livia. Sito archeologico tanto affascinante quanto ignoto ai più, esso è infatti quasi introvabile per la mancanza della minima segnaletica stradale.


Il luogo fu denominato Ad Gallinas Albas dagli autori antichi per un prodigio occorso a Livia Drusilla, moglie dell'imperatore Augusto, narrato da Plinio: "Un'aquila lasciò cadere dall'alto in grembo una gallina di straordinario candore che teneva nel becco un ramo d'alloro. Gli aruspici ingiunsero di allevare la gallina e la sua prole, di piantare il ramo e custodirlo religiosamente". Questo avvenne nella Villa dei Cesari che dominava il fiume Tevere al IX miglio della via Flaminia "dove nacque prodigiosamente un boschetto". Dopo il matrimonio con Livia Drusilla, Augusto ristrutturò la residenza e ne fece una villa.


Dopo l'abbandono avvenuto nel V secolo d.c. e i secoli di degrado che ne seguirono, il sito fu rinvenuto nel 1863, ma solo nel 1982 venne acquisito dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e sottoposto a tutela.


Un luogo istruttivo, non solo per l'eredità culturale che esso trasmette all'oggi, ma anche per l'utile confronto visivo, immediato data la vicinanza con i quartieri cresciuti nelle vicinanze, tra i differenti usi che antichità e modernità hanno fatto del territorio. Per constatare quanto poco insegnamento il presente abbia tratto dal passato.