martedì 1 aprile 2025

LA DIMORA DA FIABA DI CESARE MATTEI BRILLA SULL'APPENNINO BOLOGNESE

 
Il Cortile dei Leoni della Rocchetta Mattei, ispirato a quello ben più ampio dell'Alhambra di Granada

I monti a sud della città felsinea si svelano come un antico scrigno, dove ogni scorcio sembra custodire un segreto. Dai fitti boschi, ricchi di ogni sfumatura che la natura sa creare, che scorrono lungo la strada punteggiata da antichi borghi spunta su una collina la Rocchetta Mattei, un castello fiabesco che narra storie di un tempo lontano, sospeso.
 
La Cappella, realizzata con materiali locali quali gesso, cemento, mattoni e legno. Con i caratteristici archi, che ricordano delle palme, ispirati a quelli della Mezquita di Cordova.
 
L’aria è fresca e profumata e il cielo si apre come una tela dove le nuvole disegnano arabeschi che ricordano gli intricati decori del castello che già attende. Le sue torri svettano presentando al visitatore l'incredibile misto di stili che caratterizza il maniero: moresco, gotico, orientale. Unico, come se il conte Cesare Mattei, il suo eccentrico ideatore, avesse voluto fondere in un’unica visione tutti i sogni che aveva raccolto nei suoi viaggi e nei suoi studi.
 
Dalla Cappella si sale al Giardino pensile dal quale si ha una visuale unica sugli edifici della Rocchetta
 
Varcare l’ingresso in stile moresco è come attraversare un portale verso un’altra dimensione. L’imponente scalone in pietra arenaria accoglie con grande solennità, mentre la luce filtra dalle vetrate colorate dipingendo riflessi che danzano sulle pareti. Le stanze si susseguono come capitoli di un libro, ognuna con un carattere proprio: archi ogivali si alternano a decorazioni orientali, mosaici scintillanti si specchiano in pavimenti che raccontano storie di maestria artigianale. È un luogo che non si lascia afferrare facilmente: ogni angolo nasconde un dettaglio, un simbolo, un enigma che invita a fermarsi, a osservare, a riflettere. 
 
Ingresso moresco al castello. La scalinata in pietra arenaria che sale fino al cortile principale è decorata con numerose statue.
 
Ma la Rocchetta non è solo un’opera d’arte. È anche un luogo che parla al cuore. Da ogni finestra lo sguardo si perde sull’Appennino, un mare di colline che si stende all’infinito, interrotto solo dal profilo di qualche antico campanile. Il silenzio qui è profondo, rotto solo dal canto di un uccello o dal frusciare delle foglie mosse dal vento. È un silenzio che non opprime, ma consola, come un abbraccio della natura che ti ricorda quanto sia prezioso fermarsi a respirare, a sentire, a essere. In questo scenario la Rocchetta sembra quasi un miraggio, un’oasi di bellezza e mistero che testimonia di un’epoca in cui gli uomini osavano sognare.
 
La torre dell'ingresso moresco. La finestra ha come balaustra la copia in marmo del pulpito "pomposiano" conservato al Louvre di Parigi.
 
La storia di Cesare Mattei è quella di un personaggio da romanzo. Nato nel 1809, dedicò la sua vita alla costruzione del castello e alla diffusione dell'Elettromeopatia, medicina alternativa da lui ideata che attirò l’attenzione di intellettuali come Fëdor Dostoevskij, che citò il conte nei “Fratelli Karamazov”. Ma oltre la fama, ciò che colpisce è la visione: la Rocchetta non è solo un edificio, è un manifesto, un luogo dove arte, scienza e spiritualità si fondono in un’armonia che sfida il tempo e mira a trasmettere desiderio di dare corpo all'eternità.
 
Sala dei Novanta, la vetrata con l'immagine di Cesare Mattei e la sua data di nascita
 
Tornando verso la pianura al termine del viaggio nel sogno di Mattei, mentre il sole tramonta sull’Appennino disegnando profili onirici, un senso di meraviglia e di pace accompagna il visitatore. Ed  egli sa che un pezzo di quella visione resterà nell'animo come un’eco di bellezza e poesia.
 
Usciti dalla Cappella si sale al Giardino pensile dal quale si ha una visuale unica sugli edifici del castello