domenica 6 dicembre 2009

RIPARTE IL CIRCO DEL NULLA

Wall Street - foto di Ramy Majouji


Tutto come prima, anzi, peggio. Non sono passati che pochi mesi da quando gruppi silenziosi di banchieri venivano immortalati dagli obiettivi di tutto il mondo mentre sciamavano mesti fuori dai propri uffici, con i celebri scatoloni di cartone tra le mani. Era l'alba del grande terremoto finanziario, la crisi che, partita dagli ormai noti mutui sub prime e dall'esplosione della bolla immobiliare, in poche settimane aveva messo in ginocchio le economie di tutto il mondo. Solo pochi mesi, ma sembra un secolo. Si è aperta una nuova età dell'oro, infatti, per i maghi delle borse.
"Si torna a scommettere, si torna a far festa, si torna a guadagnare un sacco di soldi" spiega Der Spiegel in un'inchiesta pubblicata su Internazionale del 4 dicembre "E tutto grazie ai miliardi immessi nei mercati dalle banche centrali e dai governi per arginare le conseguenze della crisi. [...] Finora le venti economie più grandi del mondo hanno stanziato 1.500 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti hanno speso di più con la formidabile cifra di 841 miliardi. L'Europa ha investito circa 600 miliardi". Un'enorme quantitativo di denaro immesso sul mercato per tamponare le falle, denaro che crea ulteriore debito pubblico e incatena sempre più gli Stati alle banche, che, in molti casi, hanno ripreso a speculare più di prima, forti della subalternità dei governi e della politica. Come exit stategy non c'è male.
E così, mentre negli Usa "ogni mese circa 300 mila persone perdono il lavoro" e in Gran Bretagna, scrive il quotidiano The Indipendent, "si sono raggiunti i livelli di ineguaglianza sociale dell'età vittoriana", dal versante dell'economia finanziaria giungono notizie di ben altro tenore: "Nel terzo trimestre del 2009" si legge ancora su Internazionale "la Goldman Sachs ha annunciato utili per 3,2 miliardi di dollari grazie a un volume di scambi raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2008. La JPMorgan Chase ha guadagnato 3,6 miliardi di dollari, la Morgan Stanley 760 milioni. [...] Quando va tutto bene, lo Stato non deve intervenire e i guadagni vanno ai banchieri. Ma se qualcosa va storto, tocca al contribuente pagare il conto". È il capitalismo, bellezza.
Non è un caso che, tra i Paesi occidentali, proprio gli Stati Uniti e il Regno Unito siano i più colpiti, dato che entrambi, già da due decadi, "hanno abbandonato l'industria manufatturiera e ora dipendono dalle banche". Una scelta tra realtà e finzione finanziaria. "Oggi la speculazione monetaria" prosegue Internazionale "è venti volte il volume degli scambi commerciali. [...] L'attività finanziaria è scollegata dalla realtà e ha la forza di distruggere la ricchezza di interi settori industriali, anzi, di interi Paesi".
Denaro che non corrisponde ad alcun bene o prodotto, ad alcun oggetto o servizio, e che esiste solo sotto forma di numero su un display o sullo schermo di un pc. "Al fenomeno della finanziarizzazione del denaro" scrive Massimo Fini nel suo Il denaro "sterco del demonio" "si accompagna quello della sua progressiva smaterializzazione. Il denaro perde i residui contatti con la materia in cui si era via via incarnato". Moneta virtuale per un'economia virtuale che domina una politica a sovranità virtuale. "[...] I governi non riescono a trovare un accordo per imporre regole più severe alle attività finanziarie," scrivono gli autori dell'inchiesta "anche se sanno che le banche d'affari rappresentano un rischio per la collettività. Lo Stato dovrebbe ridimensionarle, ma non ne ha il coraggio. Anzi, le ha appena salvate". E la triste mascherata continua.


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